Erano trascorse solamente due settimane dalla scomparsa di Diego Armando Maradona, una morte che anche in quell’occasione sembrava esser stata rinviata anche una volta. Il mondo del calcio non si era ancora ripreso quando nella notte tra il 9 ed il 10 dicembre di un anno fa anche l’Italia, come l’Argentina, si ritrovò a dire addio al suo campione, al suo centravanti, ‘Pablito’. L’eroe del ‘Mundial’ di Spagna del 1982.

A Paolo Rossi, per farci alzare per la terza volta nella nostra storia la Coppa del Mondo di calcio, gli servirono sei reti in sette giorni: tre contro il Brasile, il 5 luglio del 1982; due reti contro la Polonia, l’8 luglio del 1982; ed una sola rete contro la Germania, in finale, l’11 luglio del 1982.

Tre partite in cui, il ragazzo di Prato, entrò di diritto nella storia e nella leggenda non solo del nostro calcio, ma di quello mondiale. Paolo Rossi nacque il 23 settembre del 1956 ed a un anno esatto dalla sua scomparsa, all’età di 64 anni per un male incurabile, non ci sembra ancora vero. Forse perché ci eravamo abituati alla sua presenza non ingombrante, ma significativa. Senza troppo clamore, senza troppa pubblicità. In poche parole, non faceva mai pesare ciò che aveva fatto in Spagna e, ammettiamolo, non pensavamo che sarebbe successo anche a lui o almeno così presto.  

La sua carriera ebbe inizio con la Juventus, poi il suo approdo al Como, a seguire il Vicenza, il Perugia e di nuovo con i bianconeri. La sua immagine di calciatore, elegante, è indissolubilmente legata a due avvenimenti: la vicenda del calcio scommesse, quando indossava la maglia del Perugia, che gli valsero due anni di squalifica dai campi di gioco, per poi tornare giusto in tempo con l’appuntamento dei Mondiali spagnoli. Anche in questo caso sarebbe meglio dire: tornare in tempo con l’appuntamento con il destino.

Un destino che sembrò essersi rovinato da solo, con le proprie mani; rovinato per un errore che rischio di pagare a caro prezzo. Se la squalifica che gli venne, poi, comminata, non fosse stata solo di due anni, ma di tre, cosa mai sarebbe successo in quel campionato del mondo? Chi ci avrebbe guidato verso il trionfo, semmai fossimo riusciti a vincere quell’edizione del mondiale? È una frase che usiamo spesso per rispondere a queste particolari domande di carattere puramente amletico: la storia non si fa né con i sé e né con i ma.

A dare la notizia, in quella mattina del 10 dicembre del 2020, sul suo profilo Instagram, fu la moglie Federica Cappelletti con un intenso e commovente ‘Per sempre’. Più tardi, nel confermare quello che purtroppo non aveva più bisogno di essere corroborato da ulteriori fonti, anche il giornalista Rai Enrico Varriale volle avvertire i suoi followers sui social con un: ‘Una notizia tristissima, ci ha lasciato’, poi continuando ha scritto ‘indimenticabile, che ci ha fatto innamorare tutti in quell’estate del 1982 e che è stato prezioso e competente compagno di lavoro negli ultimi anni’.

Il percorso calcistico di Paolo Rossi durò in tutto quindici anni, senza contare i due anni di squalifica. In quei tredici anni, effettivi, ha realizzato 134 reti in campionato, più venti con la Nazionale italiana di calcio. Il suo ultimo anno da calciatore fu nel Verona nella stagione 1986-1987, che solo due anni prima aveva vinto il suo unico titolo nazionale. Nel corso degli anni divenne anche opinionista nelle trasmissioni sportive e quattro anni dopo al Mundial del 1982; per quell’occasione FreeTopix Magazine, da poco diventata testata online, rinviò per il giorno successivo tutti gli articoli che erano stati programmati per quel giorno.

Il lutto era pesante, apparteneva a tutti e anche oggi, come allora, vogliamo chiudere l’articolo come abbiamo fatto giusto un anno fa. Con la famosa canzone del cantante Antonello Venditti, il quale lo citò nel brano ‘Giulio Cesare’, confermando di essere entrato definitivamente nella cultura di massa. Ma forse, questo, non c’era neanche bisogno di puntualizzarlo.

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