Uscito il 25 gennaio del 2008, il film pone l’accento su un dubbio che al giorno d’oggi è diventato tristemente attuale
Era l’anno 2008. L’11 settembre si era verificato da almeno sei anni e mezzo. Si, il periodo in questione, quello che ci interessa, non era il mese di settembre, ma il primo dell’anno appena menzionato. In quel periodo gli Stati Uniti d’America erano impegnati su due terreni di battaglia: in Afghanistan e in Iraq. Alla Casa Bianca c’era George W. Bush, figlio di quel George Bush Sr, il quale anni prima aveva l’opportunità di entrare a Baghdad, durante la prima del Golfo, e che all’improvviso fece marcia indietro.
In quel contesto, scaturito più dal timore di subire attacchi in casa propria che dare un segnale positivo al mondo intero, nei cinema americani, prima, e in tutto il mondo, poi, fece il suo ritorno uno dei personaggi più amati della storia del cinema e di cui, lo scorso ottobre, ve ne abbiamo parlato per l’uscita quarantennale del primo capitolo della saga.
Tornava sul grande schermo, esattamente quasi, venti anni dopo dall’ultimo capitolo di quello che sembrava, fino a quel momento, una trilogia realizzata più per effetto degli incassi dei film precedenti che per un’idea di un progetto proprio come avviene al giorno d’oggi. Un modo dettato più dalla nostalgia che ha cristallizzato, di molto anche, le idee che vengono sviluppate attualmente. Ma di questo ne parleremo più avanti.
Un personaggio che era ed è ancora un’icona emblematica di un certo di tipo di action movie, rappresentante di una sconfitta storica che, negli Stati Uniti d’America, brucia ancora. Quella del Viet – Nam. Stiamo parlando di John Rambo, la perfetta macchina da guerra americana che l’attore Sylvester Stallone decise di far tornare dopo il successo, quasi sorprendente, di ‘Rocky Balboa’, di due anni prima.
In quello che era, di fatto, il quarto capitolo, intitolato ‘John Rambo’ e uscito nei cinema il 25 gennaio del 2008, il reduce del Viet-Nam si era rifugiato in un luogo apparentemente tranquillo per lui o comunque un luogo dove potesse ritrovare un po’ di pace. Eppure, c’è un dettaglio che provoca molta ironia, Stallone pone Rambo in Birmania dove, in quell’epoca, era nel caos per una feroce guerra civile interna e di cui il mondo sembrava non parlarne abbastanza.
Ritiratosi, dunque, a ‘vita privata’ un giorno, Rambo, viene avvicinato da alcuni missionari che lo convincono a risalire il fiume con la sua barca. Gli stessi si vogliono recare in un villaggio nelle vicinanze per portare il loro aiuto alla popolazione del posto. Quando gli abitanti di quel luogo vengono attaccati, Rambo viene contattato nuovamente da un pastore protestante di una chiesa dello Stato del Colorado.
Il motivo è semplice: il villaggio dove si sono recati i missionari è stato attaccato dall’esercito locale. Molte persone sono morte e molte altre sono state fatte prigioniere, compresi i volontari che cercavano di portare conforto e aiuto a quella popolazione. Tra di loro c’è una giovane donna che è riuscita a convincere Rambo ad accompagnarli.
Il secondo viaggio che John Rambo è chiamato a fare lo porta ad accompagnare un gruppo di mercenari, inviati con lo scopo di individuare e, se possibile, salvare il gruppo di missionari religiosi. Almeno ufficialmente è così, ma il vero motivo per cui John Rambo torna in azione è per salvare la donna che, nel profondo del cuore, gli ha ridato la speranza persa molto tempo fa.
Raccontata in questo modo, molto probabilmente, la trama stessa non riesce ad ottenere il valore che merita. Certo, per molti può pacificamente essere inteso come il classico blockbuster senza pretese da vedere e rivedere all’infinito, anche nei giorni di pioggia perché non si può andare da nessuna parte. Potrebbe essere, ma in realtà non lo è. Dopo il primo storico e leggendario capitolo, John Rambo è il secondo miglior film della saga.
Un film in cui, già all’epoca, si poneva l’accento sulla quesitone tra coloro che per fermare delle violenze bisogna fare la scelta più dura e coraggiosa oppure optare ulteriormente anche per un’altra scelta altrettanto coraggiosa me che non eviterebbe di fatto la carneficina.
Una situazione che, da un anno a questa parte, stiamo vivendo con il conflitto in Ucraina. Da un lato c’è chi vorrebbe inviare sempre più armi affinché il popolo attaccato si riesca a difendere; dall’altro c’è chi vuole in contrario: ovvero non inviare nemmeno una munizione in modo da fermare il conflitto. Senza dimenticare anche coloro che invece di inviare le armi, sarebbero per l’intervento diretto rischiando, così, la terza guerra mondiale.
Una situazione che anche Sylvester Stallone tocca ma, certamente, attraverso un altro contesto storico. Il film fu scritto anche e soprattutto per lasciare un messaggio, abbastanza piccato, all’allora Presidente degli Stati Uniti George Bush. Infatti, l’attore hollywoodiano avrebbe voluto dire: si è vero, vai in Afghanistan e vai in Iraq, ma in Birmania? Dunque, potrebbe essere letta come una provocazione.
Una provocazione che sfocia nella riflessione tra coloro che sono per l’intervento e chi no. Sintomatica è anche la frase che Rambo rivolge ad uno dei missionari prima di farsi convincere a portarli al villaggio: “Avete delle armi con voi?”, “Certo che no”, “Allora non cambierete mai nulla”.
Una frase che lascia intendere una risposta senza sé e senza ma, da parte dell’eroe, appunta violenta. Una violenza che viene usata per fermare quella stessa violenza perpetrata contro gente inerme, innocente e che, di fatto non si può difendere. La violenza, dunque, in ‘John Rambo’ ce n’è tanta, anche troppa diremmo noi. Non è, però, fruita per lo spettacolo, se proprio così si può definire.
La violenza viene mostrata per uno scopo ben preciso. Quello, appunto, d’instillare il dubbio se sia veramente il caso, in quella situazione, di aiutare diplomaticamente o innescare la guerra? Un dilemma che nella realtà, ricordiamolo e ripetiamolo, da un anno a questa parte si sta insinuando nelle nostre coscienze.
Il finale del film avrebbe dovuto mettere fine alla saga del reduce del Viet-Nam più famoso della storia del cinema. Quel ritorno a casa che rappresentava, giustamente la fine di un cerchio: con Rambo che ritorna a casa con indosso i panni portati nella scena iniziale del primo film. Purtroppo, e senza giri di parole il quinto ed ultimo capitolo ha rovinato in tutto e per tutto un discorso cinematografico che poteva essere chiuso, e che di fatto era chiuso, in modo impeccabile dopo il terzo film non proprio entusiasmante.