Mancano solamente due giorni e il 24 marzo sarà esattamente un mese dell’attacco di Putin all’Ucraina. Come avete potuto notare non abbiamo fatto riferimento alla Russia, anche se l’ex agente del Kgb ne rappresenta il vertice, eppure il nome del popolo che lo stesso Vladimir sta facendo additare da tutto il mondo, come guerrafondaio, deve essere ben tenuto presente, perché rappresenta a sua volta una nazione, collegata in relazioni internazionali.
Partendo proprio da quest’ultimo elemento c’è da registrare il rischio, non tanto velato, della rottura dei rapporti tra Stati Uniti d’America e la stessa Russia. La causa? No, non è solo il conflitto che sta tenendo tutto il mondo con il fiato sospeso, ma una frase molto diretta di Joe Biden verso Putin: è un criminale di guerra.
D’altronde questa è un’espressione che, in queste quattro lunghe settimane, che è diventata una sorta di leitmotiv. Un ritornello di cui non si può fare a meno di sentire e di pronunciare, tenendo sempre presente che la guerra è già di per sé un crimine che l’umanità commette per distruggere sé stessa.
Non ci sarebbe neanche bisogno di provvedere alla cronaca di tutti i bombardamenti che ieri hanno, purtroppo, contrassegnato la giornata. È inutile andare a rimarcare, con la più abbietta retorica, quanto sia oltraggioso e rabbrividente il bombardamento effettuato contro un centro commerciale a Kiev.
Oggi Zelenski sarà in collegamento con il nostro Parlamento per un appello. Lo stesso appello che ha fatto agli Stati Uniti d’America, al Parlamento europeo e al Parlamento tedesco. Anche in questo caso apparirà superfluo affermare il dovere di ascoltare un Capo di Stato, nonostante alcuni nostri parlamentari hanno manifestato la volontà di non essere presenti in aula. Scelta legittima e democratica, ma lo è anche ascoltare per poi continuare a dissentire semmai ci fossero i presupposti; soprattutto in un clima di così alta tensione internazionale.
Sempre lo stesso Premier ucraino farà di sicuro riferimento all’accordo di pace con la Russia, il quale passerà al vaglio della popolazione tramite referendum. Ciò significa che semmai si arriverà ad un’intesa, ad una possibile pace, non giungerà in tempi brevi. L’ulteriore possibilità dell’utilizzo delle armi chimiche da parte di Putin, più volte sostenuta dagli Usa; il timore, continuo, che il conflitto si possa estendere a tutti i paesi della Nato fa stare, tutti quanti, sul filo del rasoio.
Non sono parole, queste, per creare l’effetto dell’articolo che abbiamo pubblicato. Gonfiare un testo o una notizia non è nel nostro Dna. Solo che fino a quando la situazione non verrà indirizzata verso una situazione meramente pacifica la preoccupazione la farà sempre da padrona.
Frattanto l’Europa si trova spaccata sul rifornimento di petrolio proveniente dalla Russia, mentre Mario Draghi insieme agli altri suoi omologhi europei si sta adoperando sempre di più per ‘un’importante unità d’intenti’, implementando la volontà per una difesa comune ancora da attuare a tutti gli effetti nell’intero vecchio continente. In ultimo la notizia di queste ore è che le sirene antiaeree stanno riecheggiando per tutte le città del territorio ucraino, mentre la spesa per le armi alla popolazione attaccata, da parte dell’Europa, è salita ad un miliardo. Basterà?