Saigon, Vietnam del sud. Anno 1965. A tenere alto il morale delle truppe americane durante il conflitto, uno speaker radiofonico statunitense arriva direttamente dall’Isola di Creta. Lo speaker radiofonico non ci metterà molto ha mettersi nei guai con i suoi superiori. Questa dovrebbe essere, rigo meno o rigo più, il sunto della trama di un film che, badate bene, sembra totalmente inventata e studiata a tavolino ma, in realtà, è una delle tante ‘storie vere’ che si sono affacciate sul grande schermo nel corso di questi decenni.
Il reale protagonista di questa vicenda si chiamava Adrian Cronauer, aviere Adrian Cronauer, e nell’esordire ogni mattina con il suo programma era solito usare un’espressione alquanto bizzarra e che, in pochissimo tempo, divenne il suo marchio di fabbrica. Un’espressione che, ventidue anni più tardi, fu presa in prestito per dare titolo all’opera cinematografica dedicata a quella vicenda di cui era l’unico ed assoluto protagonista: Good Morning, Viet-Nam!
Uscito il 23 dicembre del 1987 negli Stati Uniti, diretto da Barry Levinson e scritto sia come soggetto che come sceneggiatura da Mitch Markovitz, l’idea di portare sul grande schermo la vicenda fu proprio dallo stesso Cronauer. All’inizio l’ex-aviere dell’aviazione degli Stati Uniti pensò di far conoscere la sua esperienza attraverso una situation comedy. Ma a quei tempi visto che la guerra del Viet-Nam era una ferita ancora aperta non fu possibile portare avanti il progetto.
Quando Markovitz realizzò la sceneggiatura il problema fu quello di trovare un attore capace d’interpretare questo particolare personaggio. Lo stesso script non presentava, in alcuni punti, battute scritte in maniera precisa; quindi voleva dire che chiunque avesse ottenuto il ruolo doveva, per forza di cose, improvvisare. E chi meglio dell’istrionico Robin Williams poteva farlo? Nessuno, a parte lo stesso attore di Chicago che alla sua prima vera occasione fece centro, entrando di diritto nell’olimpo dei grandi di Hollywood.
Le sue doti naturali d’improvvisatore erano talmente evidenti che sia il regista, sia lo sceneggiatore e sia lo stesso Cronauer gli lasciarono completamente carta bianca. Morale della favola: l’ex-interprete della serie cult anni ’70 e ’80, ‘Mork & Mindy’, sfiorò l’Oscar come miglior attore protagonista nel 1988, ma ottenendo il Golden Globe sempre nello stesso anno e sempre come miglior attore in un film commedia o musicale. Soffermandosi, però, su questo punto, e andando a ‘spulciare’ qualche sito di internet interamente dedicato al cinema, si scopre che i generi indicati del film sono: il drammatico, quello biografico e di ‘guerra’.
Nonostante il genere ‘commedia’ è ben presente all’interno del film non viene ugualmente indicato. Forse sarebbe più giusto indicare l’ironia e non la commedia. Ma l’ironia in sé, nella storia della settima arte, non ha mai rappresentato e non ha mai dato vita ad un genere a sé stante.
Il film funziona per diversi motivi e non solo grazie a quel fuoriclasse di Williams. Funziona anche grazie ad una sceneggiatura che sa unire diversi momenti: da quello spensierato a quello prettamente comico, dal drammatico al meramente riflessivo in maniera semplice e senza forzature. Uno sviluppo lineare, supportato anche e soprattutto da ottimi attori che ruotano intorno al personaggio principale: un giovanissimo Forest Whitaker, Bruno Kirby, J. T. Walsh, Robert Wuhl e Noble Willingham.
Ulteriore punto di forza, e non si può fare a meno di citarlo, è la musica presente nel film; per una colonna sonora evocativa non solo di un’annata americana ma di quell’epoca indimenticabile. Una colonna sonora non solamente è composta da varie hit di successo, ma anche dalle musiche composte da Alex Noth.
Si può sostenere che ‘Good Morning, Viet-Nam’ è sia un film drammatico, sia un film bellico, sia un film drammatico e indirettamente una commedia ed un film musicale, con un’ironia molto, ma molto pungente. Williams non salva nessuno di quel periodo: l’allora Presidente Johnson e sia il suo successore, Richard Nixon, Ho chi Mihn, il linguaggio swap. Lascia completamente il segno per un’operazione simile a quella che fece, molti anni addietro, Charlie Chaplin con ‘Il Grande Dittatore’ del 1940.
Il film mette in chiaro di come all’epoca anche chi stava nell’esercito, quindi non proprio contrario al conflitto, era comunque in disaccordo con l’utilizzo di alcuni metodi di fare. ‘Good Morning, Viet-Nam’, nelle quasi due ore di visione, ha il merito di far ridere, di far trascorrere il tempo a chiunque avesse voglia di vederlo e di far, allo stesso tempo, riflettere e commuovere facendoci scoprire, come principale scopo, questa incredibile storia vera di Adrian Cronauer e con la speranza, sbandierata alla fine del film, che tutti alla fine sarebbero potuti tornare a casa. Cosa che purtroppo non si avverò per molti.
Il vero Adrian Cronauer tornò a casa molto tempo che la guerra finisse. Divenne giornalista e addirittura avvocato e morì giusto due anni fa: il 18 luglio del 2018.