Da dove iniziare per parlare del grande ed immenso Ernest Hemingway? Dalla sua data di nascita, che cade il 21 luglio del 1899, o da quel maledetto 2 luglio di sessanta anni fa, quando decise di troncare la sua vita? Regalando così, ai posteri, più di una traccia del suo passaggio terreno in questo mondo?

Non è facile, per chi ama la letteratura. Non è facile per chi apprezza la sua vita, avventurosa e malinconica per certi aspetti, e per tutti coloro che almeno una volta hanno avuto il piacere di avere fra le mani, e di leggere, uno dei suoi romanzi; pietre miliari non solo della letteratura statunitense, ma anche di quella mondiale.

Scegliere o comunque stabilire quale sia il migliore è un’impresa complicata da portare a termine. Dal punto di vista oggettivo, però e non solo per dovere di cronaca, appare giusto ricordare un titolo in particolare che lo portò a conquistare il Premio Pulitzer nel 1953; sì proprio quel tipo di riconoscimento che comunemente viene assegnato ai migliori giornalisti e di fatto lui è stato anche un giornalista. Ma il premio riguardava la categoria della narrativa.

Il titolo del romanzo era quell’irripetibile capolavoro, il quale ispiro anche una famosa trasposizione cinematografica, ‘Il vecchio e il mare’ del 1952, il romanzo, il film, impreziosito da una magistrale performance di Spencer Tracy, uscì nelle sale l’anno successivo e sempre in quello stesso anno, per lo stesso romanzo, vinse anche il Premio Bancarella.

Nel 1954 ottenne un altro riconoscimento, sancendo in maniera inequivocabile e definitiva, la sua immensa grandezza avuta in vita a differenza di altri suoi colleghi e predecessori prima di lui che l’hanno avuto postuma, con il Premio Nobel per la letteratura. Fu proprio in questi due ultimi anni che Ernest Hemingway andò in contro ad una parabola discendente e che lo avrebbe portato, dopo qualche anno, al gesto estremo con il quale terminò la sua vita.

Una parabola discendente che era legata a diversi fattori. Uno su tutto la sua incontenibile voglia di vivere sempre al limite. Il cinismo, riscontrato in età adolescenziale, lo spingeva verso una pericolosa passione per le sfide, soprattutto quelle di sopravvivenza. Ecco perché organizzava spesso dei safari anche contro il parere dei medici. Specie nel periodo in cui si ammalò di nefrite ed epatite. Beveva, molto, tanto. Non gli importava di spingere il suo corpo, sempre più debole, a continui stress fisici.

Dicevamo dei suoi capolavori letterari, alcuni di questi portati anche sul grande schermo di quegli anni. Non solo ‘Il vecchio e il mare’, ma anche il leggendario ‘Addio alle armi’, la cui trasposizione cinematografica risale al 1957 con un cast internazionale e con la presenza di Vittorio De Sica ed Alberto Sordi. Storia ispirata alla sua esperienza durante il primo conflitto mondiale e come tenente della Croce Rossa americana. In quell’occasione gli venne riconosciuto il suo coraggio, la sua abnegazione e la sua sensibilità nel portare conforto ai nostri militari impegnati in conflitto, con la medaglia d’argento al valore militare.

E ancora: ‘Verdi Colline d’Africa’, ‘Per chi suona la campana’ e ‘Fiesta’ . In quest’ultimo romanzo emergeva tutta la sua passione per le corride e che vengono descritte con una semplicità disarmante.

Questo particolare ci permette di entrare in maniera più approfondita nel suo modo di scrivere, nel suo stile letterario alquanto particolare. Asciutto e fondato essenzialmente sulla paratassi del linguaggio e dell’ipobole. Ecco in sostanza la sua scrittura, fondata su termini molto tecnici i quali, rispettivamente, significano: la costruzione del periodo costituita da proposizioni coordinate, paratassi; e una figura retorica, di origine inglese, che consiste nello sminuire il peso di un determinato fatto o di una determinata situazione, oltre i limiti della verosimiglianza, con ironia e con sconfinamento con il paradosso, ipobole.

