Da quale immagine iniziare? Molto probabilmente da quella che ci viene in mente per prima. Una riposta logica, saggia e che deriva anche dal tempo che ormai è trascorso inesorabile; i cui ricordi scorrono nella nostra testa di quel tragico evento come se fosse successo ieri. Sono nitidi e anche troppo. In fondo sono trascorsi solamente venti anni.
Di quel tragico martedì di fine estate qual è l’immagine simbolo? La prima torre o la seconda colpita? Forse entrambe ormai fumanti o uno degli sventurati all’interno degli edifici che decide il gesto più estremo: gettarsi nel vuoto? Il Pentagono in fumo o il crollo delle Torri Gemelle? E ancora: lo United 93 abbattuto dallo stesso equipaggio tenuto inizialmente in ostaggio dai terroristi? Quante sono le immagini simbolo di quel giorno? Troppe.
E le singole storie? No, quelle non sono troppe. Sono migliaia. Forse quanto il numero delle vittime di quella mattina a New York, se non di più. Forse aumenteranno nel corso degli anni. Basta una nuova testimonianza di qualche sopravvissuto o di qualcuno che è stato salvato. Ancora: di persone che avevano ripreso dall’inizio alla fine quella tragedia e che per pudore del dolore hanno tenuto nascosto il video per poi mostrarlo al mondo molto tempo dopo.
Potremmo anche noi elencarle queste storie, ma finiremmo con l’iniziare una lista infinita. Sembra retorica ma non lo è. Perché quelle immagini, quelle storie di sopravvivenza, prima, e alcune di speranza, poi, hanno un inizio ed una fine. L’inizio è rappresentato dalle lancette dell’orologio che in quella mattina dell’11 settembre del 2001 segnano le 8.46 antimeridiane: un aereo di linea, guarda caso, il numero 11 dell’American Airlines, partito da Boston e diretto a Los Angeles, si schianta contro la Torre Nord del World Trade Center, esattamente fra il 93° e il 99° piano.
Quello che sembra un tragico incidente aereo viene ripreso per puro caso da due registi francesi che, quella mattina, erano al seguito di una squadra di pompieri che si trovava a pochi isolati dalle Twin Towers. Di sicuro ha impresso nella propria mente questa immagine.
Nell’immediato i vigili del fuoco non persero tempo nel salire a bordo delle autopompe verso il World Trade Center. Da questo momento in poi inizia la serie interminabile di sequenze video, istantanee e storie che hanno contraddistinto quel giorno.
Pochissimi minuti dopo tutte le telecamere dei principali network americani erano puntate sui due grattacieli. Chi nel corso del tempo ha rivisto quelle immagini, specie attraverso le cosiddette ‘coverages tv’, ovvero le coperture televisive sull’attentato, alcuni giornalisti erano scettici sulla possibilità che si fosse trattato solo ed esclusivamente di un errore umano.
Un quarto d’ora più tardi, alle 9.03, quella che era solamente un’iniziale sensazione, neanche tanto nascosta, trovò conferma. Un secondo aereo, un United Airlines 175 sempre di pendolari come il primo, anch’esso partito da Boston e diretto a Los Angeles, si schiantò tra il 78° ed 84° piano della Torre Sud. Le telecamere ripresero l’accaduto e dopo qualche minuto anche i telegiornali italiani interruppero la regolare messa in onda dei programmi per dare la scioccante notizia. La parola usata, ripetiamo, non ha scopo di retorica ma cerca, solamente, di rappresentare lo stato d’animo di molti che in quelle ore non credendo ai propri occhi, erano abituati dai numerosi film americani, di vedere l’ennesimo blockbuster prodotto da Hollywood.
Il ‘blockbuster’, ufficialmente, venne in realtà prodotto da Osama Bin Laden, sceicco e leader indiscusso della rete terroristica conosciuta con il nome di Al-Qaeda. Quest’ultimo non si accontentò di far dirottare solo due aerei e farli andare a sbattere contro le Torri. Decise di organizzare anche il dirottamento di altri due aerei: l’American Airlines 77, partito proprio da Washington e diretto anche questo a Los Angeles; il quarto aereo, invece, era il volo United Airlines. Il decollo avvenne a Newark ed era diretto a San Francisco.
Il primo di questi due, alle 9.37, si schiantò contro un’ala del Pentagono, mentre il secondo venne fatto cadere dagli stessi passeggeri tenuti in ostaggio dai terroristi. Tra il terzo ed il quarto aereo accade l’imponderabile: una delle due Torri collassò, letteralmente, su stessa, alzando una grandissima coltre di fumo che invase tutta l’aerea di Manhattan.
A crollare per prima fu la seconda, la Torre Sud, intorno alle 9.59. Mentre la Torre Nord collasserà venticinque minuti più tardi, sollevando un’altra nuvola di fumo per tutta l’aerea di Mnhattan. Frattanto l’allora Presidente George W. Bush stava volando, ininterrottamente, a bordo dell’Air Force One, dopo che era decollato da Pensacola in Florida dove in realtà si era recato per una visita presso una scuola elementare.
Iconica l’immagine in cui si vede un componente della scorta avvicinarsi, per la seconda volta al Presidente dopo era stato avvertito anche del primo impatto, che gli sussurra all’orecchio: Signor Presidente, un secondo aereo ha colpito il World Trade Center.
L’espressione di Bush fu abbastanza eloquente e nonostante il servizio segreto lo premeva per allontanarsi dall’istituto scolastico, il Commander in Chief mantenne la calma rimanendo per altri minuti nella classe parlando con i piccoli alunni.
Nelle ore precedenti e successive il crollo del World Trade Center dalla Cnn venne rilanciato un nome, su tutti, di un terrorista che aveva notevole interesse ad attaccare gli Stati Uniti d’America, come detto prima: Osama Bin Laden. Ma il racconto di quella tragica mattina dovrebbe essere integrato dalle innumerevoli storie di cui vi abbiamo accennato in precedenza.
Storie di eroi silenziosi e che forse non si conosceranno mai. Aneddoti di coloro che cedettero il loro posto in ascensore o aiutarono qualche collega impaurito a scendere le infinite scale di entrambe le torri. Storie di tutti quegli uomini in divisa, pompieri e poliziotti della città di New York, che si lanciarono negli edifici consapevoli di non uscirne più. Come il caso del fratello del capo dei vigili del fuoco, proprio colui che vide, a pochi isolati di distanza, il primo impatto.
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