Intervista al giornalista e autore letterario di ‘Makari’
Dopo Andrea Camilleri, Maurizio De Giovanni, Antonio Manzini, Gabriella Genisi, Carlo Lucarelli anche il giornalista, e scrittore, Gaetano Savatteri ha regalato, prima alla letteratura e poi alla televisione, un nuovo eroe al quale affezionarsi. Un nuovo investigatore privato, molto casuale, che indaga sui casi che gli capitano per puro spirito di curiosità. Come ricordato nell’articolo di ieri, anche la seconda puntata di ‘Makari’ ha conquistato i 6 milioni di telespettatori e per la nostra rubrica, ‘Incontri’ e per di più incontri telefonici, abbiamo chiesto al padre di Saverio Lamanna come si sentiva del successo della serie tratta dai racconti e romanzi.
“Sono contento e partiamo dal presupposto che il film è un prodotto diverso dai libri. Tanto più sono diversi, tanto vivono di vita propria”. E senza nemmeno darci il tempo di porgli la domanda, forse perché se l’aspetta da cronista navigato quale è, ci risponde così: “Non ho preso parte alla sceneggiatura, non preso parte alla formazione del cast. Non ho fatto nulla. Me lo sono visto da spettatore. Sono contento perché la Sicilia torna ad essere il personaggio di una fiction. Ed è la mia Sicilia. Quella di oggi, contemporanea”.
La Sicilia, dunque, torna ad essere protagonista nei suoi romanzi e nella fiction. Un Sicilia diversa, spensierata, con panorami mozzafiato paragonabili alle isole Hawaii, lontana dalle storie tristi e tragiche che tutti noi conosciamo e dai soliti stereotipi. Anche se Savatteri, su questo aspetto, ci fa riflettere:
“La Sicilia è piena di stereotipi, non possiamo farne a meno. Ci sono vari stereotipi dal dopoguerra. E naturalmente ogni autore, come ho fatto io, tenta di decostruire lo stereotipo esistente e, magari, costruendone di nuovi. Sono contento che la Sicilia parli la lingua di oggi e che abbia, al suo interno, delle dinamiche difficili e contraddittorie della regione e che continua ad essere un grande contenitore di storie”.
La sua è un’osservazione semplice e profonda. Vale, a rigor di logica, per ogni autore che scrive o che comunque decide di ambientare le proprie storie nelle proprie zone di appartenenza. Difendendole, in parte, e criticandole, dall’altra. In questa visione rientra proprio il suo personaggio: “Peraltro Saverio Lamanna è il classico personaggio che torna nella sua terra d’origine che incomincia a vederla con un occhio esterno; anche in maniera dissacrante e anche critico”.
A quel punto appare anche spontaneo chiedergli quanto c’è di Gaetano Savatteri in Saverio Lamanna: “Non sono io ma potrebbe essere un amico. Saverio come me ascolta la stessa musica, legge gli stessi libri, ha visto i miei stessi film. Siamo quasi della stessa generazione, è un po’ più giovane di me. Anche lui ha l’esperienza dei siciliani che vanno fuori e che poi ritornano con tante illusioni e delusioni che uno si porta a presso. Quindi ha molte cose simili a me. Anche Piccionello è simile a me”.
Spontaneo è anche il cercare di scoprire come sia stata ideata la serie letteraria ‘Makari’: “C’è stata l’idea di voler creare un personaggio che non fosse un investigatore professionista. Ma un investigatore casuale. Uno che si avvicina ai casi di cui si occupa o causalmente o dallo spirito di curiosità. Che parte da un’indagine sociale più che l’indagine poliziesca. E che si ritrova ad indagare senza rispettare nessuna procedura, nessun capo. Lamanna è un disoccupato, non ha nemmeno dove scrivere le sue storie essendo di genere romanzi e che sono i suoi resoconti. E l’idea di fare un investigatore svagato e casuale che usasse spesso l’arma dell’ironia come strumento di decodifica di lettura del suo mondo”.
Riprendendo la sua prima risposta, in cui ci sottolinea che in ogni tipo di trasposizione risulterebbe diversa dalla versione letteraria, approfondiamo su come i personaggi se l’era immaginati: “Sinceramente Lamanna lo immaginavo diverso, con ciò non si discute la bravura dell’attore. E’ un siciliano anomalo, inedito. Ha gli occhi chiari. Un siciliano che ha un misto di normanni, francesi, spagnoli, arabi come molti siciliani che si portano dietro un codice genetico di migliaia di anni di dominazioni”. Su Piccionello: “Si, abbastanza vicino. Forse era più facile da individuare, perché dentro di sé ha una caratteristica comica. Piccionello è abbastanza simile a come lo immaginavo io, pensando anche ad amici miei che ho rubato dalla mia storia personale per inventare Piccionello”.
Tra le informazioni che abbiamo, in verità poco chiare, scopriamo che ci sarebbero due anni in cui verrebbe indicato la pubblicazione del suo primo romanzo e lui soddisfa anche quest’altra nostra curiosità: “Il mio primo romanzo l’ho scritto per la Sellerio è ‘La congiura dei loquaci’. Ed è basato su un fatto realmente accaduto nel mio paese Racalmuto, in provincia di Agrigento la città di Sciascia, dove avevano ammazzato il sindaco nel 1944 e di questo episodio ne parla Sciascia in uno dei suoi racconti, in uno dei suoi romanzi, in uno dei suoi primi libri e io da lì sono partito su questo caso misterioso dove andò in galera una persona per questo sindaco messo dagli americani nel 1944.
