Nel girone C, dunque, sembrava già tutto scritto. Brasile, la miglior squadra fino a quel momento del torneo, l’Argentina, Campione del mondo uscente, si sarebbero scontrati per il passaggio del turno. La nostra Italia? Veniva vista come una semplice formalità. In fondo aveva pareggiato le tre partite del suo gruppo e le avversarie non erano neanche tanto quotate. Quindi i ragazzi di Enzo Bearzot avrebbero dovuto essere le vittime sacrificali per le due superpotenze sudamericane.
Il primo match che aprì il girone fu contro Maradona. Un bruttissimo cliente. La seconda gara sarebbe stata tra gli argentini e i brasiliani per cercare il passaggio in semifinale. Per molti era già tutto scritto, per molti il Brasile molto probabilmente sarebbe andato avanti vincendo, poi, quel torneo. Non fu così. perché in quel 29 giugno del 1982 accadde qualcosa che nessuno si sarebbe mai aspettato, neanche dalla stampa nostrana che, fino a quel momento, aveva preso di mira tutti i giocatori azzurri per i motivi che ben conosciamo.
Di Maradona, avevamo detto. Brutto cliente. Come lo fu Claudio Gentile per l’asso argentino. Il numero 6 italiano non si limitava a spintonarlo. No, usò il pugno di ferro contro colui che anni dopo conquistò da solo un mondiale di calcio e portò a grandi successi una squadra che fino ad allora non aveva vinto nulla, ovvero il Napoli.
La nazionale che prima di allora aveva pareggiato con tre squadre tecnicamente inferiori rispetto a lei entrò in campo trasformata. Più compatta, più sicura, più pronta, più guizzante, per non dire anche più reattiva. Gli italiani se la giocarono alla pari contro gli argentini e Tardelli e Cabrini firmarono il tabellino dei marcatori. Maradona colpì una super traversa durante un calcio piazzato ma poco nulla. Il primo miracolo si era compiuto.
Il secondo fu quello che si materializzò il giorno 5 luglio del 1982, definita anche la tragedia del Sarrià. In quattro partite Paolo Rossi aveva dato prova peggiore del proprio repertorio di attaccante. Eppure, contro l’Argentina qualcosa in lui stava cambiando. Non segnò contro i campioni in carica ma contro i verdeoro si superò entrando di diritto nella storia del calcio, nostro, e mondiale. Entrò di diritto nella leggenda.
Che il Brasile fosse la squadra più forte del pianeta lo si era già capito durante le prime partite. Non c’è nemmeno bisogno della conferma contro l’Argentina, visto che quest’ultima venne addirittura travolta dagli assi brasiliani. Ma in quel cinque luglio non ce n’era per nessuno.
Socrates e Falcao, con due splendide reti, cercarono di acciuffare il pari che gli avrebbe consentito di passare in semifinale. Paolo Rossi, quel giorno, era davvero incontenibile: tre reti. La prima intesa come senso del gol; il secondo di furbizia e il terzo di opportunismo.
A quel punto l’unico ostacolo per approdare alla finale del 11 luglio era rappresentata dalla Polonia di Zibi Boniek. Neanche lui ed i suoi compagni di squadra poterono qualcosa contro Paolo Rossi. Dopo la sorprendente tripletta contro i ‘verdeoro’ ‘Pablito’, ribattezzato in questa maniera, non era sazio. Una doppietta, tra il primo ed il secondo tempo, annichilì ogni speranza dei polacchi di arrivare in finale. Sembrava che le ultime due partite più che Italia – Brasile e Italia – Polonia le partite di potevano chiaramente indicare come Paolo Rossi vs Brasile e Paolo Rossi vs Polonia.
Tutti quanti, a questo punto, si attesero un Pablito spumeggiante anche in finale, nella finale di Madrid in quell’11 luglio del 1982. Tutta la nazione era in attesa di qualcosa di epico. Non solo della vittoria degli azzurri, ma magari di un’altra doppietta o perché no di un’altra leggendaria tripletta di Paolo Rossi. Il Presidente della Repubblica più amato dagli italiani non volle perdersi lo spettacolo che gli azzurri offrirono contro gli avversari: la Germani Ovest.
Una squadra tosta quella tedesca. Una squadra che, come lo stesso Brasile, avrebbe meritato la vittoria finale. Soprattutto perché nella semifinale si ritrovò davanti un’altra grande pretendente alla vittoria finale: la Francia di Michel Platini. Quella partita non fu una semplice gara: fu un una guerra.