Seguito di ‘Regalo di Natale’, narra la rivalsa del protagonista magistralmente interpretato da Diego Abatantuono
Le partite a carte, motivo di aggregazione e di incontro, essendo tradizionalmente associate al periodo natalizio sono, spesso, legate a particolari ricordi. Il regista Pupi Avati, con i due film Regalo di Natale e La rivincita di Natale, si pone su questa strada.
La rivincita di Natale riprende, dopo circa 20 anni, le vicende di Franco Mattioli (magistralmente interpretato da Diego Abatantuono) la cui vita era stata, al termine di Regalo di Natale, segnata in modo amaro.
Il sequel mostra come, nel corso del tempo, il protagonista abbia ripreso vigore e sia riuscito a superare le avversità economiche e personali che lo avevano colpito.
Nello scorrere della storia risalta la figura di Diego Abatantuono che si adatta perfettamente al ruolo del protagonista: la sua ironia stempera in modo estremamente efficace il cinismo di alcuni momenti della narrazione.
Una partita a poker, condita da un ampio antefatto che spiega e chiarisce la storia e l’indole dei personaggi che si notano sulla scena, risulta quasi metafora di un percorso di vita: entrambi i film si muovono, infatti, su di un binario che incrocia amicizia, amore, tradimento, sconfitta e per l’appunto rivincita.
La trama è articolata, incentrata sull’inganno che subisce nel primo film Franco Mattioli; nel secondo dimostrerà, al contrario, di aver fatto tesoro di quanto accaduto in precedenza agendo in modo spregiudicato sul filo della simulazione e della dissimulazione. Solo nel corso della mano finale si comprenderà il “gioco” portato avanti da ognuno dei partecipanti.
E’ all’ultima mano, con il suo carico di stress e di emozioni, che amici ed avversari rivelano il loro volto reale: Mattioli / Abatantuono, questa volta privo dell’ingenuità mostrata in precedenza, con un sorprendente poker d’assi calato sul tavolo verde e su un piatto ricchissimo annichilisce chi sperava di vederlo nuovamente sconfitto.
Probabilmente, tuttavia, il fascino e la particolarità del film risiedono non tanto nella trama, comunque ricca di spessore narrativo, quanto nel continuo affresco di personaggi, emozioni, stati d’animo attuali e passati, cosa per la quale Pupi Avati è maestro.
Il ventaglio umano rappresentato è ampio e ricco di sfumature, nulla è definito o come sembra: amici e nemici si confondono e si mescolano in un gioco di luci e ombre senza rivelare, per gran parte della narrazione, la loro vera indole e i loro veri intendimenti.
Probabilmente solo l’esperienza acquisita nel corso degli anni, con il suo carico di delusioni ma anche con la coscienza della propria forza maturata grazie alla capacità di rimettersi in piedi, permetterà al protagonista di districarsi in una partita a poker intesa come metafora di qualcosa di più ampio.
Le vicende che costituiscono l’antefatto del gioco fanno, infatti, parte integrante di una partita che dura da quasi 20 anni, una partita che ha inciso profondamente nella vita di Franco Mattioli, coinvolgendo i suoi affetti e le sue emozioni più profonde.
Lungi dal farsi prendere dallo sconforto e non facendosi travolgere dagli eventi riesce con freddezza e lucidità a destreggiarsi fra i colpi che riceve calando all’ultima mano un poker d’assi che coglie totalmente di sorpresa chi, contando sull’ ingenuità mostrata in precedenza, sperava di vederlo cadere una seconda volta.