Una curiosità: proprio nel porsi con tipo di questo stile considerava come ‘nemico’ lo scrittore americano Dashiell Hammett, nonostante quest’ultimo pubblicava storie di tutt’altro genere.

D’altronde Hemingway ha trascorso la vita con una penna ed un foglio. Centouno anni fa, due anni dopo l’esperienza sul fronte italiano, iniziò una collaborazione con il ‘Toronto star’, un quotidiano canadese. Scrisse per il giornale per diversi anni, con il tentativo di farsi pubblicare alcuni suoi racconti, cosa che non avvenne

Per quanto riguarda il suo esordio letterario molti lo attribuiscono al suo primo romanzo ufficiale, con anno 1926: Fiesta, dove il sole sorge ancora; altri invece fanno risalire la data al 1912. Anno in cui lo scrittore incomincio a sviluppare una serie di poesie, le quali troveranno il giusto spazio e attenzione con la raccolta ’88 poesie’. Pubblicata venti anni dopo la sua tragica scomparsa.

Ma la sua indole di scrittore non era dovuta al caso. Fin da bambino, mostrò grande interesse per le materie letterarie e, soprattutto, fu avvicinato, per non dire incoraggiato, da alcune sue professoresse che notarono questa sua propensione. Il resto, ormai, è storia, sia personale che della letteratura mondiale. 

All’inizio abbiamo scritto che non è facile decidere da dove iniziare nel parlare di lui. Analizzarlo, nel giorno della sua tragica ricorrenza, sa di saputelli nei confronti di un mostro sacro e abbiamo solamente menzionato alla sua data di nascita: 21 luglio del 1899 a Oak Park, un sobborgo di Chicago. Quando decise di terminare i suoi giorni, con una fucilata all’alba del 2 luglio del 1961, Ernest Hemingway emulò suo padre, il quale si uccise, nel 1928, a causa di problemi finanziari.

Il grande scrittore, invece, soffriva ma non per problemi economici. Soffriva a causa della depressione, contro la quale combatteva dal 1957, almeno ufficialmente, e contro forme di paranoia. Era convinto di essere perseguitato e di essere spiato. In parte questa sua preoccupazione era vera, visto che dopo la sua morte si scoprì che l’Fbi lo seguiva.

Fino alla data del 2 luglio aveva pubblicato ben 8 romanzi, dal 1926 al 1952. Altri quattro verranno pubblicati postumi: ‘Festa mobile’, ‘Isole nella corrente’, ‘Il giardino dell’Eden’ e ‘Vero all’alba’.

In tutti i suoi romanzi, comunque, c’era qualcosa di lui. Qualcosa che aveva fatto, che aveva vissuto in prima persona e i luoghi in cui era stato. Su di lui ci sarebbero da dire ancora tante cose, da ricordare tanti aneddoti sulla sua esistenza. Ma un articolo non basta e non può bastare. Ci vorrebbe un saggio, ben scritto e dettagliato su tutta la vita e le opere su uno degli scrittori più influenti della sua generazione; ovvero quella che appartenne alla cosiddetta ‘generazione perduta’, di quelli che vissero durante la Prima Guerra Mondiale.

Decise di morire con un colpo di fucile in bocca, forse se avesse resistito a quel maledetto impulso incontrollabile dalle sue manie e dalla sua sofferenza, molto probabilmente ci avrebbe regalato altre opere da ricordare e da analizzare. Invece decise di andarsene all’età di 61 anni, rimanendo sempre fedele a sé stesso.

FONTE FOTO WIKIPEDIA

2 pensiero su “ERNEST HEMINGWAY: UNA VITA SEMPRE AL LIMITE E ROMANZI LEGGENDARI”

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