Gli Americani spiegarono al mondo che occorreva aver conto del gesto creativo e che il gesto avrebbe fatto la differenza
Dalla stagione degli anni che seguirono la grande crisi del ‘29, quando il Governo stesso intervenne a sostenere gli artisti, con i provvedimenti economici del ‘Federal Art Project’, fino all’entrata in guerra degli USA nella seconda guerra mondiale, si attraversa negli Stati Uniti una stagione di grande evoluzione, caratterizzata dalla attenzione che alcuni artisti vanno ponendo alle tematiche surrealiste e postcubiste ed anche alle prospettive che si aprono con la speculazione junghiana che disvela le possibilità che nasconde l’inconscio collettivo.
Lungo tale profilatura di pensiero si sviluppa una ricerca creativa che condurrà un manipolo di artisti a individuare la via della rottura degli equilibri tradizionali, interrompendo quel filo di continuità di una pittura di stampo figurativo che aveva caratterizzato l’America almeno fino al decennio degli anni ‘20.
Ritratto di Jackson Pollock
Rompere con la figurazione non significa rompere, però, con la realtà, di cui viene, piuttosto, raccolto il contenuto della sua carica ‘materiale’, alla quale i nuovi artisti che si affacciano alla ribalta della storia intenderanno mantenersi strettamente legati, pur fornendone una delibazione propriamente aniconica che si sostanzia in immagine grazie al contributo decisivo di ciò che può definirsi il ‘gesto d’artista’ che si apre secondo una sua intensità tutta propria, capace di produrre un ‘segno’ creativo che porterà dentro di sé la testimonianza di un impeto ‘espressivo’ al quale non occorre di trovare alcuna corrispondenza di restituzione figurativa della realtà fenomenica.
J. Pollock, n. 8,
Il gesto è il momento realizzativo di una azione creativa, ciò che sarà anche definito come ‘Pittura d’azione’ (Action Painting) proprio per mettere l’accento sullo spessore dell’intervento gestuale che costituisce la vera ed originale dirimente creativa.
Lungo tale prospettiva d’azione creativa si dirige quel gruppetto di artisti americani, a cui proposito sono state suggerite varie definizioni che ne possano identificare l’assetto d’insieme: questa pittura è stata definita, come già detto, ‘Action Painting’, ma anche ‘Scuola di New York’ o come gruppo degli ‘Irascibili’ e, forse, ancora più convincentemente, ‘Espressionismo Astratto’.
R. Motherwell. Opera del 1944 W. De Kooning, Opera del 1959
Di fatto, ciascuna di queste definizioni sviluppa e mette in evidenza un particolare taglio di questa strana compagine di artisti, che di newyorkese ha solo l’ambientazione d’accoglienza, essendo la gran parte di loro di provenienza esterna rispetto alla città.
Giova osservare che molti di loro hanno un pregresso di sensibilità figurativa, che ha saputo incontrare, in qualche occasione (De Kooning, Baziotes) le stesse logiche cubiste o (Pollock) quelle della ‘American Scene’, ma occorre, soprattutto, mettere in evidenza che questi artisti si differenziano profondamente dalle sensibilità propriamente ‘astrattiste’ che influenzavano, invece, i loro contemporanei colleghi francesi – quelli del gruppo dei ‘Jeunes peintres de la tradition française’, in particolare – che provvedevano senz’altro a dar corpo ad una immagine corposamente ‘materica’ (e ciò li mette in consonanza con gli Americani), portando, però, la propria gestualità creativa a farsi di tipo ‘dispositivo’, rendendosi capace, così, di rispondere a quella istanza normativa che la sensibilità ‘astrattivo-geometrica’ imperativamente richiedeva.
Durante, quindi il tempo tra lo scadere del decennio dei ‘30 e l’aprirsi di quello dei ‘40, maturano, di qua e di là dell’Atlantico delle interessantissime sperimentazioni creative che esploderanno, subito dopo la guerra, nelle manifestazioni di quelle varie tendenze, di qua e di là dell’Atlantico, che saranno, in Europa, dell’Informale e del Nucleare e, negli Stati Uniti, dell’Espressionismo Astratto.
W. Baziotes, Natura morta, 1945
Abbiamo osservato che l’Espressionismo Astratto non è una manifestazione univoca e stilisticamente determinata secondo una profilatura normativa di chiara definizione: smetterebbe di farsi ‘espressione’ di un disagio e di una sensibilità, se fosse disciplinarmente orientato, ed ecco, allora che emergono alcuni indirizzi d’abbrivio, come quello della vera e propria pittura d’azione che, con l’opera di Pollock, raggiunge il suo acme con l’invenzione del ‘dripping’, o come quello che mantiene una impermanenza di nostalgia figurativa con le delibazioni di de Kooning e che, infine, si diffonde con vaste stesure di colore nelle straordinarie campiture del ‘Color Field’ di Rothko e di Newman.
Non finiscono qui gli artisti dell’Action Painting; ed occorrerà ricordare almeno i nomi di Arshile Gorky, di Robert Motherwell, di William Baziotes, di Barnett Newman, di Adolf Gottlieb, ricordando che a queste personalità – nel loro insieme, ma anche individualmente – spetta il merito di aver costruito il complesso organico di ciò che, più che. essere una vera e propria ‘scuola’, fu un clima creativo, un’intensissima coscienza dell’ambiente in cui vivevano ed in cui ebbe a maturare una percezione della vita e della storia che seppe farsi segno graffiante ed organico, senza perdere il contatto con la realtà, ma rinunciando a fornire di essa una immagine fedelmente restitutiva del dato.
Dietro questa grande stagione – il momento di affermazione di una genialità propositiva tutta propria dell’arte statunitense – si presentano le figure di alcune personalità di cui è doveroso dare ragione: due critici, Harold Rosenberg (cui si deve l’espressione di ‘Action Painting), e Clement Greenberg, cui aggiungeremo la figura dell’indimenticabile Peggy Guggenheim che intuì le potenzialità – anche commerciali – che potevano dischiudersi dalla proposta creativa che promanava da questa nuova concezione e pratica dell’arte.