Per la prima volta la rubrica ‘Usa’ sconfina nella settima arte con il semplice scopo di ricordare uno dei film immortali del cinema e, senza sé e senza ma, il film western per antonomasia. Un capolavoro firmato, nel lontano 1968, dal nostro ed indimenticato Sergio Leone. Potevano soffermarci sul Natale negli Stati Uniti, ma la coincidenza del giorno 21 del mese di dicembre, giorno in cui uscì il film, e il martedì, giorno dedicato proprio alla nazione dai cinquanta stati ci ha fatto cogliere questa occasione.
Un’occasione unica ed un’occasione speciale che riporta la rubrica, indirettamente, sugli ultimi temi analizzati nelle precedenti settimane in via indiretta: quello del Far West. Certo, si potrebbe dire molto su questa storica opera cinematografica di Sergio Leone che, ormai, ha raggiunto i suoi cinquantatré anni.
Mezzo secolo, e qualche anno appunto, in cui il film è stato più volte osannato dalla critica, recensito positivamente e studiato da cinefili di ogni parte del mondo. ‘C’era una volta il west’ rappresenta non solo la fine di un’epoca interna all’ambientazione della trama, ma la fine del modo di raccontare quel periodo storico americano da parte del regista italiano.
Era la sua quinta pellicola. Il suo primo vero kolossal. Lui, Leone, che dal 1964 al 1966 aveva deliziato i palati fini di ogni cineasta con la trilogia del dollaro, con questo movie consacrò sé stesso e la favola, amara oseremmo dire, della vecchia frontiera. I personaggi si muovono in un cambio d’era ormai inevitabile, rappresentato dall’avvento della ferrovia.
‘C’era una volta il west’ è inteso come una favola malinconica di un periodo e in un limbo in cui gli Stati Uniti d’America non si erano ancora formati, costituiti definitivamente ma che incominciavano ad espandersi proprio con la costruzione della ferrovia.
Interpretato da ‘cavalli di razza’ come Charles Bronson, Henry Fonda e Claudia Cardinale, con le immortali musiche del Maestro Ennio Morricone, il film, in verità, non era nemmeno nei piani del regista. Fu la stessa Paramount che spinse il regista romano, dopo il successo de ‘Il Buono, il Brutto e il cattivo’, a realizzare un altro lungometraggio sul tema.
Da questa incombenza nacque la necessità, per Sergio Leone, di creare un’altra trilogia. Riconosciuta come la ‘Trilogia del tempo’: che fu aperta proprio da questo film, per proseguire con ‘Giù la testa’, e concluderla, successivamente, proprio con il progetto che voleva realizzare da tempo, a partire proprio dal 1968, ‘C’era una volta l’America’.
La sceneggiatura, ufficialmente, venne realizzata da Leone in coppia con Sergio Donati, con il quale aveva scritto diversi film western. Inizialmente, però, lo stesso regista si avvalse della collaborazione di due promesse del cinema, due aspiranti registi che diventarono delle stelle in proseguo: Bernardo Bertolucci e Dario Argento. Entrambi mollarono il progetto qualche tempo dopo, lasciando Leone da solo alla stesura del copione.
A distanza di 53 lunghi anni cos’altro si diovrebbe dire, cos’altro si dovrebbe affermare. Ogni ulteriore commento, ogni altro tentativo di trovare qualche escamotage per parlarne e basta, sarebbe riduttivo. La forza delle immagini, di quelle inquadrature sia a campo lungo e che strette sul volto dei leggendari protagonisti è ancora ritenuta come scuola di cinema.
Immagini supportate, per non dire parallelamente accompagnate, con una composizione musicale raramente perfetta nel campo delle soundtrack; una musica integrata da un acuto coro angelico che, inevitabilmente, ti fa sentire il nodo in gola facendoti sentire parte di quella storia e di quella fine d’epoca.
Alla fine, c’è sempre una vendetta finale, una resa dei conti inevitabile quindi. e, forse molti non si sono resi conto, lo stesso Sergio Leone lancia un messaggio che era molto avanti rispetto a quegli anni, nonostante si trattasse di 1968.
La protagonista femminile, interpretata da una graziosa Claudia Cardinale, rappresenta il futuro nel momento in cui esce dalla propria casa, nell’ultima scena, per dare dell’acqua agli operai che sono impegnati nella costruzione della ferrovia. Un segnale, anche, di un mondo che stava cambiando.
Per molti l’assoluto capolavoro di Leone è ‘C’era una volta l’America’, il film che, come detto, voleva realizzare ‘visceralmente’, come disse lui stesso in un’intervista anni più tardi. Molto probabilmente non si offendono semmai affermassimo che il monumentale western del 1968 è, di fatto, il miglior film della sua carriera. È, di fatto, riconosciuto anche e soprattutto come il miglior film western dell’intera storia del cinema.