Il giorno in cui Cristoforo Colombo scoprì una nuova terra convinto di aver raggiunto le Indie

Era il 12 ottobre del 1492. Chi non conosce questa data? Impossibile affermare il contrario. Un giorno che ha tracciato una linea indelebile nel corso della storia, sancendo la fine di quello che un tempo era riconosciuto come Medioevo. Era il giorno in cui Cristoforo Colombo, navigatore genovese, scoprì una nuova terra, convinto di aver raggiunto le Indie, circumnavigando il continente africano. Quegli stessi territori esplorati in un secondo momento avrebbero avuto il nome in onore a chi le attraversò in lungo in largo; un altro italiano di nome Amerigo Vespucci.

L’evento storico in questione è la scoperta dell’America, oggi ribattezzata colonizzazione della medesima. In fondo con questa nuova terminologia si tende, nuovamente, a riscrivere un fatto storico che per molti era chiaro fina da subito. È naturale che quando gli Europei giunsero nelle nuove terre non è che fecero solo del bene. Per loro, certo, divenne quella che poi è stata sempre riconosciuta come la cosiddetta ‘Terra promessa’. Per i popoli autoctoni, invece, quella stessa terra si trasformò in un incubo ad occhi aperti, visto che casa loro venne stravolta in maniera irreversibile.

Oggi, dunque, si festeggia il Columbus Day, il giorno dedicato a quello che era ritenuto come l’eroe che aveva trovato, anche se per fortuna, il ‘Nuovo Mondo’. Oggi Colombo, e la sua stessa eredità storica, è stata messa alla berlina per una rivisitazione da parte di alcuni gruppi estremisti ideologizzati, ma anche degli eredi dei popoli autoctoni che subirono l’arrivo degli stessi europei.

Da diversi decenni lo stesso Columbus Day è diventato oltremodo controverso proprio per quanto accade a partire da quel 12 ottobre di cinquecento trentatré anni orsono.

Joe Biden, il Presidente degli Stati Uniti, nei giorni scorsi, esattamente come riportato da ‘Repubblica’ online dell’8 ottobre, ha sancito, come ulteriore festa federale, ‘L’indigenous People’s Day’; la cui celebrazione si è tenuta ieri.

Tale decisione per non suscitare malumore nella comunità italoamericana? Non solo, anche se la stessa ha reagito molto freddamente alla decisione del Commander in Chief. La data dell’11 ottobre è altrettanto evocativa del fatto che il giorno prima della scoperta Colombo avvistò i nuovi territori.

Il punto, però, è un altro ed è, allo stesso tempo, molto complesso da analizzare in maniera asettica e fra le righe di un solo articolo. Partendo dal presupposto che ognuno di noi ha una propria prospettiva sulla vicenda, intesa non come semplice conoscenza dei fatti, ma bensì come mera convinzione inconscia di come si sarebbero svolti i fatti, appare estrema, ulteriormente, la decisione di riscrivere la storia quando, purtroppo, era già sotto gli occhi di tutti già da prima.

Molto probabilmente quando si affronta tale argomento lo si fa anche da una prospettiva sbagliata. Infatti, la maggior parte delle volte si sente dire queste parole: gli americani hanno ammazzato gli indiani. Frase, vera, ma gli indiani iniziarono ad essere attaccati quando gli stessi Stati Uniti d’America non erano nemmeno nati ufficialmente ed erano, ancora, una colonia inglese.

Furono gli europei, anzi fummo noi europei, che entrando in quelle terre, forse sentendosi anche minacciati dalle persone autoctone, e viceversa, finirono per commettere episodi molto, ma molto deplorevoli.

Affermare, però, che Colombo non debba più meritare il giusto posto nella storia è altrettanto sbagliato, come lo è stato abbattere la sua statua come anche quella di altri personaggi che, nel bene o nel male, hanno rappresentato la storia degli Stati Uniti d’America; perché la storia non si cancella, non si riscrive, la si apprende per comprendere al meglio gli errori commessi.

Certo, se nel corso dei decenni le minoranze hanno dovuto lottare, e non poco, per far valere i propri diritti non ha giovato all’immagine della nazione medesima. Paradossalmente, però, le stesse minoranze se alla fine sono riuscite a far ascoltare la loro voce e ottenere anche qualche conquista significativa, è perché proprio in quella terra, nata tra mille contraddizioni, è stata instaurata una democrazia con dei valori di libertà voluti dagli stessi padri fondatori e attraverso cui gli stessi ‘oppressi’ hanno potuto parlare, scontrandosi comunque con una mentalità ottusa di una parte del paese.

Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, nel suo discorso d’insediamento, pronunciò una frase inequivocabile: peccato originale, che rappresenta ancora una grossa ferita che per rimarginarsi ci vorranno, forse, vari decenni. Ma al tempo stesso la soluzione adottata dal Presidente non deve essere vista come una mancanza di rispetto nei confronti degli italo-americani, che tanto hanno dato all’America.

Semmai la scelta deve essere intravista nel tentativo di unire le due anime di una nazione attualmente ancor divisa da diversi ordini di ragioni, riconoscendo oltremodo anche l’apporto dato da ogni singola comunità per la nascita degli Stati Uniti d’America.

E di questo 12 ottobre cosa si può dire? Parlare della conquista dell’America suonerebbe stonato e forse anche parlare di colonizzazione. Semmai, con molta umiltà, permetteteci di usare un altro termine, che è quasi simile al primo, ma che rende comunque il senso: la riscoperta dell’America. Perché riscoprire un fatto storico, senza ideologie di sorta, può aiutare a comprendere meglio tutte le sfaccettature di un evento: sia in positivo che in negativo.

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