Uscito il 25 giugno del 1982, il neo-noir diretto da Ridley Scott divenne nel corso del tempo un imprescindibile cult del genere fantascientifico
Noir? Fantascienza? O entrambi i generi? A distanza di quasi 41 anni il dilemma nei confronti del capolavoro cinematografico di Ridley Scott permane. Anzi, ancor più alimentato dalla capacità, dell’opera, di reggere all’andare del tempo, rimanendo un ‘must’ per tutti quelli che amano la settima arte e per tutti coloro che manifestano la voglia di avvicinarsi al genere della fantascienza.
Appunto, abbiamo rimarcato uno dei due generi interessati; uno dei due generi oggetto di questo articolo celebrativo, non di mera analisi, su un film che ha fatto epoca. Su un film tratto da un racconto dello scrittore Philip K. Dick: Blade Runner. Era il 25 giugno del 1982 quando sul grande schermo uscì quello che era la trasposizione cinematografica de ‘Il cacciatore di androidi’, pubblicato nell’altrettanto lontano 1968.
La versione di Scott, per quanto riguarda la trama, non si discosta di molto da quella originale. In entrambi i casi il protagonista principale è sempre lo stesso e anche ciò che deve affrontare. Cambia, solo ed essenzialmente, l’anno di ambientazione. Nel romanzo di Philip Dick la vicenda si svolge in un 1992 distopico; mentre nel film in un 2019 altrettanto distopico.
Non solo, Deckard, il protagonista principale, è sì un poliziotto ma sposato nel romanzo, single nel film. Variazioni che riguardano anche la città in cui la vicenda si svolge. Nel romanzo la San Francisco del futuro, mentre nel film la Los Angeles del futuro.
Tornando al punto di partenza, soffermandosi su quel triplice quesito crediamo che una risposta che sposti l’ago della bilancia sull’uno o sull’altro genere in realtà non esiste. Entrambi i cultori sia del noir e sia della fantascienza possono affermare che ‘Blade Runner’ è di fatto perfetto ibrido fra i due modi di intrattenere il pubblico. Anzi, per alcuni il film viene annoverato nel cosiddetto neo-noir.
Forse è anche per questo motivo che durante la scelta dell’attore principale, per un po’ di tempo il candidato numero 1 per quel ruolo fosse, addirittura, Robert Mitchum. Attore della vecchia guardia, della vecchia Hollywood il quale, in passato, aveva prestato il volto alla creatura di Raymond Chandler: l’investigatore privato.
Oltre a Mitchum, i nomi che circolavano furono i più disparati e per non dire anche i più improbabili. Per diverso tempo si insistette anche su Dustin Hoffman; poi su: Jack Nicholson, Gene Hackman, Sean Connery, Paul Newman, Clint Eastwood, Tommy Lee Jones, Arnold Schwarzenegger, Al Pacino e Burt Reynolds.
Alla fine, la spuntò Harrison Ford e per un semplice motivo: era già conosciuto per il suo ruolo del contrabbandiere spaziale Han Solo nella prima storica trilogia di Guerre Stellari.
Ma le problematiche emersero anche durante lo sviluppo della sceneggiatura. Il cinema era già interessato al romanzo di Dick già dal 1968, anno della pubblicazione, appunto. Ci furono due tentativi di realizzare lo script e che andarono a vuoto. Troppo fuori tema, nel primo caso, o troppo a basso budget nel secondo. In un primo momento ad interessarsi a questo tipo di storia fu nientemeno che Martin Scorsese. Il regista di ‘Taxi Driver’ aveva più volte manifestato la volontà di acquisire i diritti del romanzo, senza mai riuscirci per un motivo o per un altro.
E Ridley Scott come venne coinvolto? Inizialmente il futuro regista de ‘Il Gladiatore’ era impegnato nella preproduzione di ‘Dune’, che uscirà due anni più tardi. Non voleva essere coinvolto. In seguito, notando che la situazione non si sbloccava decise di sganciarsi dall’altro progetto cinematografico per dedicarsi alla versione sul grande schermo di Dick. Inoltre, c’è anche un altro motivo per Ridley Scott lavorò a questo film: aveva anche bisogno distrarsi anche per svagarsi dalla scomparsa di suo fratello.
A distanza di quasi quarantuno anni cosa è rimasto di Blade Runner? Perché dopo così tanto tempo è considerato come uno dei capisaldi del genere. Forse proprio perché riuscì ad unire due linguaggi cinematografici diversi fra loro. Forse perché è riuscito anche nel rappresentare un futuro, seppur distopico e fantasioso, abbastanza inquietante nella sua essenza. Un futuro dove regna l’oscurità.
Un’oscurità intesa come continui problemi climatici ed una poca fiducia nella vita che ci circonda. Molta disillusione e poca speranza. In fondo, anche lo stratagemma della voce narrante fuori campo richiama ai romanzi di Chandler, in cui i personaggi principali sono antieroi e totalmente disillusi.
Quando uscì nelle sale ‘Blade Runner’ non convinse subito. Almeno in patria. Fuori dai confini, invece, il successo fu irripetibile. Eppure, gli incassi, all’inizio, coprivano a malapena quanto era stato speso per la realizzazione. Solamente dopo anni le grandi cifre confermarono il successo del film, diventato ormai un cult.
Ancora oggi rimane di indimenticabile non solo l’inizio, non solo le musiche, ma quelle parole pronunciate dal personaggio interpretato da Rutger Hauer. Una battuta non prevista nel copione ed improvvisata dall’attore olandese, paradossalmente, scomparso proprio nel 2019. Non quello distopico del film, ma quello reale. Qui sotto la scena finale del film.