Una carriera irripetibile tra alti e bassi ed una vita piena di difficoltà
Abbiamo deciso di aprirlo così questo speciale, con questo brano del 4 giugno del 1984, contemplato nell’album ‘Private Dancer’. Forse, il miglior modo per iniziare a parlare della Regina del Rock’n’roll, com’è stata definita nella sua lunga carriera. Un percorso professionale iniziato nei tardi anni ’50 ed è terminato, come la sua vita terrena, lo scorso 24 maggio del 2023 quando tutto il mondo, rimanendo anche un po’ sorpreso, ha appreso la notizia della sua scomparsa all’età di 83 anni.
Da quel momento in poi sono stati giorni in cui i messaggi sui social, le dediche ed anche dichiarazioni istituzionali si sono susseguite composti, come composta è stata l’emozione e la commozione che la sua dipartita ha provocato. Non è facile dire addio anche a lei e non ce la sentivamo di scrivere solamente un freddo articolo nel ricordarla, come è capitato l’altro giorno. No, Anna Mae Bullock, in arte Tina Turner merita molto di più.
Merita un omaggio degno del suo nome e della sua carriera, durata ben oltre cinquanta lunghi anni. Lei, che ha iniziato a muovere i primi passi durante i primi anni di Elvis Presley, che è rinata nell’epoca di Michal Jackson e che ha mostrato una grinta invidiabile anche alla Regina del Soul, Aretha Franklyn, non poteva essere ricordata in maniera fredda e distaccata.
In questo primo giorno della settimana, l’ultimo del mese di maggio, abbiamo deciso di dedicarlo interamente a Tina Turner. Uno speciale per raccontare la sua storia, professionale e no, attraverso le rubriche che parlano di musica: la prima, quella istituzionale, ‘La canzone del Lunedì’, ‘Retrospettive in Musica’, senza dimenticare anche ‘Forever80s’. Uno speciale semplicemente intitolato ‘Simply the best – Omaggio a Tina Turner’, proprio come il titolo di una celeberrima canzone con cui abbiamo aperto il 2023 a FreeTopix Magazine.
La sua storia, in fondo, ci appartiene. Non lo scriviamo con retorica per creare quell’effetto nostalgia. No, il suo percorso, sia esistenziale che professionale, come abbiamo ricordato in precedenza, le ha permesso di attraversare diverse epoche sociali, prima, e musicali, dopo. Si, perché lei, afroamericana, nata il 26 novembre del 1939 a Brownsville, nello Stato del Tennesse, era chiaro che la vita non sarebbe stata facile, nonostante suo padre, il Reverendo Richard Bullock, fosse pastore di una chiesa protestante.
Ed è proprio lì, in quel luogo sacro, che ha scoperto, molto probabilmente, la sua vera vocazione: quella di cantare. Già a dieci anni, come ricordato sommariamente nell’articolo del 25 maggio, iniziò a muovere i primi passi grazie al coro della chiesa e chissà se già in quelle piccola performance mostrava già il suo marchio di fabbrica: una voce graffiante, accompagnata da una grinta fuori dal comune.
Eravamo intorno all’anno 1949 e dopo poco i genitori della futura stella della musica divorziarono, per motivi a noi sconosciuti e che comunque sono cose anche personali e non sarebbe saggio andare ad indagare in questa situazione. Un trauma di sicuro, perché avvenne nel periodo più delicato di un giovane o comunque di una giovane: quello dell’adolescenza. Tale evento la portò nel 1956, quindi intorno ai diciassette anni, ad andarsene da casa con sua sorella Alline.
Si sistemarono nello Stato del Missouri e precisamente nella città di St. Louis. In quella città, dove anche lì non mancava di certo il fermento musicale che imperava in quegli anni, non solo negli Stati Uniti ma anche po’ in tutto il resto del mondo, Anna Mae fece l’incontro della sua vita. Un incontro destinato, sì, a durare ma per dire che fu tutto rose e fiori, purtroppo, vi riporteremmo una grossa bugia.
Anna Mae Bullock, nell’anno 1956, incontrò il cantante afroamericano Ike Turner, con il quale trascorse venti anni di mero inferno, tra maltrattamenti, percosse e droga. Un’unione che sfociò, dunque, ad un matrimonio quattro anni più tardi e che terminò solamente nel 1976. Se però da un lato fu negativo sotto il profilo personale, per la futura regina del Rock’n’roll, fu positivo dal punto di vista professionale.
Infatti, già due anni dopo che si erano appena conosciuti i due registrarono un singolo dal titolo Boxtop. In quell’occasione, la cantante, fu la prima volta che non utilizzò il suo vero nome, ma uno pseudonimo: Little Ann. Le cronache non riportano notizie di un grande successo, registrandolo solamente come il suo effettivo esordio ufficiale nel mondo della musica.
Il successo vero e proprio iniziò ad arrivare due anni più tardi, nell’anno del matrimonio, avvenuto a Tijuana in Messico. Venne inciso un secondo brano dal titolo A fool in love. I due furono coadiuvati, nella registrazione, dal gruppo vocalist The Ikettes. Fu lì in quel momento precisò che iniziò a nascere la cantante che poi tutti noi abbiamo conosciuto in seguito, proprio con il suo nuovo nome. Non più Little Ann, durato il tempo di un solo singolo, ma Tina Turner. Quattro anni più tardi, la ragazza di Brownsville incise, per l’etichetta discografica Sonja Records, per la prima volta come cantante solista la canzone: Too Many Ties That Bid.
Da quel 1964, anno in cui al mondo delle sette note apparve quel nome, Tina Turner, lei non si fermò più. Fu come un rullo compressore. Pensava, anche e soprattutto nei primi tempi, di aver trovato finalmente la sua anima gemella. Una persona con cui condividere gioie e dolori oltre il palcoscenico. Invece no, arrivarono di sicuro i successi con Ike Turner, ma le vittorie non la ripararono dalla più grande delusione della sua vita: Ike Turner stesso.
Andiamo come sempre con ordine: tra gli anni Sessanta e Settanta il duo si fecero notare per brani che scalarono le classifiche di tutto il mondo, canzoni come ‘Proud Mary’, una cover dei Creedence Clearwater Revival, e soprattutto per ‘Nutbush City Limits’, del 1979, e ‘River Deep Mountain High’ del 1966. Brani che le permisero di scalare le più importanti classifiche del mondo. Continua nella seconda parte…