Pubblicato nel 1939, il libro vide l’esordio dell’investigatore privato Philip Marlowe
Oggi per ‘L’angolo letterario’ si respira un po’ aria di novità e di ripresa. Si, perché da un lato ripubblicheremo un articolo già proposto qualche mese fa, che fungerà da apripista per un ulteriore articolo, ad esso collegato, che verrà pubblicato giovedì prossimo. Dall’altro il nome stesso della rubrica, sempre da oggi in poi, si presenterà leggermente modificato. Non più con la ‘l’ apostrofata ma semplicemente ‘Angolo letterario’.
Ci sarebbe anche un altro punto da precisare ma forse ci avete fatto lo stesso caso. Da un mese a questa parte, ‘Angolo Letterario’, non solo è una rubrica più continua con gli appuntamenti settimanali ma, addirittura, ha anche cambiato giorno: il giovedì. Qui sotto l’articolo già pubblicato qualche mese fa, con l’annuncio per giovedì prossimo, ampliando anche l’altra sotto rubrica: Saghe letterarie.
Dici Philip Marlowe e pensi a Raymond Chandler. Dici Raymond Chandler e pensi al noir, alle atmosfere cupe e malinconiche, alle storie reali e violente di un mondo, che per quanto si possa fantasticare, non avrà mai la speranza che le cose possano cambiare per il meglio. Pensi al ‘poliziesco’ e ad un particolare sottogenere.
Pensi non ad un eroe retto, ligio al dovere e fortemente votato a credere sempre il meglio anche quando tutto va in fumo. La prima immagine che ci passa per la mente è un antieroe. Cinico e freddo, in alcune occasioni. Ma solo perché è disilluso dalla vita e con una grandissima onestà interiore, battute taglienti ed ironiche ed una guscio in cui si è chiuso attraverso cui nasconde le proprie sofferenze.
Questi sono solamente alcuni elementi, particolari, riscontrati nella costruzione dell’iconico personaggio dell’investigatore privato Philip Marlowe. Apparso per la prima volta nel romanzo ‘Il grande sonno’, ‘The Big Sleep’ in lingua originale, grazie al genio ed alla maestria di giornalista, prima, sceneggiatore, poi, di nome Raymond Chandler. Quando capita d’incontrare queste due persone, una reale e l’altra di fantasia, appare inevitabile celebrarli.
Entrambi sono ‘padri’ di qualcuno e di qualcosa. Padri di altri personaggi e padri di un genere, quel particolare sottogenere proveniente dal poliziesco, ideato, soprattutto, da altre due persone prima del loro avvento: Dashiell Hammett e Sam Spade. Rispettivamente: autore e personaggio inventato. Sarebbe giusto, quindi, dare il merito ad Hammett per essere stato l’apripista di un genere letterario che, fin dal principio, si distaccava totalmente dal più tradizionale ‘giallo’.
Invece Raymond Chandler è arrivato dove il suo predecessore non è riuscito: a rendere immortale la sua ‘creatura’, a rendere l’affare ‘delitto’ non più quello tipico da salotto, tra gente benestante; ma trasportare il dramma dell’omicidio dove le sofferenze e la violenza sono all’ordine del giorno sono ancora più evidenti: per strada.
Il giallo e il noir, appunto, due stili diversi e soprattutto all’antitesi. Quello schema non dinamico ma fondato su regole ben chiare e ferree in cui, al lettore oppure a chi vede un film o un episodio di una qualsiasi serie tv, l’assassino viene identificato immediatamente, appena commesso il crimine, che spetta poi al personaggio di turno scoprire come in realtà sono andati i fatti. Partecipando, così, alla costruzione del ragionamento deduttivo il quale porta alla risoluzione dell’indagine.
Nel noir, invece, grazie a partire da Raymond Chandler, con il suo iconico personaggio Philip Marlowe, tutto ciò non avviene. Lo schema è libero. Il linguaggio è ancor più vicino alla realtà. Con i fatti, i reati o comunque i crimini che si sono già consumati quando la storia è già iniziata oppure in corso, senza essere mostrati in maniera chiara. Ciò, comunque, non ha evitato, nel corso degli anni, per non dire dei decenni, di aver dato vita ad uno stereotipo più volte utilizzato. Non solo in ambito letterario, ma anche al cinema e alla televisione.
