Iniziamo subito nel dire che i tre classici aggettivi che aprono una qualsiasi recensione, positiva o negativa che sia, non bastano in questa determinata occasione; ciò non significa che non riuscirebbero nella loro essenziale funzione di definire, in maniera completa e concisa, ciò che in realtà si vuole asserire. Anticipando oltremodo gli elementi oggetto dell’analisi sviluppata nei confronti dell’opera cinematografica in questione.
Ma il termine opera cinematografica, molto spesso, è sempre stato usato per film di alto spessore culturale, mai e poi mai per un film comico. Di quella comicità ritenuta dai più, un tempo, come volgarotta, sempliciotta e di mero intrattenimento. Che ‘Vieni avanti cretino’ fosse d’intrattenimento ormai lo sanno anche le nuove generazioni di giovani che, il 7 aprile del 1982, non erano neanche un pensiero lontano dei loro futuri genitori.
Solo nel nuovo millennio, grazie all’intuito e forse anche all’apertura mentale del regista statunitense Quentin Tarantino, Lino Banfi ha potuto godere di una rivalutazione delle sue, appunto, opere cinematografiche. Il suo stile, diventato fin da subito un marchio di fabbrica per il suo particolare accento pugliese, acquistò maggior rilevanza nel panorama cinematografica.
L’attore, comico, originario di Canosa di Puglia, una frazione di Andria, giusto quaranta anni orsono uscì con questo film sul quale, forse, pochissimi sono a conoscenza che, a sua volta, era un sentito omaggio allo stile comico dei Fratelli De Rege. Un duo comico popolare in Italia durante gli ’30 e ’40. L’omaggio risiede proprio nel titolo, ovvero una frase, per non dire un cavallo di battaglia più volte sfruttato dai due.
Per molto tempo, soprattutto grazie anche ai vari passaggi televisivi, si è instillata nel pubblico la convinzione che la maggior parte delle scene, sketch sarebbe meglio dire, erano di per sé frutto dell’improvvisazione del genio di Lino Banfi. Le cronache dell’epoca narrano che il film, nei cinema italiani e ormai considerato una vera e propria pietra miliare della filmografia di Lino Banfi, incassò più di tre miliardi al botteghino, consacrando ulteriormente il grande Lino.
A distanza di quattro lunghi decenni non facile individuare il segreto di quell’immenso successo. Le battute, le frasi ironiche, nonché di una frizzante e spontanea ilarità, anche a doppio senso, erano talmente naturale e semplici che fin da subito entrarono di diritto nella lista dei tormentoni comici. Ogni scena del film, ogni gesto, ogni espressione, ogni battuta insomma è ormai un leitmotiv. Coloro che nacquero a cavallo degli anni ’70 e anni ’80 il film se lo ricordano a menadito, meglio di una lezione scolastica; e non può essere altrimenti.
Stabilire quale sia lo sketch più esilarante, quello che fa piegare in due dalle risate o quello che per antonomasia è di per sé memorabile è difficile stabilirlo. Certo, la folle irruenza del dottor Thomas e ‘La sua soddisfazione è il nostro miglior premio’ è da tempo immemore leggenda.
Come anche lo sketch che lo stesso Banfi confezionò insieme alla spalla storica di Paolo Villaggio, Gigi Reder, il mitico ragionier Filini. I due si ritrovano in studio dentistico, dove prima c’era una casa di appuntamenti, ma il personaggio di Banfi non era a conoscenza del cambiamento del luogo.
Oppure ‘la triste storia di Filomegna’, il cui finale di quella ‘struggente’ serenata composta dall’accento pugliese e dallo spagnolo maccheronico avrebbe meritato di gran lunga un oscar come la miglior chiusura di una scena comica, semmai dovesse esistere tale categoria.
Per non parlare dell’indimenticabile scena in cui Pasquale Baudaffi, questo il vero nome del protagonista, lavorando come cameriere si ritrova una coppia che si sta per lasciare ed equivoca su ogni parola detta dai due, come se fosse un chiaro riferimento al tipo di caffè che vorrebbero consumare.
La colonna sonora del film venne composta da Fabio Frizzi, fratello del compianto Fabrizio. Mentre il regista era Luciano Salce, il quale viene prima menzionato da Banfi in apertura con lo sketch relativo ai camerini e poi sul finale in cui, lo stesso regista interpellato dallo stesso attore protagonista, è chiamato ad esprimere un giudizio critico.
Alla fine, Banfi riceverà una serie di torte in faccia degne della leggendaria scena di Stanlio e Ollio, un po’ anche per volare basso con la speranza di fare centro. In effetti andò così. Se a distanza di quaranta lunghi anni stiamo ancora qui a parlare di questo piccolo gioiello della comicità italiana vuol dire che è rimasto più di qualcosa.
Accanto all’attore protagonista, oltre al già citato Gigi Reder, è doveroso non dimenticare anche lo storico pianista del ‘Maurizio Costanzo’ Show scomparso più di qualche anno fa, Franco Bracardi; nel film erano anche presenti anche le attrici Michela Miti e Moana Pozzi.
Dunque, ‘Vieni avanti cretino’ è un cult nel cult. Fondato essenzialmente sulla commedia degli equivoci è ormai diventato un classico da vedere e rivedere. Soprattutto, da far scoprire alle nuove generazioni un tipo di comicità più diretto e ancor più efficace di quella attuale, libera anche da ogni tipo di condizionamento.