Era il 1° marzo di dieci anni fa. La sessantaduesima edizione del Festival di Sanremo era finita da qualche giorno, Lucio Dalla si era presentato come maestro d’orchestra, in quello stesso palco dove quaranta anni prima esordì con un brano che fece epoca, per accompagnare il debutto di un suo nuovo talento che aveva da poco scoperto. Era in forma, gioviale e sempre allegro. Si apprestava ad arrivare all’età di sessantanove anni portati benissimo. Nessuna avvisaglia, nessuna preoccupazione, nessun patema d’animo riguardo alle proprie condizioni di salute.
Dopo qualche settimana, si sarebbe recato in Svizzera per una tournee. Una delle tappe era nella città di Montreaux, la città europea della musica e l’ultima dimora prima della morte di Freddie Mercury. La sera precedente aveva anche tenuto un concerto. Si era esibito senza destare nessuna preoccupazione di sorta. Il mattino seguente si svegliò e come al suo solito si recò a fare colazione, una volta salito in camera, dopo qualche telefonata effettuata, ebbe un malore improvviso e non si riprese più.
Lucio Dalla se ne andò così, per effetto di un infarto fulminante a pochi giorni dal 4 marzo; la data del suo compleanno, la data resa ancor più celebre ancor prima che la sua carriera divenne irripetibile grazie ad una canzone intitolata semplicemente: 4 marzo 1943. La sua data di nascita.
La città che gli ha dato i natali ormai lo sanno tutti: è stata Bologna. La sua strada, il suo indirizzo era via D’Azeglio; un vicolo che si allungava dietro alla piazza del capoluogo emiliano. Ufficialmente conosciuta come Piazza Maggiore, diventata per tutti ‘Piazza Grande’ grazie al titolo di un’altra delle sue più grandi canzoni in cui, parlando indirettamente della solitudine, raccontava di essere amico di tutti in quel luogo vicino a casa sua.
In quel primo marzo la notizia della sua scomparsa arrivò come un fulmine a ciel sereno. I notiziari, che non furono proprio loro a dare per primi la notizia, non parlarono d’altro e le strade della sua città vennero inondate dalle note delle sue canzoni più celebri; singoli che ci troviamo a cantare tutt’oggi, a distanza di dieci lunghi anni. In questo 2022, Lucio Dalla, avrebbe toccato il traguardo dei 79 anni. L’anno prossimo sarebbero stati 80. Ad essere più lesti di tutti, nell’informare il pubblico furono i frati della Basilica di San Francesco di Assisi con un tweet.
Di sicuro in questo lungo periodo senza di lui ci avrebbe accompagnato con le sue canzoni, nuove e chissà se le altrettanto nuove raccolte d’inediti sarebbero stati sempre di cadenza annuale. In che modo ci avrebbe stupito, semmai ne avesse avuto ancora la forza e soprattutto cosa avrebbe pensato di questi ultimi due anni. È inutile precisare che avrebbe realizzato un singolo, per non dire un nuovo album.
Mai banale, mai ripetitivo nel proporsi. La sua carriera, iniziata come jazzista, si allargò a tutti i generi musicali esistenti, sperimentandoli e, perché no, in alcune occasioni miscelandoli anche tra loro. Il suo esordio ufficiale? Nel 1966 con il suo primo long play dal titolo ‘1999’, il primo di una lunghissima serie di pubblicazioni musicali che si fermeranno intorno al 2009. Furono in tutto 24 gli album registrati in studio dal cantautore bolognese, più otto long play realizzati dal vivo e ben 20 raccolte di quando lui era in vita e altre quattro dopo la sua improvvisa scomparsa. Per un totale di 44 album in una carriera quasi quarantennale.
I suoi genitori si chiamavano Giuseppe Dalla, direttore del club di tiro al volo della città, e Jole Melotti. Una casalinga a modista bolognese. Entrambe le figure verranno successivamente omaggiate da Lucio nei suoi album. Il padre venne descritto nell’immortale ‘Come è profondo il mare’, mentre la madre verrà ritratta nella copertina dell’album ‘Cambio’.
Il padre, purtroppo, sarebbe stato stroncato di lì a poco a causa di un tumore e la madre, che sarebbe morta anni più tardi, nel 1976, lo iscrisse al collegio Vescovile di Pio X di Treviso per le scuole elementari. Fu proprio in quel periodo che Lucio Dalla iniziò a prendere parte anche alle recite. Ma come per tutte le future stelle della musica anche Lucio Dalla non andava bene a scuola, cambiò tre diversi istituti. Gli piaceva di più andare in giro a suonare.
L’intera sua vita è stata in stile bohemien. Si dice che si addormentasse dappertutto, addirittura sui tetti. Soprattutto un giorno, dopo che aveva lasciato la sua Bologna per andare a Roma, i camerieri di un bar di piazza… lo trovarono addormentato su alcune sedie accatastate e in tasca aveva i soldi sia per il cappuccino che per il giornale da leggere. Il suo essere popolare, famoso non gli fece mai e poi mai perdere il contatto con la gente. Salutava tutti e, soprattutto, quando magari qualcuno lo voleva avvicinare per un autografo e perché no una foto, non appariva infastidito.
Di talenti ne aveva scoperti tanti: Ron, Luca Carboni, Samuele Bersani, gli Stadio tanto per citarne alcuni. Altra curiosità particolare, per non dire ironica, un bel giorno trovò una persona che lo assomigliava molto e lo assunse come sosia per inviarlo in occasioni più noiose.
Questo era Lucio Dalla. Non solo un cantante ma un personaggio carismatico, lungimirante e che manca tutt’ora all’intera scena musicale. Appartenente ad una generazione di artisti che molto probabilmente non tornerà mai più, definirlo semplicemente cantante è di sé riduttivo. Fu cantautore, polistrumentista e addirittura attore. Non a caso in alcune sue esibizioni, non solo ai concerti, le sue improvvisazioni era frutto, anche, di un vero e proprio talento naturale.
Non solo, prima di concludere appare rilevante ricordare alcuni dei titoli dei film al quale prese parte. Non proprio dei capolavori assoluti della cinematografia italiana, eccetto per uno. Dimostrando, comunque, una certa versatilità professionale. Non solo, quindi, esclusivamente ristretta al mondo musicale.
Alcuni titoli da ricordare sono: Little Rita nel far west; I ragazzi di Bandiera Gialla; Franco, Ciccio e le vedove allegre. Il capolavoro invece è ‘Questi fantasmi’, versione cinematografica della commedia di Eduardo De Filippo. Da ricordare per ultimo anche lo storico concerto con Francesco De Gregori e che venne ripreso nel film ‘Banana Republic’. Nell’articolo successivo alcune fra le sue canzoni più importanti.