S’intende, in via generale, del primo vero capolavoro dello scrittore americano senza entrare nei dettagli, è vero. Ma recensire questo capolavoro che scrisse e pubblicò, nel lontano 1939, sembra quasi un’operazione che affonda le radici nella più cieca presunzione. Impossibile criticarlo o trovare qualche difetto.
Eppure nella rubrica de ‘L’angolo letterario’ si dovrebbe essere un po’ così. Non presuntuosi, sia chiaro, ma equilibrati. Per non apparire di parte, per non essere troppo sbilanciati a favore di un autore che ha fatto la storia di due generi diversi: il poliziesco e il noir. E’ impossibile non esserlo.
Appare difficile trovare, semmai lo si volesse fare di proposito, qualcosa che non va nello sviluppo della trama. Qualche ‘indizio’ o addirittura qualche ‘prova’ che potrebbe avvalorare questa tesi compresa in una recensione negativa. Impossibile. Per di più apparirebbe un’operazione non solo presuntuosa, come detto precedentemente, ma anche ridicola.
L’idea di Raymond Chandler ha dato vita ad una storia di ricatti che porta allo scoperto un giro di filmini a luci rosse ed una scia di sangue. Una trama dallo sviluppo lento, ma incalzante. Un primo romanzo che, a sua volta, ha inaugurato una serie letterarie di altri nove titoli. Otto romanzi ed un racconto. Cinque pubblicati quando lo stesso scrittore era in vita e quattro postumi.
Dicevamo del perché Philip Marlowe ha colpito fin dall’inizio e perché, contemporaneamente, un po’ del suo stile lo abbiamo ritrovato in altri eroi letterari, televisivi e cinematografici. Il tutto si potrebbe condensare, per non dire riassumere, in questa battuta che lo stesso protagonista, nel primo romanzo della serie, rivolge ad una persona che lo segue. Questo il dialogo:
“Mi chiamo Marlowe, sono il tizio a cui state dietro da due giorni”.
“Non sto dietro a nessuno”.
“E’ la vostra bagnarola che lo fa comunque. Può darsi che siate incapace di controllarla. Come preferite. Ora vado a far colazione nel caffè qui vicino: succo d’arancia, uova al prosciutto, pane tostato, miele, tre o quattro tazze di caffè e uno stuzzicadenti. Poi salirò in ufficio, al settimo piano dell’immobile di fronte. Se c’è qualcosa che vi turba oltre il limite della sopportazione, venite pure a scambiare quattro chiacchiere, sarò lì a oliare il mio mitra”.
Nella postfazione scritta dal giornalista e critico letterario Oreste del Buono, per l’edizione del romanzo datata 1987, Philip Marlowe viene definito ‘diabolico’. In realtà, proprio attraverso questa battuta, lo si può definire in diversi modi: ironico in modo tagliente, determinato, disilluso, freddo, irriverente, impudente e che sa il fatto suo.
In queste parole emergono tutte le caratteristiche del sottogenere del ‘poliziesco’, nato da Dashiell Hammett, negli anni ’20, e perfezionato dallo stesso Raymond Chandler, proprio alla fine degli ‘30. Il nome deriva dall’espressione colloquiale ‘hard boliled’, tradotto ‘duro, solo’.
Come abbiamo già detto prima, l’eroe di turno non si limita solamente a risolvere i casi, come succede nel genere ‘giallo’, ma va oltre: rischiando in prima persona, scontrandosi sempre in maniera violenta con i suoi antagonisti.
Non si può terminare questo lungo, e forse nonostante tutto incompleto, omaggio al primo romanzo di Raymond Chandler senza dimenticare che non solo, grazie alla ‘Crime Writers Association’, un’organizzazione di scrittori del genere giallo, è stato considerato come secondo romanzo giallo di tutti i tempi.
Ma ‘Il grande sonno’ ha avuto due trasposizioni cinematografiche. La prima nel 1946, dove Philip Marlowe veniva impersonato da Humprhey Bogart, e nel 1978, in cui l’investigatore privato aveva il volto di Robert Mitchum, rendendo così il romanzo ancor più immortale. La prossima settimana, giovedì esattamente, si parlerà del secondo romanzo della serie su Philip Marlowe: Addio, mi amata.