Romanzo del 2018 scritto dall’autore e giornalista Renato Romano
Quanti di voi, in gioventù, siete stati costretti a subite una ‘naja’ che non volevate? Una domanda che al giorno d’oggi non avrebbe neanche più motivo di essere non tanto posta, semmai riproposta. Una naja, termine con il quale si faceva riferimento al servizio militare obbligatorio, che quando giungeva il momento metteva a repentaglio i propri affetti, perché ci portava lontano da essi, e, anche, i progetti di vita a cui ognuno di noi era speranzoso di realizzare, per sentirsi nella propria dimensione durante il proprio percorso esistenziale. È questa l’essenza della trama di un particolare romanzo uscito nel 2018 dal titolo: La naja che non volevo.
“Parla di un ragazzo, un semplice ragazzo del salernitano, che si chiama Agostino. Lui è un musicista, per la precisione un bassista. Fondatore di una sua band con la quale provava i primi passi nei vari locali del salernitano e Agostino, però, non vuole fare il servizio militare. Perché all’epoca negli anni ’80 la leva militare era obbligatoria. Non voleva farlo per due semplici ragioni. La prima: non voleva abbandonare i suoi affetti, rappresentati dalla sua famiglia e da una ragazza alla quale lui né sentimentalmente legato. Ed era perdutamente innamorato di questa ragazza, il suo nome era Maria Noè. Secondo motivo non voleva abbandonare la sua passione per la musica. Tentò un escamotage che fallì e alla fine fu costretto a partire”.
A parlarci del romanzo è lo stesso autore, Renato Romano, la cui professione, per lunghi ventisei anni, è stata quella di giornalista. Cordialmente si è concesso alle nostre domande, che gli abbiamo posto telefonicamente, e con molto piacere ci ha raccontato non solo da dove ha tratto ispirazione per lo sviluppo di questo libro, ma soprattutto ci ha anche anticipato la lavorazione di una sua nuova opera letteraria.
Andando, però, con ordine è naturale chiedergli come gli è venuta l’idea di sviluppare questa storia particolare e che ci riporta indietro di ben quaranta anni. Ovvero negli indimenticabili e magici anni 80.
“L’idea di questo romanzo è che volevo scrivere una storia molto semplice, che raccontasse anche un pochettino gli anni ’80, uno spaccato di quel decennio, e che in quell’epoca il servizio militare era ancora obbligatorio e volevo raccontarli sia dal punto di vista musicale e che dal punto di vista sociale. Così è nato nella mia mente questo ragazzo del salernitano”.
Una trama che si potrebbe definire, come capita spesso in questi casi, tranquillamente autobiografica. Questo dettaglio viene confermato dalla sua risposta, breve ma molto chiara: “Diciamo che c’è qualcosa di mio, ma molto poco. Però qualcosa di mio c’è, poi tutto il resto è stato romanzato, è di mia immaginazione”.
Durante l’intervista scopriamo che questo suo libro, in verità pubblicato nel 2018, rappresenta, in realtà, il suo esordio letterario. Attenzione però, esordio nel campo della narrativa. Il suo vero esordio avvenne esattamente nel 1982, con la casa editrice La Ginestra, ma nel campo della poesia attraverso una prima raccolta dal titolo ‘Lucia’. Seguita molti anni più tardi da una seconda e che raggruppavano quelle scritte tra gli anni che vanno dal 1990 al 2004, dal titolo ‘Prigioniero ad Auschwitz: poesie 1990-2004’.
Quindi ‘La naja che non volevo’, nella sua essenza, rappresenta un duplice percorso di formazione: non solo per ciò che viene raccontato e che riguarda il personaggio principale, ma anche per lo stesso autore che ci risponde così in merito a questo suo primo lavoro letterario di narrativa:
“Diciamo che la storia riporta il lettore in un passato recente, dove è descritta la vita di un giovane in un’epoca in cui la leva era ancora obbligatoria si trova, inevitabilmente, a vivere questa esperienza. E da questa sua esperienza, che all’inizio aveva ovviamente fatto di tutto per evitarla, lui ne esce un uomo più maturo e anche musicista. Diciamo che, da come è stato definito da molti critici, è un romanzo di formazione”.
Poi continuando: “E’ un romanzo di formazione perché possiamo assistere ad un percorso di questo ragazzo si racconta il suo servizio militare e anche una sua passione per la musica, quindi. E in questo romanzo si parla anche di musica, della famosissima corrente musicale della ‘Napolitan power’ che è uscita negli anni ’70 e portata avanti dal grande Pino Daniele e musicisti come Tony Esposito. E lui quando muoveva i primi passi dal punto di vista musicale sognava di diventare come questi gradi nomi o almeno di poter arrivare alla pari”.
Nel toccare l’argomento musicisti napoletani lo fermiamo doverosamente. Come anticipato in precedenza, Renato Romano, per 26 lunghi anni è stato un giornalista che ha scritto dalla cronaca alla politica, specialmente raccontata, e dal mondo dello spettacolo.
In particolare, quello musicale rappresentato, però e in modo particolare, da coloro che hanno fatto conoscere la musica napoletana oltre i confini della città e non solo. Un nome su tutti Roberto Murolo e poi, a seguire, Sergio Bruni, Aurelio Fierro e Nunzio Gallo. Tutti grandi personaggi che ha avuto la fortuna d’intervistare.
In conclusione, gli chiediamo del nuovo romanzo a cui sta lavorando e ci risponde così:
“Io sto lavorando ad un nuovo romanzo che sarà un noir intrigante e misterioso, con degli aspetti di un giallo. Volevo anche anticipare che ‘La Naja che non volevo’, prossimamente, uscirà anche in versione audiolibro su Audible”. Un’uscita che dovrebbe avvenire in questi ultimi giorni del 2022 e l’inizio del 2023.