Per l’occasione abbiamo intervistato il giornalista e scrittore Michelangelo Iossa
Il libro di Michelangelo Iossa e Luca Izzo non è stato pubblicato tanto per proporre l’ennesima lettura basata sul Re del Pop, offrendo, magari, un altro saggio con prospettiva addirittura superficiale anche sull’uomo. No, nulla di tutto questo. ‘Michael Jackson – La storia e l’eredità artistica’ deve essere considerato, se non proprio il volume per antonomasia, ma sicuramente uno dei volumi più completi sulla discografia e sulla carriera del talento naturale di Gary.
Con tanto di approfondimento e suddivisione in capitoli, uno per ogni disco pubblicato. Capitoli, suddivisi, a loro volta, in vari paragrafi in cui vengono analizzati: contesto storico – culturale, contesto musicale in cui il long play venne pubblicato, la vita svolta dallo stesso cantante in quel periodo ben preciso, lo stesso disco e i singoli e videoclip realizzati o short film, come lo stesso Jackson amava definirli.
Un’analisi a trecentosessanta gradi su una delle carriere più irripetibili di sempre, raccontata in quello che è un piccolo e grande gioiello della saggistica non solo ed esclusivamente relativa a Michael Jackson, ma anche del mondo musicale in generale. Da tener presente.
Tornando al nostro racconto, tornando al momento in cui Joe Jackson manifestò l’intenzione di riprendere il proprio sogno, diciamo che all’inizio non considerava l’idea di ‘usare’ i propri eredi e il termine, permettetecelo, non è improprio. Fu solamente un caso che i ragazzi, giovanissimi, di nascosto presero l’abitudine di giocare con la chitarra del padre. La presero una volta, la presero una seconda, persino una terza volta fino a romperla involontariamente.
Fu proprio in quel momento che iniziò la leggenda di Michael Jackson. Una volta accortosi del talento dei suoi figli ed in particolare del futuro Re del Pop, Joe si convinse che la musica era rientrata nella sua vita e nel modo più sorprendente possibile.
“Cioè stiamo parlando di una persona che aveva studiato moltissimo, a sei era già in scena. Nel ’65 fece il suo primo concerto con i Jackson 5 in un centro commerciale e la cosa incredibile. A sei anni era già padrone del palco, cantava e ballava. Esatto, proprio come James Brown, il suo mito assoluto. La cosa incredibile che lui non ha mai studiato formalmente, cioè non ha studiato in un conservatorio, non ha mai studiato in un’accademia di ballo ma spesso ha studiato, anche con grandi coreografi, e anche per ore, studiando comunque per tutta la sua vita”.
Come ci ricorda Michelangelo Iossa, durante la nostra intervista, il Re del Pop, difatti, non ha mai frequentato nessuna scuola di musica, di danza o qualche altra forma di accademia relativa al mondo dello spettacolo. Ciò significa che tutto quello che ci ha fatto ascoltare e mostrato al mondo era il frutto, sicuramente del duro lavoro svolto per ore ed ore, ma figlio di un talento fuori dal comune.
Un dono, dunque, che però a quanto pare venne sporcato da alcune voci, processi relativi ad accuse infamanti e di cui, in questo super speciale dedicato alla sua figura e a quelli che sarebbero stati i suoi sessantacinque anni, non ci soffermeremo neanche un pò. Perché? Vi rispondiamo proprio con le parole dello stesso Michelangelo Iossa: Infatti, parliamo di come ha usato il suo dono: perché sia per quanto riguarda la musica e sia per la danza ci troviamo di fronte un autodidatta totale.
Un autodidatta totale che potrebbe essere rapportato a Diego Armando Maradona per il calcio e per Bruce Lee per le arti marziali ed il cinema, ma su questo particolare ci soffermeremo più avanti. Un autodidatta che lo ha portato a raggiungere dei traguardi inimmaginabili e che lo hanno trasformato, inevitabilmente, molto di più in una semplice popstar o superstar della musica, ma di una vera e propria icona mondiale che ha superato i confini del tempo.
L’icona di Michael Jackson per chi scrive di musica, per chi scrive di pop-rock internazionale è inevitabile, come posso dire, perché siamo nel ristrettissimo novero di leggende pop-rock internazionale. Quindi stiamo parlando di un personaggio che è al fianco dei Beatles, di Jimi Hendrix, di Elvis Presley, dei Rolling Stones, di Bob Dylan; cioè si contano sulle dita di una mano, al massimo di due mani.
Anche perché Michael Jackson, tra quelli che ho citato, anche se Elvis è il Re, è l’unico, di queste figure che abbiamo visto, è stata definita, da tutte le testate internazionali mondiali ‘The Icon’, con la I maiuscola, per eccellenza. Quindi travalica il suo ruolo musicale, perché in realtà rispetti agli altri che ho citato, era anche un grandissimo ballerino e coreografo; era anche arrangiatore di sé stesso, perché non solo perché prendeva parte alle stesure dei brani ma anche degli arrangiamenti. Ed è rispetto agli altri, forse è affiancato in questo caso solamente da Madonna e David Bowie, un artista totale, nel senso che riesce a seguire il processo produttivo della sua musica dall’inizio alla fine, fino addirittura alla messa in scena. Gli altri si affidavano a dei professionisti.
Un’analisi, la sua, che non ammette repliche o aggiunta ulteriore. Un’analisi che tende ancor di più a confermare quanto letto nel suo libro, pubblicato insieme a Luca Izzo, in cui, durante l’ascolto della sua risposta ci permettiamo di aggiungere una sola parola attraverso cui la sua risposta tende ad essere ancor più approfondita:
Più completo, quindi, insieme ai già citati Madonna e David Bowie; per la capacità di seguire un loro progetto musicale dall’inizio alla fine senza sosta, diciamo. Un progetto in cui veniva inserito anche l’elemento coreografico. Madonna lo ha fatto, ma in maniera molto limitata; mentre David Bowie non ce l’ha fatta. Infatti, Michael Jackson era un grande performer e per questo potrebbe anche non cantare ed essere studiato anche solo come ballerino; quindi, non solo come cantante ma anche come coreografo.
Proprio tra i due sovrani del Pop, lo stesso Iossa ci impreziosisce su un particolare e divertente aneddoto attraverso il quale si comprenderanno moltissime cose sulla vita, privata anche, di MJ. Un aneddoto su cui ci soffermeremo più avanti in quel lunghissimo speciale.