Da dove si inizia a parlare di Elvis Presley? Bella domanda. Dalle sue canzoni? Dalla sua vita o direttamente dalla sua scomparsa? Una morte avvolta nel mistero ancora per molti; un mistero che aleggia sempre ogni volta che ricorre il giorno 16 agosto. In quel lontano 1977 il 16 dell’ottavo mese dell’anno cadde di martedì e nulla, nel mondo della musica, sarebbe stato più come prima. Il rock, e non solo quel genere, aveva perso per sempre il suo intoccabile sovrano dal ciuffo ribelle, dalla voce inconfondibile e dalle movenze ritenute, per i tempi, addirittura troppo osé.
Sono trascorsi 45 lunghi anni da quel giorno e alcuni non si sono mai arresi all’evidenza che quel ragazzo del Mississippi, che aveva incendiato le folle con la sua musica ritenuta indiavolata, si era lasciato andare per diversi motivi che noi, per rispetto stesso dell’uomo che fu, non andiamo ad indagare se non in maniera superficiale.
Ci sarebbero tante date da ricordare, tante canzoni e tanti concerti. In un’unica espressione: tanti momenti irripetibili e impossibili da riassumere in un unico articolo.
Se la sua storia terrena inizia l’8 gennaio del 1935 nella piccola cittadina di Tupelo, nello Stato del Mississippi, in cui secondo le cronache del tempo sopravvisse a suo fratello gemello, Jessie Garon Presley, l’incontro con il pubblico americano, in via ufficiale, avvenne il 5 luglio del 1954, due anni prima della data ufficiale in cui la sua carriera prese il via.
In quel caldo giorno estivo, per le radio, passò una canzone che entrò nella storia. Era una cover e all’epoca era quasi usanza che i giovani talenti, per ‘svezzarli musicalmente’, sceglievano una canzone loro preferita. Il brano ripreso era, a sua volta, un successo appartenente al rythm and blues pubblicato il 6 maggio del 1946 e scritto ed intonato da Arthur Crudrup: ‘That’s all right Mama’.
Fu un successo travolgente per il giovane Elvis. Un successo nato per caso visto che l’anno prima, per guadagnarsi qualcosa, svolgeva l’umile lavoro di camionista. Nacque per caso perché il futuro Re del Rock aveva scoperto che alla Sun Records, sua prima casa discografica, aveva messo un annuncio in cui permetteva a chiunque di proporsi come nuovo talento registrando una propria canzone ad una cifra irrisoria: solamente 4 dollari.
Come si potrebbe pensare però la prima hit registrata di Elvis, in via ufficiale, non fu però la cover di Crudrup, considerato da molti il padre del Rock, ma una vecchia ballata country dedicata alla madre a cui era molto legato: ‘My Happiness’. Sam Philips, imprenditore e fondatore della già menzionata casa discografica, rimase folgorato dalle qualità del giovane cantante e decise di puntare su di lui.
Bisogna fare una precisazione. Se tutto è avvolto da un giusto alone di leggenda, l’inizio della carriera di Presley è comunque riconducibile, ufficialmente al giorno 5 luglio del 1954. Le cronache di quei tempi raccontano che al cospetto di Philips si presentò un timido ragazzo con la chitarra e che iniziò ad intonare la hit di Crudrup. Questa versione è in parte ‘romanzata’, proprio per il fatto che la prima vera registrazione che il futuro Re del Rock fece risaliva all’anno precedente.
Leggenda che comunque non può essere dimenticata anche su ‘That’s all right Mama’: quando la canzone passò per le radio si disse, in quel momento, che ad ascoltarla c’era anche un anonimo operario afroamericano nella città di Gary, nello Stato dell’Indiana. Il suo nome era Joe Jackson e Joe, anni prima, aveva provato a sfondare nel mondo della musica ma senza successo. Sentendo quelle note, sentendo quel ritmo e soprattutto sentendo quella voce si diede coraggio promettendosi che la musica sarebbe dovuta rientrare nella sua vita.
Questa sua voglia di rimettersi in gioco fu determinata da una convinzione errata: la voce di Elvis Presley era talmente particolare che tutti, in quel preciso momento, lo scambiarono per un nero. Infatti lui era un bianco con la voce da nero. L’operaio Joe, quattro anni più tardi, divenne padre di un altro futuro sovrano della musica: Micheal Jackson, il Re del Pop. Ma questa è un’altra storia.
Con la cover di Cudrup nulla fu più come prima nel mondo delle sette note. Con Elvis la barriera tra la musica bianca e quella nera venne abbattuta definitivamente. Si scoprì, poi, che da ragazzino, Elvis, non si creava tanti problemi ad andare ad ascoltare artisti neri proprio nei loro quartieri della città. Non solo, essendo nato a Tupelo, la sua casa natia era situata molto vicino ad una zona riservata agli afroamericani.
Come in tutte le storie leggendarie anche quella di Elvis inizia nella povertà. La madre, Gladys ‘Love’ Presley, faceva lavori precari. Ciò valeva anche per il padre, Vernon, che a Tupelo svolgeva lavoretti saltuari e nel settembre del 1948 decise, con la famiglia, di andare a vivere a Memphis per trovare qualcosa di meglio.
Trascorsero diversi anni ancora e di voglia di studiare il giovane Presley non è che ne mostrava tanto; anzi quasi nulla. Ma la musica era sempre presente. La udiva per radio e nella chiesa che i suoi frequentavano: la Chiesa Evangelica delle Assemblee di Dio. Prima del trasferimento, esattamente due anni prima, Elvis Presley ricevette in regalo una chitarra, dalla quale non si staccò mai più. Tre anni dopo quel dono, Elvis incominciò a fare le prime apparizioni durante le feste e fiere. In una di esse si piazzò addirittura secondo. La notizia non è tanto questa, quanto il fatto che si piazzò alle spalle di un tipo di cui le cronache non riportano nemmeno il nome, perdonateci l’ironia.
Ritornando alla sua prima pubblicazione di quel 5 luglio del 1954, Sam Philips non gli fece solamente registrare la canzone di Crudrup, ma anche ‘Blue moon of Kentucky’.