Il terzo film e capitolo del famoso archeologo uscì il 24 maggio del 1989
Quando si pensa ad Indiana Jones è inevitabile tornare alla mente a quando, durante la lavorazione de ‘I predatori dell’Arca Perduta’, la prima scelta per interpretare il famoso archeologo non era proprio Harrison Ford ma bensì Tom Selleck. Si, l’attore di ‘Magnum P.I.’, oggi conosciuto per il ruolo del capitano della polizia di New York Frank Reagan in ‘Blue Bloods’. Ecco, semmai fosse stato scelto lui come attore la saga, per non dire il franchise, quale risultato avrebbe avuto?
Soprattutto, il vero pretesto per ricordare questo aneddoto non è tanto perché lo vogliamo concentrare su tutti e cinque gli episodi. No, c’è dell’altro. per anni si è sempre sostenuto, per poi essere tutto confermato dallo stesso ideatore del personaggio George Lucas, che Indiana Jones aveva, addirittura come fonte d’ispirazione, l’agente britannico più famoso della storia sia della letteratura che del cinema: Bond, James Bond, agente 007.
Il parallelismo tra i due è in alcuni casi evidente. Soprattutto anche, alle volte, in che modo Indy si ritrova nelle situazioni più pericolose e, che in ogni film, c’è sempre una donna diversa nonostante, rispetto a James Bond, un amore vero è proprio c’è. Basta ricordarsi, appunto, il film capostipite del 1981.
Tutto questo arzigogolare, quasi, e per un motivo ben preciso. Quest’anno, oltre ai quaranta anni de ‘Indiana Jones e il Tempio Maledetto’, che abbiamo celebrato qualche settimana fa, ci sarebbe anche un altro film della saga che festeggia i suoi 35 anni dall’uscita. Infatti, era il 24 maggio del 1989 quando l’archeologo più famoso della storia del cinema ritornò al cinema, questa volta, con un vero e proprio sequel anche se era, dal punto di vista cronologico, la terza volta sul grande schermo.
I motivi che portarono a realizzare questo film sono molteplici ma due su tutti furono fondamentali: il primo era relativo all’intenzione, sbandierata da sempre da parte di George Lucas, di realizzare una trilogia con dietro la macchina da presa Steven Spielberg.
Secondo: bisognava urgentemente rifarsi dopo il bistrattato ‘Tempio Maledetto’ con i suoi toni troppo cupi e il tempo fu galantuomo. Cinque anni furono sufficienti per ritrovare, in tutto e per tutto, lo spirito del 1981. Eppure, sia che Lucas che Spielberg dovettero leggere diversi copioni, che proponessero l’idea giusta, prima di accettare quello firmato Jeaffrey Boam.
Ma come avete visto abbiamo divagato senza volerlo e, allo stesso tempo, senza uscire veramente dalla traccia. In effetti non abbiamo ancora spiegato, nella sua essenza, del perché ci siamo posti la domanda di come sarebbe stata la saga con Tom Selleck al posto di Harrison Ford. Ma soprattutto il terzo film di Indiana Jones, così come noi lo conosciamo, sarebbe stato lo stesso? Avrebbe avuto la stessa trama? avrebbe presentato gli stessi risvolti personali se come padre del personaggio fosse stato scelto il leggendario Sean Connery? Bella domanda vero? E la risposta? Rimarrà per sempre un mistero, inghiottita nella ‘sliding doors’ della storia del cinema.
Dunque, la vera attrazione del terzo episodio era proprio lo stesso attore scozzese, scomparso ormai da quasi quattro anni, che aveva prestato il volto all’agente segreto britannico James Bond più volte nella sua leggendaria ed irripetibile carriera.
Inizialmente Sean Connery non era per nulla convinto di accettare la parte. Il motivo era molto semplice: tra lui ed Harrison Ford c’erano solamente dodici anni di differenza. In effetti e da un certo punto di vista sarebbe stato parecchio innaturale. Ma si sa il cinema è una magia misteriosa ed affascinante. Quella differenza di pochi anni, nel film, non si noterà nemmeno.
I due, nel ruolo del padre e del figlio, funzionano a meraviglia, riuscendo a passare ai momenti di autentica ilarità, a quelli riflessivi, per non dire anche quelli apparentemente drammatici. In sostanza il film non solo funziona per le atmosfere alleggerite rispetto al precedente ma anche e soprattutto per la coppia di attori che hanno trainato, da soli, l’intero film; nonostante la trama, già com’era stata concepita, non aveva bisogno di essere ‘aiutata’.
Nel periodo in cui Connery rifiutò il ruolo si pensò ad un piano B. ‘Piano B’ per modo di dire, soprattutto se il nome dell’altro contendente al ruolo di Henry Jones Sr era quello di Gregory Peck. Alla fine, Connery accettò suggerendo, però, di apportare diverse modifiche allo stesso personaggio modificando, allo stesso tempo, la sceneggiatura.
L’idea dell’attore scozzese era quella di avvicinare le caratteristiche del padre di Indiana Jones alla figura reale di un certo Richard Francis Burton. Quest’ultimo poteva considerarsi come un mero avventuriero ma, precisamente, era conosciuto come esploratore, traduttore ed orientalista. Era nato nella Contea di Devon, esattamente a Torquay, nel 1821, e morì nel nostro paese, a Trieste, nel 1890. Secondo la leggenda, Burton, fu anche un abile spadaccino della sua generazione.
Si dice anche che durante la ripresa di alcune scene, Sean Connery, improvvisò alcune battute. In verità accadde una sola volta. Quella in cui ‘Indy’ e suo padre sono fatti prigionieri dai nazisti e una volta legati alle sedie Connery pronuncia la battuta, in riferimento ad Elsa dopo che si è scoperta la sua vera natura, dice: E’ una che dorme nel sonno.
Nello script di Boam tale dettaglio avrebbe dovuto esser rivelato in un secondo momento e non anticipato da quella frase che, a quanto pare, produsse reazioni positive da parte della troupe e per questo motivo si decise di lasciarla.
Indiana Jones e l’ultima crociata costarono ben 48.000.000 di dollari e ne incassò quasi duecento milioni nei soli Stati Uniti d’America ed esattamente 197.171.806 di dollari. Nella confinante Canda, addirittura, 277.000.000. In totale al botteghino il terzo capitolo di Indiana Jones fu 474.176.086 milioni di dollari. In pratica fu il maggior incasso dell’anno 1989, battendo persino la concorrenza di Batman di Tim Burton, il quale uscì solamente un mese più tardi e che, come sappiamo tutti, innescò la Batmania e non solo tra i fans.
Rispetto ai due precedenti episodi, questo terzo film ottenne, per la maggior parte, critiche e quindi recensioni positive, seppur con qualche eccezione. Forse per alcuni, rispetto al 1984, c’era troppo ‘humour’ britannico.