Per l’occasione abbiamo intervistato il giornalista e scrittore Michelangelo Iossa
La storia comunque non termina qui. Anzi, è appena iniziata. Si, perché fino adesso ci siamo solamente imbattuti nella mera analizzi del miglior performer naturale che la musica abbia mai avuto in tutta la sua storia. Da un lato sembrerebbero frasi fatte quelle che stiamo scrivendo, dettate più che altro dalla retorica. Eppure, in quello che stiamo affermando e sostenendo in queste righe virtuali c’è molto di più di un semplice fondo di verità.
Sfidiamo chiunque nel vedere un gruppetto di ragazzini proporsi ad una grossa casa discografica come i nuovi talenti e, contemporaneamente, credere che il più piccolo della band sarà la più grande stella della musica. All’inizio fu proprio così. I Jackson 5 vennero notati durante un’esibizione in un centro commerciale o meglio Micheal fu notato e gli altri lo furono in un secondo momento.
Nel giro di poco tempo i cinque ragazzi di Gary fecero il loro esordio nella storica trasmissione Ed Sullivan Show. Proprio in quel programma televisivo che, anni prima, non voleva come ospite, in un primo momento, Sua Maestà Elvis Presley, Michael Jackson si mostrò al mondo con una canzone che per il tema trattato e l’intensità di cantarla che si richiedeva era impossibile che un ragazzino di soli undici anni la intonasse in quel modo; come se lui avesse già vissuto quel tipo di esperienza descritta nel testo della canzone. Invece, sorprese tutti in quell’inizio di dicembre del 1969.
Grazie ad una figura come Michael Jackson sono sparite le classifiche divise per razze. Arriva lo stesso Jackson e non sanno dove collocarlo ed era già successo con Elvis Presley, perché erroneamente lo scambiarono per un afroamericano e già in quell’occasione si incominciò a ripensare al concetto di classifiche. La botta finale gliela diede proprio Michael Jackson. Beat it era il grande inno rock dei neri che non avevano mai avuto ed era stato concepito in risposta a Jump dei Van Halen. Michael Jackson potrebbe essere inteso come una sorta di cavallo di Troia, il quale è penetrato dentro le mura grazie alla sua forza, al suo talento facendo in modo che tutti quanti cadessimo nella sua trappola, in bene intendo.
Una trappola, aggiungiamo noi, che ha veramente contribuito ad abbattere ogni barriera razziale anche nel mondo delle sette note. Si pensi che dopo quel lontano esordio del 1969, seppur televisivo, lo stesso Jacko, in maniera del tutto involontaria, perché non poteva essere consapevole di certe cose, divenne, in modo del tutto involontario per molte minoranze, il pioniere di tutti quei cantanti afroamericani o comunque appartenenti alle altre minoranze che potevano essere apprezzati anche dai bianchi.
Infatti, si è sempre sostenuto che Elvis Presley era bianco con la voce da nero e quindi venne apprezzato persino dalla comunità afroamericana. Michael Jackson, era nero ma conquistò il gradimento dei bianchi. La sua immagine, fino a quando non arrivarono gli scandali, era quella della persona della porta accanto, quasi l’amico di famiglia. Il bravo ragazzo di cui ci poteva fidare.
Dopo i successi, sia come singoli e sia come dischi con i suoi fratelli, sia come Jackson 5 e sia come The Jackson, Micheal tra il 1979 ed il 1991 piazza quattro dischi uno migliore dell’altro, con pause di pubblicazione che si aggirano intorno ai tre, cinque e quattro anni. I quattro long play sono: ‘Off The Wall’, ‘Thriller’, ‘Bad’ e ‘Dangerous’. Proprio in merito su questi quattro titoli, a Michelangelo Iossa, gli poniamo una domanda che ha la mera natura di una semplice osservazione su quei dischi pubblicati negli anni ’80: Thriller, del 1982, e Bad, del 1987.
L’osservazione interrogativa scaturisce dalla semplice fatto che ‘Thriller’ è l’album più venduto della storia della musica, ancora oggi, mentre Bad non è mai riuscito nell’impresa di ripetere lo stesso risultato. Eppure, se andiamo ad ascoltare bene tutte le tracce dei due dischi, si nota maggior completezza nel 33 giri del 1987, rispetto a quello pluripremiato del 1982.
Michelangelo Iossa, in questo, ci risponde così: Bad, però è quasi perfetto. Però ti parlo di due cose, citandoti due persone: la prima è mio figlio, il quale quando ascolta Michael Jackson, esattamente la trilogia di Quincy Jones, ‘Off the wall’; ‘Thriller’ e ‘Bad’ li avverte come dischi contemporanei è questa è una cosa davvero difficile da ottenere. Cioè se tu riesci ad essere fresco per un quindicenne, perché molte canzoni sono contemporanee per com’è cantata, suonata. Quindi ti rispondo con un caso che ho dentro casa e molti suoi compagni di classe, molti suoi amici, molti ragazzi della sua età e anche altri miei nipoti che hanno la sua età lo avvertono come un cantante che non risulta datato e questo succedono solo con quei tre dischi prodotti tra il 1979 ed il 1987 e i giovani li percepiscono come inarrivabili, quindi non hanno età.
Invece adesso ti parlo delle chiacchierate che ci facciamo Luca Izzo ed io quando stava nascendo il libro. Per lui ‘History’, invece, rappresenta la vera summa di Michael Jackson. Per me, invece, la completezza risiede solo nella trilogia citata, subito dopo Dangerous, suo ultimo grande colpo di coda.
Eppure, dal punto di vista della progettualità sono d’accordo con Luca, perché si History e sia Invincible erano due progetti molto pensati dallo stesso Jackson, niente era pensato a caso; però poi cosa gli è successo? Non ha potuto evitare il paragone che era inevitabilmente in agguato con i suoi lavori precedenti.
Io sono la persona meno adatta per rispondere a questa domanda perché per me la trilogia di Quincy Jones è perfetta così com’è senza toccare nulla. Perché in quei tre dischi c’è il miglior Michael Jackson.
Un miglior Michael Jackson che, proprio in quel periodo, mostrò tutto il suo estro, tutta la sua genialità. Miscelando sapientemente musica e spettacolo, fondendo le due arti in un’unica forma di linguaggio visiva e di attrazione per il pubblico di tutto il mondo. Confermando, a sua volta, di essere lui stesso una sorta di attrazione vivente. Una sorta di circo sul palcoscenico di cui, purtroppo, non riuscì a liberarsi, in tutte le sue forme, nella sua vita privata. Proprio in merito a questo Michelangelo Iossa ci dice la sua su questo aspetto.