Fantascienza” deriva da “science-fiction”, termine inglese che vuol dire “finzione scientifica” e che compare la prima volta nel 1926 in una rivista americana specializzata appunto in racconti di fantascienza.
La nascita della fantascienza nel Novecento è, senza dubbio, una conseguenza delle scoperte e delle invenzioni tecnologiche che in questo secolo hanno avuto larga diffusione, portando profondi cambiamenti in ogni aspetto della vita. Proprio nel Ventesimo secolo, infatti scrivono le opere i maggiori autori di questo genere, tra cui
Isaac Asimov, Ray Bradbury e Frederich Brown.
Questo genere letterario era già presente nell’Ottocento. Infatti, si collocano le opere
dei due cosiddetti “padri della fantascienza:” il francese Jules Verne e l’inglese Herbert George Wells. Verne dei suoi romanzi descrive imprese straordinarie in cui compaiono figure di scienziati, esploratori, inventori; ipotizza addirittura, incredibile per quei tempi viaggi nello spazio (Dalla terra alla luna) o negli abissi marini (Ventimila leghe sotto ai mari) oppure nelle viscere della Terra (Viaggio al centro della terra). Wells si spinge ancora oltre con la fantasia fino ad immaginare scontri tra la terra ed altri pianeti.
Famoso è il suo romanzo La guerra dei mondi in cui si narra dell’attacco dei marziani
contro la Terra. Alcuni, però, ritengono che le origini del genere fantascientifico siano
molto più antiche. Nel II secolo d. C., ad esempio, lo scrittore greco Luciano di Samosata in una sua opera intitolata Dalla Terra alla Luna, scriveva di un viaggio sulla Luna e di una guerra tra i seleniti, suoi abitanti, e gli elioti, abitanti del sole. Il desiderio di immaginare nuovi mondi e “sognare nuove tecnologie non è dunque prerogativa esclusiva del mondo contemporaneo.”
Jules Verne pubblica nel 1870 il romanzo Ventimila leghe sotto ai mari, dove si raccontano le avventure del capitano Nemo a bordo del suo sottomarino Nautilus e
dei suoi “prigionieri”: Pierre Aronnax, celebre naturalista del Museo di Storia Naturale di Parigi famoso per aver pubblicato un’opera sulla vita sottomarina, il suo fedele cameriere Conseil e Ned Land, un fiociniere canadese.
I tre prendono parte ad una spedizione, sulla nave Abraham Lincoln, incaricata di liberare definitivamente i mari da un mostro marino che affondava tutte le navi che incontrava sul suo percorso, dopo molti mesi di ricerca infruttuosa, finalmente vi è l’incontro con il mostro nelle acque del Giappone. Durante lo scontro con il “mostro”, Aronnax, Conseil e Ned Land finiscono in mare, dove vengono salvati dall’equipaggio del Nautilus, in questo modo scoprono che il mostro altro non è che un sottomarino.
La narrazione avviene in prima persona, sotto forma di relazione che il professore Aronnax fa del suo soggiorno a bordo del Nautilus, incuriosito come Conseil, dal sottomarino, ma specialmente dal suo capitano Nemo.
Jules Verne con questa coppia ripropone un rapporto di maestro e alunno che si ritrova anche in altri suoi libri, dove il più anziano insegna al più giovane e “sfortunato,” e lo aiuta a crescere. Si pensi al Viaggio al centro della terra, nel quale il professore colto e curioso ed il nipote timido ed ingenuo riproducono la relazione educativa e, al tempo stesso, attuano nel viaggio, e suo tramite, un percorso di vera e propria formazione interiore.
Invece, Ned Land, a differenza dei francesi, non è molto interessato alle scoperte scientifiche, di cui verremo a conoscenza nel libro, è interessato solo a lasciare il sottomarino per tornare sulla terra ferma. Capitan Nemo fa visitare e conoscere al professore Aronnax il suo Nautilus, così si viene a conoscenza che: Nautilus è composto di due scafi l’uno interno, l’altro esterno, uniti tra loro da ferri a T che danno un’estrema rigidità. Grazie alla disposizione cellulare resiste infatti come un blocco, come se fosse pieno. Il fasciame
non può cedere: aderisce da sé stesso, non per la stretta dei rivetti, e l’omogeneità della costruzione dovuta alla perfetta concordanza dei materiali permette al Nautilus
di sfidare i mari più violenti. Ma cosa ancora più sorprendente, è che il sottomarino si
muove grazie all’elettricità che permette di fare ogni cosa a bordo, questa è una delle
tante caratteristiche che sbalordiscono il lettore.
