La sua vita tra storia della musica e mistero per la sua tragica scomparsa

Secondo l’artista: «la musica popolare resta pur sempre il mezzo più valido per esprimere reazioni e sentimenti in modo schietto, sincero e immediato».

Luigi Tenco avrebbe compiuto 85 anni, se non fosse accaduto il nefasto gesto, la notte del 27 gennaio 1967, durante la kermesse sanremese. Un artista incompiuto che lascia prematuramente questo mondo.

Una vita avvolta dal mistero, Tenco nacque in un paesino in provincia di Alessandria, non conobbe mai suo padre e all’età di 9 anni circa scoprì una triste verità, che la sua identità non era reale. Sua madre rimase vedova e instaurò una relazione con un uomo più giovane di lei e rimase incinta di Luigi. Questo mutò il carattere del piccolo Luigi che portava un cognome che non era il suo. Nel 1948 la famiglia Tenco si trasferì a Genova, Luigi proseguì gli studi e a 18 anni si diplomò come privatista al liceo scientifico, ma mostrò sempre una particolare predilezione per la musica jazz.

Si dilettava a suonare il piano, il clarinetto e il sassofono con gli amici. Tra di loro vi erano artisti che diventeranno poi famosi: Gino Paoli, Bruno Lauzi e Fabrizio De Andrè.

Venne ammesso alla facoltà di Ingegneria (per assecondare il volere della famiglia), ma poi cambiò e per sua volontà e scelse Scienze Politiche. Nel 1958 insieme a Gino Paoli e Nicola Grassi formò il gruppo “I diavoli del rock“. Decise di iscriversi al partito socialista italiano continuò con poca assiduità gli studi, superando qualche

esame. L’anno seguente si trasferì a Milano, dopo aver stipulato un contratto con la casa discografica Ricordi. Si esibì in diversi complessi usando sempre falsi nomi e in una lettera a Nanni Ricordi gli spiegò il motivo di tale scelta, affermando, scusandosi principalmente, pregandolo affinché il suo nome non comparisse in nessuno disco. A quei tempi, Tenco non era solamente uno studente iscritto alla Facoltà di Scienze Politiche ma era ancora un giovane con simpatie socialiste e per questo motivo la sua passione per la musica non doveva essere professionale, suggerendo che il disco in uscita si poteva anche intitolare ‘Anonimo’.  

Il disco in questione era il 45 giri Quando che uscì l’otto marzo 1961 sotto lo pseudonimo Dick Ventuno.

Il brano “Quando” raggiunse una discreta notorietà e cominciò già a mostrare lo stile inconfondibile del cantautore piemontese in quell’arrangiamento malinconico da camera di archi e flauto traverso, nonostante il testo mostri ancora l’influenza della tradizionale musica leggera del periodo, con un utilizzo smoderato di figure retoriche.

Nel 1961 incise il suo primo quarantacinque giri con il suo vero nome, “I miei giorni perduti. Sono noti due brani che sottolineano il desiderio di parità tra generi, segnale che la donna cominciava a diventare autonoma almeno nella penna degli autori più moderni, in “Una Brava Ragazza” e “Io Sì”, entrambe censurate in Rai, parla di una ragazza ideale come addirittura quella che un uomo “dabbene” non sposerebbe mai. A causa di quest’ultima canzone Tenco viene allontanato dalle trasmissioni RAI per due anni.

È dell’anno seguente una sua breve interpretazione nel film di Luciano Salce La cuccagna”, in cui il giovane sembra interpretare se stesso nel ruolo di un cantautore riservato, insofferente alla società borghese e tormentato.

La canzone Angela, è un brano di sentimenti vissuti, non idealizzati, raccontati in modo crudo, doloroso, quasi disperato, un power play assolutamente irrituale per il tempo. In Cara Maestra, c’è un ribaltamento totale: l’autorità scolastica, ecclesiastica, politica messe in discussione. Una critica, che anticipa quel ’68 che Tenco non riuscirà purtroppo a vivere.

