Migliaia di donne, ieri a Washington, hanno marciato per la capitale in occasione dei 50° anniversario della sentenza della Corte Suprema
Ne avevamo parlato lo scorso 28 giugno e 5 luglio 2022. Oggi ci ritorniamo sullo spinoso argomento dell’abrogazione, da parte della Corte Suprema, del diritto all’aborto, il quale, inevitabilmente, scatenò una serie infinite di polemiche. ci ritorniamo dopo che ieri, migliaia di donne, hanno marciato, per le strade di Washington, in favore della libertà di scelta di interrompere la gravidanza.
Nel primo articolo ci soffermammo, doverosamente, sui motivi che avevano portato i giudici alla cancellazione di tale diritto, con le possibili soluzioni all’orizzonte nel tentativo di rimettere le cose a posto.
Oggi, invece, riproponiamo l’articolo in cui ricordammo l’origine della storica sentenza, la quale domenica scorso ha compiuto giusto 50 anni. Parlammo del caso che provocò, in maniera positiva, la pubblicazione della Roe vs Wade il 22 gennaio del 1973, senza dimenticare, però, di approfondire ulteriormente alcuni passaggi, che hanno portato all’annullamento della sentenza, ed eventuali novità sopraggiunte nei giorni scorsi.
Come per la decisione che ha cancellato la storica sentenza, ovvero la Dobbs vs Jackson Women’s Health Organization, anche la Roe vs Wade ha avuto un caso base: quello di Jane Roe. Come abbiamo specificato in precedenza adesso che la Roe vs Wade è stata abrogata, ogni Stato potrà legiferare sulla materia come meglio crede. Anche prima del 1973 era così, quindi gli Stati Uniti d’America hanno compiuto un balzo all’indietro di ben cinquanta lunghi anni. Ma chi era Jane Roe?
Innanzitutto, il nome della donna non è di fatto quello vero. Venne cambiato per motivi di privacy. Era nata nello Stato della Louisiana nel 1947. La sua, purtroppo, non è stata vita facile. La sua adolescenza fu talmente tormentata che all’età di sedici anni si sposò, per sfortuna, con un uomo violento. Con quella persona portò alla luce due bambini e poi sopraggiunse una terza gravidanza.
Da qui inizia tutta un’altra storia e non solo sua, quella personale. Una vicenda che cambierà i destini di una nazione intera. Si, perché Jane Roe, la chiamiamo ancora così, decise di non portare avanti quell’ulteriore gravidanza e venne contattata da alcuni avvocati che l’aiutarono, tra cui l’avvocatessa Sarah Weddington. Mentre l’accusa c’era l’avvocato Henry Menasco Wade, per lo Stato del Texas.
Il caso di Norma McCorvey, nome reale della donna, giunse alla Corte nel 1972. La richiesta che venne fatta ai giudici della Corte Suprema fu quella di riconoscere, in base alla Costituzione Federale, tale diritto anche in assenza di gravi problemi della donna, dello stesso feto e anche casi in cui la manifestazione di volontà della donna, in alcuni casi, poteva venir meno.
Nella Roe Vs Wade, ripetiamo diventata ufficiale il 22 gennaio del 1973, sanciva due principi fondamentali affinché tale diritto trovasse, in tutto e per tutto, una vera e propria tutela.
Il primo principio riguardava il momento in cui il feto era in grado di sopravvivere al di fuori dell’utero materno. Una condizione che si verificava intorno al settimo mese di gravidanza, esattamente intorno alla ventottesima settimana, in alcuni casi anche alla ventiquattresima settimana. In questo senso, non superando il limite imposto dalla sentenza, la donna poteva decidere liberamente di abortire anche con l’ausilio di supporto artificiale.
Il secondo principio era quello relativo ai casi in cui la donna versava in stato di pericolo per problemi di salute, talmente tali, da giustificarlo anche quando il feto era in grado di sopravvivere al di fuori del feto materno. Ma la Roe vs Wade su cosa era fondata. Su quale emendamento fecero affidamento i giudici della Corte Suprema? Su un emendamento che tolse le castagne dal fuoco in più di un’occasione per quanto riguarda il problema razziale: il Quattordicesimo emendamento.
Su questa norma aggiuntiva alla Costituzione americana venne svolta un’interpretazione, non nuova, ma al tempo stesso forzata: ovvero fondata sul diritto alla privacy inteso come libera scelta relativa alla sfera più intima dell’individuo. Quarantanove anni più tardi questa motivazione, purtroppo, non è bastata per garantire, ulteriormente, la difesa di questo diritto.
Se comunque, come specificato già la scorsa settimana, sarebbero due le possibili soluzioni per ripristinare il vigore giuridico della sentenza, sempre nei giorni scorsi lo Stato di New York si mosso in tal senso. Scontrandosi apertamente contro la Corte Suprema: presentando, da parte del Senato dello Stato, un emendamento che introdurrebbe il diritto all’aborto nella propria Costituzione. A quanto pare se la Camera dello stesso Stato si esprimerà a favore in questo a New York tale diritto sarà garantito.