<<Amerigo Bonasera sedeva nella III Sezione Penale della Corte di New York in attesa di giustizia; voleva vendicarsi di chi aveva tanto crudelmente ferito sua figlia e, per di più, tentato di disonorarla>>.
Queste sono le prime parole de “Il Padrino” Mario Puzo, il libro incentrato sulla famiglia Corleone ed in particolare sulla figura di Don Vito Corleone, capo di una delle cinque famiglie mafiose di New York.
Il Padrino è un siciliano venuto da lontano, dal cuore profondo della Sicilia, da Corleone. Scampato alla strage della sua famiglia, Vito Andolini arrivò in America all’età di dodici anni.
Come si legge nel libro, <<Nella nuova terra mutò il nome di Corleone, per conservare qualche legame col villaggio natio. Fu uno dei pochi atti sentimentali che ebbe mai a compiere>>.
Dotato di un proprio codice di onore, Vito Corleone è uomo generoso con gli amici ed allo stesso tempo implacabile con i nemici.
Dalla sua villa di Long Island il Padrino governa con mano ferma il suo impero criminale: gioco, corse dei cavalli, corruzione di politici, giudici ed amministratori pubblici.
Legato al suo destino è la figura di Mike, destinato ad un’altra vita, ma attirato nel vortice della mafia dai tragici eventi che vedranno il ferimento del padre nell’imboscata tesa da Virgil Sollozzo.
Pubblicato nel 1969, il romanzo di Puzo, su cui poi sarà costruita la sceneggiatura del capolavoro di Coppola, è allo stesso tempo una grande saga familiare ed ritratto autentico ed incredibile di uomini di potere che non esitano ad imporsi nella società con omicidi, ricatti e torture.
Puzo dipinge la mafia nella sua componente strutturale: un’organizzazione verticistica, con un capillare controllo del territorio e degli affari.
Una mafia che annovera tra le sue fila uomini intelligenti come Tom Hegen o individui spietati come Luca Brasi o Peter Clemenza.
Ma anche una mafia in grado di sostituirsi al potere dello Stato, come nel caso del pover Bonasera che, dopo aver visto i deturpatori di sua famiglia uscire senza conseguenze dall’aula di Tribunale, decide di rivolgersi a Don Corleone per avere giustizia.
<<Per avere giustizia dobbiamo andare in ginocchio da Don Corleone>>.
Il libro di Puzo ebbe il merito di aprire gli occhi all’America e di mostrare la mafia per quello che era: una potente organizzazione criminale, ramificata in ogni parte del territorio americano ed in gradi di controllare attività economiche da milioni di dollari.
Il romanzo mischia inoltre fantasia e realtà, come per esempio la guerra di mafia a New York del 1933 che vide sconfitto Salvatore Maranzano, con l’ascesa dei suoi rivali.
Nel libro di Puzo il vincitore della guerra è Don Vito Corleone, mentre nella realtà la vittoria ed il conseguente predominio sulla criminalità organizzata arrise a Salvatore Lucania, meglio noto come Charles Lucky Luciano.
Accompagnato da notevole scalpore, il romanzo di Puzo fu subito adocchiato da Francis Ford Coppola, che decise di farne un film.
Scelta vincente si rivelò quella di scegliere lo stesso Puzo come sceneggiatore e questo fece sì che le atmosfere ed i più piccoli particolari del libro, come per esempio l’aria che si riempi di spruzzi di sangue misti a saliva dopo che Mike Corleone ha centrato il collo di MuCluskey con un colpo di pistola.
Altrettanto ben delineati sono i personaggi, la cui complessità psicologica è stata efficacemente traslata dalla carta alla pellicola.
Ciò che manca al film sono i ritratti di alcuni personaggi come quello di Johnny Fontaine (i maligni dicono che fosse una raffigurazione di Frank Sinatra) e di Luca Brasi, dal momento che nel libro Puzo spiega quali siano i terribili eventi che hanno costruito la fama criminale del braccio destro di Don Vito.
In ogni caso il Padrino costituisce uno dei rarissimi casi in cui è quasi impossibile dire se sia meglio il libro o il film. Anzi si potrebbe dire che le due opere si fondono perfettamente in un prodotto di pregevole ed inarrivabile fattura.