Eriksen dopo lo spavento di tre anni fa riprende la sua storia con gli Europei con una rete
Com’è ch’era? La Polonia alla vigilia della sfida contro l’Olanda aveva problemi di attacco. Con Milik e Lewandoski a mezzo servizio e Piantek completamente scomparso. Eppure, già eppure accade quello che nessuno potrebbe immaginare. Senza attaccanti di nome, senza attaccanti di peso, senza attaccanti di spessore tutti quanti si sarebbero attesi una nazionale polacca posizionata in campo in modo remissivo o comunque molto coperta per evitare guai peggiore in favore degli Orange.
Invece, dopo un paio di occasioni della nazionale color arancione sono proprio i polacchi a sbloccarla mettendo paura a Memphis Depay e company. Ad aprire le porte del quasi miracolo calcistico di questo europeo ci pensa la giovane punta Adam Buksa.
La fortuna aiuta gli audaci si dice, però. In effetti l’Olanda macina gioco crea occasioni anche abbastanza pericolose seppur la sua manovra non sia proprio fluida come ci si aspettasse e, soprattutto, che non commettesse diversi errori sottoporta. Dopo tredici minuti, dunque, la giovane promessa che compone il tridente orange, Cody Gapko fa il suo dovere e lo stesso Depay ha, alla fine del primo tempo, la palla che capovolgerebbe il risultato.
Purtroppo, e per fortuna per i supporters orange il gol della vittoria arriva, ma solo all’83. A sette minuti dalla fine. Il punto, però, che l’audacia ha aiutato i polacchi non gli olandesi che, secondo fonti certe, avrebbe mostrato, sul campo, il ben ottanta per cento del possesso palla sprecando, però, troppo. Per una squadra accreditata alla vittoria finale lascia un po’ perplessi.
Un 2 a 1 che non chiude le porte al passaggio del turno ad una Polonia molto compatta e mai e poi mai remissiva nei confronti degli avversari. A questo punto non ci resta da chiedersi: cosa sarebbe successo de fossero stati presenti si Milik che Lewandoski?
Per quanto riguarda Danimarca e Slovenia non ci sarebbe il calcio da tener presente. Vi ricordate di Eriksen, il calciatore danese che all’esordio di Euro 2020 venne colpito da un infarto nella gara inaugurale della sua nazionale? Ebbene, lo stesso numero 10 ha ripartito con la sua storia personale con gli Europei con un gol, quello che ha sbloccato la gara contro la Slovenia. Una Danimarca che ha mostrato molta compattezza e gioco fluido rispetto agli avversari. Una squadra che, come nel 1992, potrebbe ripeter il miracolo? Staremo a vedere.
Ciò nonostante, ci sarebbe da spendere anche due parole in favore della Slovenia e non solo del suo approccio alla gara, semmai anche sul suo talento che, gli addetti ai lavori, hanno, già di sicuro, adocchiato da tempo. Partiamo dalla gara nel suo complesso. Apparentemente l’anello debole del girone, la Slovenia, dal canto, ha mostrato un’ottima capacità d subire e di reagire anche quando la difficoltà sul campo stiano per diventare insormontabili.
I danesi, si sa, non sono un cliente facile per nessuno, ma nessuno si immaginava una nazionale ancor più pronta e preparata rispetto al passato e soprattutto con un autentico fuoriclasse da vantare nella rosa. Si dice, in generale, che un buon attaccante vede la porta. Ma cosa succede se la punta a cui stiamo facendo riferimento calcia senza guardare e, soprattutto, centra sempre il bersaglio?
Nel primo tentativo la sfera fa la barba al palo, nel secondo il palo viene colpito in pieno. Peccato, perché oltra al pareggio, la stessa Slovenia meritava, quasi, anche la vittoria, grazie al piccolo gioiellino Sesko. Davvero un fenomeno e di sicuro ne sentiremo parlare e non solo in questo europeo.
Infine, giungiamo all’ultimo esordio di ieri sera, quello della tanto attesa Inghilterra. A stendere la Serbia basta una rete di Bellingham, l’uomo di punta della nazionale di Soutgate. Inn fondo le aspettative non sono state deluse. Gli inglesi hanno vinto dando l’impressione di controllare la gara, addormentarla quando serviva e soprattutto saper soffrire, contro un avversario davvero ostico.
Se la nazionale di Vlahovic è rimasta a secco, compreso lui, non significa però che deve pensare che il suo destino è già scritto. Il tempo per recuperare c’è e, ancor di più, ha tutti i mezzi per poter credere di proseguire tale avventura.
Per il resto dei giudizi li rinviamo ai cosiddetti secondi matches.