Nel 1964 Luigi s’innamorò di una studentessa di Roma,Valeria, con cui intrattiene una fitta corrispondenza. Talvolta i due s’incontrarono nella città in cui vive la ragazza, ma di questa sua storia il giovane Tenco non ne parlò mai con nessuno.

L’anno dopo passò alla casa discografica RCA con cui incide altri suoi brani di successo: “Lontano lontano, “Uno di questi giorni ti sposerò“, “E se ci diranno“, “Ognuno è libero“. Riguardo quella che considera una svolta decisiva alla sua

carriera, in un’altra lettera scrisse che l’’industria della canzone stava cambiando e da ciò, lo stesso Tenco, si aspettava molto da questo particolare passaggio. Aveva impressione che era giunto ad una svolta e voleva scoprire cosa ci fosse dietro. Partì per esercitare il servizio obbligatorio di leva e non fece alcun mistero delle sue idee antimilitariste. Ottenne più volte delle licenze per motivi di salute e venne poi congedato per una forma di ipertiroidismo il 10 marzo del 1966.

Nel ‘65 per la Jolly/Saar esce il secondo album, “Luigi Tenco”, con il brano famoso Ho Capito Che Ti Amo, fulminante per sintesi nella sua semplicità testuale, e l’unica di cui esiste una sorta di videoclip: Nel 1966 Luigi pubblica il terzo e ultimo album, “Tenco” e conosce la cantante   Dalida e tra i due nasce una relazione.

Dalle epistole private rese note e pubblicate in giornali accreditati si evince che nonostante tra Tenco e Dalida sia nato un rapporto significativo, il cantautore è ancora sentimentalmente legato a Valeria e, quando viene a conoscenza del figlio che aspetta dalla ragazza, le chiede di sposarlo. Valeria rifiuta e si allontana dopo aver appreso della relazione iniziata con Dalida.

Valeria, a causa di un incidente, perde il figlio, ma l’amore del cantautore resta immutato e cerca disperatamente di far risorgere l’amore che li aveva legati scrivendole lettere appassionate. Lettere attraverso cui chiedeva il perdono, parole in cui ammetteva che non avrebbe mai voluto che si allontanasse.

Nel 1967, all’alba di quelle contestazioni giovanili che sconvolsero il mondo occidentale, Tenco decise di partecipare alla diciassettesima edizione del Festival di Sanremo con la canzone “Ciao amore ciao”insieme a Dalida.

Il tragico epilogo di quell’esibizione, in cui lo stesso cantautore confessò a Mike Bongiorno di essere particolarmente nervoso, è noto a tutti. Di presentare una canzone poco in linea con quella manifestazione canora popolare. Dopo la decisione di escludere dalla finale la sua canzone, alcuni componenti della giuria si dimisero e quando comunicarono al cantante l’esito della commissione, quest’ultimo apparve inizialmente tranquillo.

Ma dopo un po’ cominciò ad imprecare e Dalida cercò inutilmente di rasserenarlo. Tenco si recò in albergo e venne poi rinvenuto morto dalla sua amante e collega. Il festival proseguì nonostante la tragica scomparsa del cantante Luigi Tenco.

Le indagini furono riaperte per le pressioni del fratello di Luigi, convinto che si fosse trattato di omicidio e la salma di Tenco fu riesumata. Nel 2006 il caso fu chiuso definitivamente confermando la tesi del suicidio del cantante.

Numerosi gli omaggi musicali dedicati ad uno dei cantautori più misteriosi della nostra storia musicale tra cui ricordiamo “Preghiera in gennaio” del grande Fabrizio De Andrè, amico fraterno del cantautore, che compose tale canzone subito dopo aver appreso la notizia della tragedia.

Negli anni Sessanta, Luigi Tenco e Fabrizio De André sono stati i primi veri cantautori italiani, a rappresentare davvero la beat generation, un punto di rottura narrativa, ma anche concettuale.

FONTE FOTO WIKIPEDIA: PUBBLICO DOMINIO

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