Altre sensibilità creative nella prospettiva categoriale della temperie chiarista
All’insieme delle personalità su cui abbiamo lasciato planare la nostra attenzione, tutte sostanzialmente circoscrivibili entro un ambito territoriale lombardo-veneto-emiliano, che già disegna un significativo am pliamento di fronte rispetto alla prima istanza ‘chiarista’ dei ‘cinque di Persico’, si potrà aggiungere il contributo fornito da altre figure di artisti variamente operanti nelle regioni centro-meridionali, considerando che riteniamo possibile questo riconoscimento valutativo avendo conto della possibilità, sostanzialmente già argomentata, di intendere lo svolgimento del ‘Chiarismo’ come una modalità creativa non comprimibile entro i con- fini d’una precettistica stilistica ‘di scuola’, ma significativa, piuttosto, di una temperie raccoglibile in una prospettiva di ordine ‘categoriale’, che si configura nei termini di ‘lirismo critico’.
Aggiungeremo, pertanto, alle personalità di artisti di cui già abbiamo additato il rilievo, quella di Spartaco Carlini (1884-1949) che ci introduce in una cultura figurativa della Toscana esterna, marittima, post-fattoriana, che ha imparato a praticare una pittura fatta di luce, disponibile a sfaldare il tessuto disegnativo in una fragranza cromatica nutrita di passaggi tonali equilibrati e composti, quale appare, tra l’altro, anche nei contenuti figurativi dell’attività creativa di un pittore come Moses Levy (1885-1968), che, giova sottolineare, fu legato d’amicizia con Spartaco Carlini.
Ci convince additare Galee pisane, di Carlini, un’opera che mette in mostra, all’interno di una disposizione tonale delibata quasi al limite di un monocromo ambrato, qualche guizzo coloristico che testimonia, proba- bilmente, dell’intenso rapporto di amicizia e di scambi che caratterizzò il suo legame con Lorenzo Viani (1882-1936) artista, invece, di viva sensibilità espressionistica. Il rapporto di Carlini con Viani è importante anche perché valse al Carlini l’opportunità di entrare a far parte del gruppo dei pittori del ‘Club della Bohème’ di Torre del Lago delle cui istanze era sta- to principale interprete il pittore livornese Ferruccio Pagni (1866-1935), allievo di Fattori, che fu intimissimo amico del musicista Giacomo Pucci- ni. L’atmosfera dell’ambiente lacustre (il lago Massaciuccoli) non poteva non creare un clima psicologico e morale particolarmente ispirativo per una pittura di aperto contatto con la natura, animata da artisti ‘sognatori’ e capaci di cogliere le vibrazioni atmosferiche come motivi salienti per una proposta che può essere riconosciuta nei termini di ‘lirismo critico’ e che si pone, sul piano della cronologia, addirittura in anticipo, rispetto alle sensibilità prima ‘lagunari’ di Semeghini e, poi, strettamente ‘chiariste’ dei ‘Cinque di Persico’ a Milano. Osserveremo, in proposito, quindi la personalità di Pagni (Tramonto36), insieme con la quale ricordiamo anche quella di Francesco Fanelli, anch’egli livornese (1869-1924), che seppe animare una pittura di emotività vibratile e sfibrata, come rivela, ad esempio una sua Marina con barca37.
Riprendendoci al Carlini, osserviamo come Alessandro Parronchi fornisca una messa a fuoco decisamente convincente della sua personalità, legandola, peraltro, all’ambiente pisano e ad una spiccata disponibilità alla resa atmosferica: “Nei paesaggi pisani del Carlini… dormono i monti pisani coperti da incerti cumuli di vapore… e il cielo pisano è ricamato di nuvole color guancie vergini mentre beve gli ultimi sorsi del sole”. Del Carlini, poi, ci convince la valutazione che il Parronchi riserva ad un’opera in particolare, Il ponte, che egli giudica un dipinto “tutto preso nel roseo fulgore del cielo al tramonto in cui la lontananza rispetto al greto dell’erba illuminato di luce radente prende una trasparenza arcana e i volumi sfumano assorbiti nella luce”38.
Si iscrive nel contesto delle dinamiche postfattoriane anche la pittura di Gino Romiti, livornese (1881-1967), fondatore nel 1920 del ‘Gruppo labronico’, che si propone con una pittura ariosa e disfratta, particolar- mente felice nelle soluzioni figurative di paesaggi ampi ed ariosi che, ad esempio, in dipinti come Il giardino delle monache – presentato a Roma in una mostra del 1914 della ‘Società di Amatori e Cultori di Belle Arti, curata da Maurizio Rava – si presenta fortemente avvicinabile alle sensibilità proprie di Goliardo Padova e, come vedremo più avanti, dello stesso Francesco Romano, pugliese, che già proponeva queste soluzioni compositive e di ductus, comunque, anticipatamente entro il decennio degli anni ’10. Ancor più sfibrata si manifesta nel suo ductus essenziale e nella disposizione di asciutto tonalismo la pittura di Edmondo Prestipino, che nasce al Cairo, da genitori italiani, nel 1908 e che troviamo allievo di Felice Carena a Firenze. Un acquerello come Classicità, del 1946, ci restituisce la misura composta ed acquietata di questa pittura di soffuso luminismo opalescente, apparentabile a quella del napoletano F. Girosi.