Altra caratteristica che stupisce il lettore e il narratore: Nemo ha deciso, insieme al suo equipaggio, di tagliare i ponti con l’umanità e di vivere nel Nautilus; infatti, il sottomarino è ammobiliato riccamente e vengono svolte tutte le mansioni come se ci si trovasse in una normalissima casa.
Anche se il capitano ha preso le distanze dal mondo, non rinuncia alle ricchezze di quest’ultimo, infatti nella sua biblioteca troviamo quadri di Raffaello, Murillo, Ribera, Tiziano ed altri fino ai più moderni come Delacroix, Ingres, Decamps e altri, ma tenendo sempre a precisare che sono solo “ultimi ricordi di una terra che per me è morta”.
Il protagonista Nemo muto, solitario, enigmatico, costruttore di una macchina straordinaria, capace di scoperte, ma anche di morte, è il personaggio che meglio ci evidenzia il Verne riflessivo, turbato davanti allo sviluppo scientifico e tecnologico. Nemo parla di fisica e di meccanica, ma si commuove davanti all’affondamento del vascello da lui stesso provocato.
Il protagonista è mosso dall’odio verso l’umanità da cui fugge ed è inseguito, osa tutto, riesce in tutto: diventa il “simbolo della scienza onnipotente, sia nel bene che nel male”. Ed è infatti il Nautilus, il mostro subacqueo d’acciaio, che ricorda Moby Dick, la balena bianca, simbolo del male, ma è ancora più terribile di essa, perché è diventato un’arma scientifica, è manovrato dalla perizia e dalla volontà dell’uomo con scopi non sempre benevoli.
Col suo splendore di perle e lingotti d’oro, raccolti dalla profondità dell’abisso, il Nautilus “ha lo sfarzo gelido di una tomba”, anche se pulsando avanza sempre: ora immerso nel mare libero, ora in azione come cuneo perforante che attraversa i ghiacci
polari, infatti una delle “folli idee” di Nemo è quella di arrivare al polo, impresa che avrà buon esito, anche se inizialmente, resteranno bloccati sotto la stessa superficie della banchina, un’idea che porterà quasi alla morte di tutto l’equipaggio, per dimostrare la potenza e l’invincibilità del sottomarino. Nemo credendosi insuperabile
distrugge ciò che ha di più sacro: l’anima, e sfida la potenza e la misericordia di Dio.
Infatti, egli stesso proclama: “Io sono il diritto, io sono la giustizia, io sono l’oppresso ed ecco l’oppressore.” Ma prima della sua fine aiuterà i naufraghi de L’isola misteriosa, seguito di Ventimila leghe sotto ai mari, a far ritorno in patria; in questo modo possiamo vedere la scienza al servizio del bene.
I tre prigionieri sul Nautilus riusciranno a salvarsi, in quanto il sottomarino viene improvvisamente risucchiato dal terribile gorgo del Maelstr, vicino al ӧ le coste della Norvegia. Scaraventati fuori dalla nave, i tre fuggitivi a causa della furia del mare, perdono conoscenza e si risvegliano sani e salvi, nella capanna di un pescatore in una delle isole di Lofoten, in attesa di poter far ritorno in Francia. Lo stesso Verne ha chiamato i suoi libri “romanzi scientifici,” un misto dunque di realtà e finzione, cioè di principi veri della scienza e di immaginarie applicazioni.
Lo scrittore non lavora su progetti impossibili, nel romanzo degli abissi marini, indicando l’elettricità, per far muovere il sottomarino di Nemo, utilizza gli studi di scienziati come Zédé.
Verne ha il merito di aver celebrato le meraviglie del progresso scientifico, la sua capacità espressiva è sobria non si abbandona mai all’elencazione, ogni sua informazione scientifica è fusa con il piacere del racconto, con lo stupore commosso davanti alle possibilità dell’intelligenza umana.