Su questo fatto erano tutti convinti che non fosse lui il colpevole. E Sciascia scrive ‘Io conosco quell’uomo. Lo faccio capace di un furto e non di un omicidio. Ma tutti possiamo sbagliare, anche un maresciallo dei carabinieri’. Quindi sono partito da questo piccolo episodio che racconta Sciascia e ho cercato di immaginarmi cosa fosse successo nel novembre del 1944 quando ammazzarono il sindaco. Utilizzando anche le posizioni dell’epoca, il processo, ho utilizzato un po’ di documenti e poi è nato il romanzo”.
Parla di Racalmuto, il suo paesino. Ma in verità, Gaetano Savatteri, è nato a Milano da genitori siciliani i quali, poi, tornarono nella loro terra e lui si trasferì con loro intorno ai tredici-quattordici anni. Un triennio più tardi, con alcuni suoi amici, fonda un giornale. Un piccolissimo quotidiano, per l’epoca, che a distanza di anni è ancora attivo. Si chiama ‘Malgrado tutto’ e, giocando un po’ con il nome della piccola testata giornalistica, malgrado Gaetano e i suoi amici era solamente dei sedicenni domandarono, gentilmente e gratuitamente, se un illustrissimo corregionale poteva realizzare degli articoli per loro:
“Io e alcuni ragazzi, avevamo sedici anni, nel 1980 fondammo un piccolo giornale di Paese, un foglio, e la prima cosa che abbiamo fatto: siamo andati a chiedere un articolo a Sciascia e lui lo scrisse un piccolo articoletto. Da lì in poi il giornale ha continuato a vivere, e che continua a vivere ancora sul web, che si chiama ‘Malgrado Tutto’.
La firma di Sciascia ci consentì di ottenere molto gentilmente e gratuitamente dei piccoli articoli di Gesualdo Bufalino, di Andrea Camilleri, di tutta una serie di persone che siccome ci aveva scritto Sciascia, con grande generosità, si dissero ‘se ci scrive Sciascia ci posso scrivere anche io’. Ogni tanto ci regalavano una pagina che avevano scritto e questo ci consentiva anche di avere delle interviste a questi grandi scrittori che per dei ragazzi che stavano nel sud del sud del mondo era una grande palestra”.
Una grandissima palestra, aggiungiamo noi, che lo ha portato ad esordire tre anni più tardi attraverso le colonne del Giornale di Sicilia. A seguire scrive per ‘L’indipendente’, inviato per il tg5 e attualmente collabora con Nicola Porro nella trasmissione ‘Quarta Repubblica’. Una carriera lunga la sua, dunque, che lo ha portato a seguire anche casi di cronaca tristemente famosi non solo per il mancato lieto fine, ma anche per la tenera età delle vittime.
Uno di questi, sembra, aver ispirato non solo uno dei racconti di Lamanna ma anche la prima puntata di ‘Makari’: “Ma no guarda, purtroppo di storie di bambini dai tempi di Vermicino ce ne sono tante. Poi di Gravina. Io personalmente, per motivi di lavoro, ho seguito la scomparsa di Desireé Pipitone, a Mazara del Vallo, che non è mai stata trovata. Purtroppo queste storie di incidenti o atti di violenza contro i bambini purtroppo sono molto presenti nella nostra realtà e facendo il giornalista mi è venuto in mente di queste storie che ti strappano l’anima, storie di bambini che alle volte scompaiono e che non finisce bene”.
Torniamo alla sua carriera e in modo particolare a quando scrisse il suo primo articolo: “Il mio primo articolo fu una maratona fatta a Palermo. Era un piccolo articolo, che dovrei avere da qualche parte, e come si usava a quei tempi non era nemmeno firmato e conquistare la firma su un giornale dovevano passare mesi”.
Sentire queste parole, sul fatto che gli articoli in una certa epoca non potevano nemmeno venir firmati con il proprio nome, mette di sicuro i brividi. Ci riporta verso un tempo in cui diventare qualcuno voleva dire, prima di tutto, avere molto pazienza e costanza oltre che talento. Non abbattersi ai primi ostacoli. Certo pensare poi che quel ragazzino di sedici anni, oggi giornalista affermato, sia stato supportato indirettamente da grossi personaggi per il suo piccolo giornale non ha facilitato le cose. Perché nulla è facile. Di sicuro, però, rappresentò, ancor di più, una grossa spinta per la strada che aveva scelto.
L’ultima domanda ci riporta alle casuali indagini dei suoi personaggi. Avranno un continuo: “Certo, proprio per questo non c’entro niente con i film e la sceneggiatura, perché volevo tenermi libero di scrivere i miei personaggi senza diventare vittima della serie, per farli vivere liberamente. Così come me li immagino e così come ogni lettore deve continuare ad immaginarseli”.
Inoltre ci ricorda che su Saverio Lamanna, proprio in questi giorni, è uscito ‘Quattro indagini a Makari’. Raccolta dei primi casi dell’investigatore casuale. Allora tutti in libreria per acquistare una copia.