Un lungo reportage sul regista indiscutibile Maestro del Cinema
Se Akira Kurosawa ha rappresentato l’involontaria fonte d’ispirazione per il regista romano, da questo momento in poi, con questa quarta parte, dovrebbe iniziare un secondo reportage. Ma lo sappiamo che non è possibile, a questo punto potremmo anche realizzare un intero saggio sulla filmografia di Sergio Leone e di sicuro un solo volume non basterebbe allo scopo. Comunque, dopo ‘Il colosso di Rodi’ nessuno aveva ancora inteso quanto Sergio Leone, nella sua essenza, forse davvero un genio assoluto della settima arte.
Un genio che avrebbe dovuto ammazzare, definitivamente, un altro genere: quello ‘Western’, quello con il quale era comunque cresciuto da ragazzo. Voleva realizzare la stessa opera che aveva compiuto con il suo lungometraggio precedente, uccidendo di fatto il peplum: ma per certi versi ed involontariamente, finì per unirli per un unico genere cinematografico, il suo personale. Quello ‘Leoniano’.
Dopo ‘Il colosso di Rodi’ effettivamente ha inizio una vera e propria epoca, la cui datazione iniziale è rappresentata dal 1964. Da lì molti schemi narrativi, di scene e di musica e, oltre tutto, di regole che definivano il modo di inquadrare un qualsiasi personaggio salteranno per sempre.
In lui, dopo aver visionato anche per puro caso, l’opera del collega nipponico si fece strada l’idea di un progetto che neanche i produttori dei cine fumetti avrebbero potuto immaginare; anzi se molte trilogie sono state realizzate ciò lo si deve proprio a lui.
Dicevamo del 1964, in quell’anno uscì un piccolo film, di 96 minuti scarsi che avrebbe aperto la strada ad altrettanti seguiti non ufficializzati nell’immediato e, soprattutto, che avrebbe riscritto la storia del cinema, una pagina immortale della settima arte. Ma andiamo per gradi, tenendo presente sempre le sue dichiarazioni prese dalle varie interviste:
“Esisteva già in partenza. Certo, se il film non avesse avuto successo, mi sarei fermato lì. E’ un rischio che ho accettato integralmente fin dal principio, e nessuno era disposto a scommettere sul buon esito del film. Il più grande esercente fiorentino, Germani, dopo aver visto Per un pugno di dollari mi disse: Leone, lei ha fatto un capolavoro che non avrà una lira. Come ha potuto pensare a un western dove il ruolo femminile è ridotto a una comparsata? E io gli risposi: Pensi che io l’ho fatto esclusivamente per questo. Forse avrà ragione lei, ma staremo a vedere. Poi dopo l’uscita del film, Germani faceva di tutto sempre il possibile per evitare di incontrarmi, certo che avrei avuto un paio di cose da dirgli.
Chissà se dopo questa dichiarazione Sergio Leone riusciì a togliersi qualche sassolino dalla scarpa nei confronti del dottr Germani, come il personaggio interpretato da Clint Eastwood o magari da Charles Bronson? A parte l’ironia e gli scherzi. Pochi, in quel settembre del 1964, intuirono il vero potenziale del film, incastonandolo come un’opera che avrebbe dato al via ad uno dei filoni cinematografici più famosi e fortunati della storia.
Un film che per molti versi partì male e non dal punto di vista della critica o come impatto sul pubblico, anzi il riscontro da ambo i lati fu molto positivo. No, i problemi nacquero dal fatto che la trama stessa di ‘Per un pugno di dollari’ fu presa in prestito, diciamo così, al collega Kurosawa. L’opera cinematografica era intitolata ‘La sfida del Samurai’ e venne avviata, tempo dopo, una causa per plagio che lo stesso Leone dovette alla fine sbrogliare.
Ma non è su questo che dobbiamo focalizzarci. La nostra attenzione deve essere riportata verso il giusto bersaglio: quello dei suoi film. La dichiarazione che abbiamo riportato era un chiaro riferimento ad uno dei suoi progetti più ambiziosi, almeno in prima battuta. Ovvero quello relativo alla cosiddetta ‘Trilogia del dollaro’ la quale venne aperta, appunto, da ‘Per uno di dollari’ e seguita da ‘Per qualche dollaro in più’ e conclusa con ‘Il Buono il brutto e il cattivo’.
Ma la trilogia del dollaro non fu la sola, due anni più tardi a ‘Il buono il brutto e il cattivo’, Sergio Leone fu costretto ad inventarsi un’altra trilogia per arrivare a realizzare quello che sarebbe diventato, in pochissimo, tempo la sua più grande ossessione: C’era una volta l’America. In effetti, mentre da Youtube continuiamo a condividere i vari spezzoni dei suoi film, le sue opere hanno effettivamente qualcosa di particolare, qualcosa di unico.
Generalmente quando un film va bene, il cosiddetto sequel deve essere diverso nel tentativo si essere sempre originale senza ricalcare se non tutta la trama ma almeno determinati punti cruciale che hanno segnato, in maniera positiva, il cosiddetto capostipite.
Invece, Sergio Leone stravolge questa regola e se in Per un pugno di dollari i due contendenti alla sfida finale erano solamente due, in ‘Per qualche dollaro in più’ sono due e mezzo, il cui schema anticipa quello che sarà inteso come il Triello. Per fare ordine, nel primo: ci sono Clint Eastwood e Gian Maria Volontè.
Nel secondo: sempre Clint Eastwood e Gian Maria Volontè, ma con la presenza di Lee Van Cleef. Nonostante questo, lo schema abituale del duello si rispetta, avanzando l’ipotesi, seppur molto lontana, del triello.
Triello che diventa reale, in tutto e per tutto, nel terzo film della trilogia: sempre Clint Eastwood in testa, con la presenza di Lee Van Cleef e in sostituzione di Gian Maria Volontè, Eli Wallach. Un triello anticipato da una delle più bel accompagnamento musicale di una scena e questa volta altre parole non servono.
Una volta realizzata questo trittico, Sergio Leone volle dedicarsi al suo progetto più grande: C’era una volta l’America. galeotto fu un romanzo autobiografico di un gangster che raccontava o comunque narrava le proprie gesta durante l’epoca del Proibizionismo. ‘Mano Armata’, era questo il titolo del libro. Sergio Leone non perse tempo ad acquisire i diritti del libro, non immaginando che per la lavorazione ci avrebbe messo ben quattordici anni.
Infatti, la casa di produzione americana, la Paramount, si mise di traverso non tanto perché non voleva realizzato il progetto, no. La vera intenzione della major era quella di vedere al cinema un altro western. da quel momento in poi nacque l’esigenza di una nuova trilogia.