L’ex Premier e fondatore di Mediaset e di Forza Italia è scomparso ieri all’età di 86 anni
C’è un momento in cui la storia di un Paese, bella o brutta che sia, ha bisogno di fermarsi per tirare le somme di ciò che era, di ciò che è stato e di ciò che poteva essere e, addirittura, di ciò che sarà. Ieri, quasi a sorpresa, nonostante le condizioni di salute fossero ormai da tempo compromesse, Silvio Berlusconi, imprenditore prima e politico poi, se n’è andato circondato dall’affetto dei suoi famigliari. La notizia, come logico che sia in questi casi, ha fatto subito il giro dei vari mass media, tra testate cartacee ed online e i vari tg nazionali ed internazionali.
Le reazioni a caldo sono state abbastanza in linea con il momento del lutto, con il rispetto verso colui che, sia nel bene che nel male, ha rappresentato l’Italia nel mondo. Da Romano Prodi ad Elly Schlein, dal Presidente del Senato Ignazio La Russa alla Premier Giorgia Meloni, da Enrico Letta, ex leader del Pd, ad Giuseppe Conte, leader del movimento a cinque stelle, fino ad arrivare al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, tanto per ricordarne qualcuno d’importante.
Poche, sono state, le parole fuori posto e non perché non ci possono essere, ma proprio perché è il momento medesimo che non lo richiede. Da ieri mattina, da ieri e dalle 9.30 rimbalza un unico grande pensiero che è, di fatto, un’unica grande domanda: c’è un Italia prima di Silvio Berlusconi e adesso c’è un Italia dopo il Cavaliere. Ecco, che Paese sarà adesso? Giungiamo subito al dunque, senza troppi giri di parole, perché quelle, ormai, non servono più. Se ne sono dette tante e sul suo conto si è detto tutto e al contrario di tutto.
E proprio perché si è parlato a trecento sessanta gradi su di lui, riteniamo che sia abbastanza inutile ripercorre la sua vita o quantomeno le tappe fondamentali della sua scalata verso il successo. Semmai sarebbe giusto capire cosa ha effettivamente lasciato, in base ad una prima impressione, sia dal punto di vista positivo che dal punto di vista negativo; ma nemmeno questo basterebbe.
La verità dove sta? Ci verrebbe da dire sta nel mezzo e non tanto per continuare a seguire la nostra linea editoriale per evitare, dunque, di schierarsi mai da una parte e dall’altra, ma semplicemente perché effettivamente adesso come adesso è comprensibile ricordare vittorie, quindi esaltarle, e parlare delle sue negatività, tralasciandole, quindi, senza mai dimenticarle. Era un Santo? No, nessuno lo è e poi quando si arriva dove è arrivato lui è anche normale avere qualche scheletro nell’armadio.
Allora era un demonio? Ma neanche. Molto probabilmente ora come adesso è il momento giusto per analizzarlo e studiarlo. È il momento più che giusto per rendere omaggio alla sua memoria e poi, con il tempo, solo quando il clamore per la sua scomparsa, avvenuta all’età di 86 anni all’ospedale San Raffaele di Milano, si sarà sgonfiata sarà, appunto, più facile scandagliare la sua esperienza, politica, quasi trentennale, con quella imprenditoriale, ultra-quarantennale, con la consapevolezza che, sia nel bene che nel male, ha scritto la storia del nostro Paese.
Dall’imprenditoria, dall’edilizia, con la costruzione di Milano 2 e Milano 3, con l’editoria, con lo sport, si ricordi dei tanti successi conquistati con il suo amato Milan e appunto con la politica. Con quest’ultima la sua vita cambiò ulteriormente trasformandosi, di fatto, in uno statista riconosciuto, forse, solamente negli ultimi anni; per non dimenticare i continui attacchi, per non dimenticare i continui processi, non solo mediatici, al quale è stato sottoposto.
Tra reati di corruzione, di falso in bilancio, di essere mafioso, dalle olgiettine. Un attacco frontale, alle volte, troppo politicizzato e troppo poco giudiziario. Epoca in cui si è detto che la stessa magistratura fosse, in tutto e per tutto, appartenere ad un’unica parte politica. Dalle gaffes o comunque delle uscite che alle volte facevano discutere, da quell’accusa di fare leggi ad personam mossa sempre dalla Sinistra, cosa che la stessa se ne anche avvantaggiata quando era anche al potere, senza mai mutarle o comunque senza neanche abrogarle. Certo, ripetiamo, non si può dimenticare neanche quella intervista effettuata da Paolo Borsellino pochi mesi prima di saltare in aria a Via D’Amelio.
Ci sarebbero tante, tantissime cose da dire e da ricordare. Ma la sensazione è che questo non è il momento e non tanto per demagogia. No, ma perché è una questione di opportunità. Certo, ora come ora, in queste ore comunque di lutto, perché di fatto di questo si tratta a partire da ieri, molti, oltre alle grandi personalità, anche gente comune attraverso i social, stanno rilasciando un commento, un ricordo, per non dire anche qualche frecciata a colui che per anni è stato il punto di riferimento.
Che Italia sarà dopo di lui? È veramente terminata l’epoca della cosiddetta seconda Repubblica o era terminata con l’avvento al potere di partiti meno tradizionali? Forse un po’ ed un po’. Tutti indistintamente stanno riconoscendo che con la sua scomparsa è di fatto finita un’epoca politica, imprenditoriale e sportiva. Un uomo che ha vinto in tutti i settori e che è stato capace, allo stesso tempo, di unire e dividere.
Un uomo che è stato attaccato anche quando non doveva essere attaccato, si pensi alle rivelazioni nel libro dell’ex – magistrato Palamara e in che modo i processi venivano istruiti nei suoi confronti. Di sicuro, Silvio Berlusconi, lascia un grande eredità e un vuoto che nessuno, al momento, riuscirà a colmare. Senza mai e poi mai dimenticare ciò che è stato sia nel bene che nel male e non come si è fatto attraverso i vari processi sommari come è avvenuto in tutti questi anni. Perché in fondo, al di là del personaggio che poteva piacere oppure no, le analisi si svolgono sempre nella più totale completezza e non da un solo lato e soprattutto quando ormai il clamore intorno a lui si sarà totalmente sgonfiato.
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