Addio al fuoriclasse brasiliano scomparso a causa di un male incurabile. Aveva 82 anni.
E se n’è andato anche lui. In fondo ce lo aspettavamo da diverso tempo, da quando, proprio durante gli ultimi mondiali di calcio alla fine di novembre, erano iniziate a circolare le notizie relative al peggioramento delle sue condizioni di salute a causa di un tumore al colon, che lo aveva colpito nel 2021. Il numero dieci della nazionale brasiliana, colui che ha vinto ben tre edizioni dei mondiali: 1958, 1962 e 1970; colui il quale ha giocato 1363 partite ufficiali realizzando ben 1281 reti non è più tra noi.
Si, proprio così: Edson Arantes Don Nascimento, detto Pelè, se n’è andato entrando, allo stesso tempo, nella leggenda del calcio. La storia invece, di questo sport, l’aveva fatta durante tutta la sua lunghissima carriera. Dagli anni 50 anni ’70. Dal 1958, quando tutto ebbe inizio, quando il mondo si accorge di lui, al 1977, ovvero l’ultimo anno di attività agonistica con la maglietta dei Cosmos di New York, quella del Santos l’aveva lasciata già da qualche anno.
Nel mezzo? Tutto quello che abbiamo ricordato e oltre, rappresentato da una miriade di magie; per non dire un numero imprecisato di giocate entrate nel mito. Ricordarle tutte è impossibile, citarne qualcuna è doverosa. Quella vincente, per esempio, che ci riguarda da vicino: il colpo di testa con il quale ci trafisse nella finale del primo mondiale messicano del 1970, il gol sfiorato nel match contro l’Uruguay sempre nella stessa edizione della coppa del mondo, all’epoca coppa Rimet, e la leggendaria e spettacolare rovesciata cinematografica nel film diretto da John Huston ‘Fuga per la vittoria’.
Qui sotto l’azione del gol sfiorato contro l’Uruguay. Vi mostriamo le immagini perché le parole non bastano nel tentativo di spiegare cosa stava per realizzare.
Dicevamo delle magie, incastonate nelle riprese televisive in bianco e nero prima e a colori successivamente. In mezzo a queste giocate, in mezzo a tutti questi gol realizzati ci sono un’infinita di aneddoti veri, o presunti tali diventati, come spesso succede, leggende. Una su tutte: si dice che una volta avrebbe realizzato lo stesso gol di Maradona, quello fatto contro l’Inghilterra per intenderci, ma avendo il pallone incollato sulla testa e non sul piede.
Questa azione è stata solamente tramandata nel corso dei decenni, visto che in quel periodo la televisione non era come quella di oggi. Ancora: quella in cui riporta l’interruzione della partita dopo la realizzazione del millesimo gol, avvenuto dopo la trasformazione di un rigore. Questa volta il tutto è comprovato dalle telecamere. Aneddoti, dunque, che si susseguono, come quelle che cercano anche di determinare in modo preciso, quasi, l’inizio della leggenda.
Il tutto si farebbe risalire al famoso ‘Maracanzo’, ovvero la sconfitta del Brasile, in casa, nella Coppa del Rimet del 1950 ad opera dell’Uruguay di Juan Alberto Schiaffino. Pelè, vedendo suo padre piangere, gli sussurrò all’orecchio che quella coppa l’avrebbe vinta, consa che fece otto anni più tardi, all’età di quasi diciotto, in Svezia, nel mondiale del 1958, timbrando il cartellino dei marcatori per due volte. Il resto è storia, il resto è leggenda, il resto è calcio, come quello di Maradona.
Con la morte di Pelè, oltre a porre fine a quel calcio romantico dal quale ci allontaniamo sempre di più, decade per sempre l’annosa, prima, decennale, poi diatriba o per meglio dire confronto tra chi, tra l’asso brasiliano e quello argentino, fosse stato il migliore. Adesso questo confronto non vale più, sarebbe irrispettoso proprio nei confronti dei due più grandi della storia di questo sport.
A dare la notizia della sua scomparsa ci hanno pensato le sue figlie e le sue nipotine composto da queste parole: ‘Tutto ciò che siamo, è grazie a te. Ti amiamo infinitamente. Riposa in pace’. Noi possiamo dire: tutto ciò che il calcio è, lo è grazie a Pelè, soprannominato O’Rey. In Brasile ci saranno ben sette giorni di lutto nazionale e la camera ardente sarà organizzata nello stadio del Santos.
Ci piace chiudere con questo pensiero, scontato, ma logico e prodromico di una malinconia che pervade a tutti coloro che seguono il calcio: di sicuro Pelè, adesso, starà giocando insieme a Garrincha, Socrates, Nilton Santos, Cruijff, Di Stefano, Eusebio, Maradona e tanti, tantissimi altri campioni e fuoriclasse che nel tempo ci hanno lasciato nel corso del tempo. CIAO PELE’