Dopo il 1967, l’anno successivo si ripeté con altri due dischi entrati nella storia e nella leggenda delle sette note: ‘Lady Soul’ e ‘Aretha now’. Dal primo titolo si evince anche il secondo nome che le fu attribuito in quegli anni. Da questi due album sono comprese quattro canzoni diventate, in poco tempo, delle evergreen: Chain of fools, (You make me feel) A natural woman e le due leggendarie Think e ‘I say little prayer’.
Soffermandoci sull’ultimo titolo, mentre sul penultimo ci ritorneremo a breve, ci sarebbe molto da dire e molto da analizzare.
Una canzone semplice, la cui intestazione richiama ad una preghiera rivolta, sembra, al proprio amore. In realtà e così, ma attenzione. Nel 1968 si era in piena escalation del conflitto in Viet-Nam e la canzone, scritta da Burt Bacharach e Hal David per un’altra grande cantante, Dionne Warwick, rappresentava tutte quelle donne che all’epoca avevano il loro fidanzato o marito inviati in quel maledetto pantano. Un brano che presentava un ritornello apparentemente allegro e che, purtroppo, nascondeva l’ansia dell’attesa che poteva diventare anche vana a causa di una brutta notizia che poteva giungere da un momento all’altro.
L’ultimo acuto degli anni ’60 in fatto di album vincenti da parte di Aretha Franklin è rappresentato da ‘Soul 69’, del 1969 appunto; poi nel decennio successivo purtroppo non riuscì a ripetersi complice, anche, dal genere emergente della disco music che, da qualche tempo, stava monopolizzando e lasciando poco spazio al suo tipo di sound musicale che l’aveva resa celebre. Nonostante fu un decennio particolarmente problematico per lei, Aretha Franklin, riuscì comunque ad incastonare un’altra perla nella storia della musica.
Come avete intuito il brano in questione si chiamava ‘Angel’ ed era compreso nel long play ‘Hey now Hey (the other side of the sky)’. La stessa canzone venne scritta da una delle sorelle della cantante, Carolyn. ‘Angel’, nonostante l’insuccesso del disco, divenne un classico della musica soul, confermando la potenza vocale e musicale di Aretha Franklin ma non bastò ad evitarle un periodo buio che si protrasse purtroppo fino al 1980.
Con l’anno appena menzionato, con il decennio che si apprestava ad iniziare, avviene la rinascita della Regina del Soul in modo del tutto inaspettato. Il suo grande ritorno al successo non lo si deve ad un concerto, non lo si deve ad un nuovo singolo ma bensì alla riproposizione di uno dei suoi tanti brani famosi in un musical massacrato dalla critica cinematografico ma diventato un cult movie.
Si ritrovò ad intonare nuovamente ‘Think’ nella memorabile scena della tavola calda nella pellicola cinematografica diretta da John Landis, il futuro regista del cortometraggio musicale ‘Thriller’ del Re del Pop Micheal Jackson, ed interpretata da Dan Aykroid e John Belushi ed impreziosita dalla presenza di tanti altri pezzi grossi della tradizione musicale afroamericana: ‘Blues Brothers’.
Due anni più tardi si presenta ai propri fan con ‘Jump to it’, trentunesimo album della sua carriera. In verità bisogna precisare che a parte la pausa avutasi tra il 1956 fino al 1961, da quest’ultimo anno Aretha non si era mai fermata. Un disco ogni anno e qualche volta anche qualche quarantacinque giri.
Se con ‘Jump to it’ si presenta con un soul più moderno e più vicino alle richieste del mercato, senza andare a discapito delle sue capacità vocali, nel 1985 si presenta in maniera ancora più prepotente e grintosa con un sound vicino alla ‘disco’ di quel periodo grazie al singolo irresistibile, e anche ballabile tra l’altro, dal titolo ‘Freeway of love’; compreso in ‘Who’s Zoomin Who’.
Confermato sempre di più il suo trono, visto che nessun’altra cantante era riuscita a spodestarla, Aretha Franklin prosegue senza ulteriori scossoni e continuando, tra l’altro, a fare incetta di Grammy Awards. Saranno in tutto 21 i premi conquistati nella sua lunga carriera. E proprio durante uno di quei ‘Grammy Awards, senza nemmeno aver provato prima, si ritrovò a sostituire il Nostro ed indimenticato Luciano Pavarotti il quale si sarebbe dovuto esibire nell’edizione del 1998. Il brano da eseguire era ‘Nessun dorma’, non proprio di musica leggera a come lei ci aveva abituato fino a quel momento.
Si potrebbe pensare ad un azzardo, dunque. Non per lei, soprattutto dopo che nello stesso decennio che aveva riottenuto la celebrità aveva incominciato a presentare problemi con la sua angelica e potente voce. Nulla di preoccupante, ma a causa dell’abuso eccessivo delle sigarette il suo timbro vocale era più cupo rispetto agli esordi. Proprio per questo motivo la sua voce viene distinta in due periodi diversi: prima il decennio 1980 e dopo. Fortunatamente la cantante decise di smettere di fumare giusto trent’anni fa e dopo sette anni, a quei Grammy Awards del 1998, si presentò in questa forma. Da notare che il primo verso in italiano della performance è totalmente improvvisato.
Nella sua lunga carriera la grande grandissima cantante afroamericana si cimentò in quasi qualsiasi genere musicale. Oltre al soul c’è da ricordare il rythm and blues, il pop, la ‘disco’, il jazz e anche con il cosiddetto spiritual e gospel. Sono diversi i momenti, per non dire spezzoni di concerti o apparizioni in cui si cimenta nel genere o anche album natalizi pubblicati nel corso negli anni. Il brano che l’accomuna, in via indiretta, ad Elvis Presley è Amazing Grace e qui sotto vediamo ascoltiamo un audio ufficiale in una delle tante volte in cui si è esibita.