Una breve serie di appuntamenti per celebrare i sessanta anni della marcia più famosa della storie dei diritti civili negli Stati Uniti d’America.
Vi dice nulla l’espressione ‘Bloody Sunday’? Qualcuno di voi, di sicuro, risponderà anche di sì, ma solo in maniera indiretta darà la risposta giusta. Sicuramente vi fermerete all’aspetto tipicamente musicale. D’altronde, con tale frase viene identificata anche una delle tante canzoni leggendarie degli U2. Eppure, non è proprio questo il momento adatto per ricordare i grandi capolavori della band irlandese.
Semmai fermiamoci alla traduzione di queste due parole: Bloody Sunday’. E semmai, vogliamo essere ancor più pignoli soffermiamoci sull’ultima parola: Sunday, che tradotto nella nostra lingua significa, molto semplicemente, il giorno della domenica.
Cosa accade realmente in quel giorno di festa? Quello che non sarebbe mai e poi mai dovuto accadere e che poteva, addirittura, rappresentare la più grande sconfitta del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti d’America. in tutto vennero contate ben 600 persone che all’alba si alzarono con l’intenzione di percorrere ben 54 miglia, che corrispondono ai nostri 90 km. Seicento persone, i quali non avevano dalla loro parte, quel settimo giorno del mese di marzo la guida per antonomasia, rimasta bloccata a casa per problemi familiari. Almeno così la storia ci dice.
Detto questo tutto, però, sembra ricondurre ad un unico luogo; quasi una sorta di località sacra per gli afroamericani: da Montgomery a Montgomery, ma partendo da Selma. Avete ragione, sembra un gioco di parole; forse anche una presa quasi in giro. Eppure, è proprio così. queste due cittadine, la prima del Tennessee e la seconda dell’Alabama, sono separate, per la precisione, da ben 54 miglia, che nella nostra unità di misura corrispondono a ben 90 km. Ebbene, il giorno 7 marzo, esattamente all’alba del 7 marzo del 1965, di domenica, iniziò quella che poi diventerà la prima marcia da Selma a Montgomery per conquistare il diritto al voto.
Ma perché la cittadina del Tennesse l’abbiamo menzionata due volte? Semmai quella sera del 1° dicembre del 1955, l’anonima ed umile sarta non si sarebbe ribellata a quella richiesta di cedere il posto ai bianchi tutta quella leggendaria serie di proteste si sarebbe verificata? Avremmo avuto, poi, il famoso 28 agosto del 1963, in cui il Reverendo Martin Luther King pronunciò l’epico discorso ‘I Have Dream’.
È vero, forse stiamo pompando un po’ troppo quegli avvenimenti. In fondo, però, pensare a come va oggi il mondo, a come si sceglie di risolvere certe problematiche ci viene, naturale pensarlo e crederlo, di avvertire un bel po’ di nostalgia; anche da parte di chi, quegli anni, non li ha mai visti con i propri occhi, ma ne ha sentito solamente parlare dai nonni, prima, e dai genitori, poi.
In quell’agosto del 1963, Medgar Evers era morto già da qualche mese, mentre Mlk si sarebbe guadagnato, quello stesso giorno, il diritto di ricevere a furor di popolo il premio Nobel per la pace. Era l’anno 1964, dicembre per essere precisi. Qualche mese più tardi, lo stesso pastore protestante, dopo quasi dieci anni di lotte che avevano portato a diversi risultati, tra cui quello principale di smantellare, pezzo per pezzo, il terribile sistema di leggi conosciuto come ‘Jim Crow’.
D’altronde potremmo anche citare la famosa espressione ‘Sliding door’, ‘porta girevole’ tradotto in italiano. Semmai quella sera del 1° dicembre del 1955, l’anonima ed umile sarta non si sarebbe ribellata a quella richiesta di cedere il posto ai bianchi tutta quella leggendaria serie di proteste si sarebbe verificata? Avremmo avuto, poi, il famoso 28 agosto del 1963, in cui il Reverendo Martin Luther King pronunciò l’epico discorso ‘I Have Dream’.
Il primo tentativo non si rivelò particolarmente positivo, gli agenti di polizia caricarono i pacifici manifestanti arrivati alla fine del famoso ponte di Edmund. Le immagini di tafferugli e violenza fecero il giro del mondo. Fu una delle prime volte che un evento del genere venne seguito in diretta televisiva. Martin Luther King non fu presente in quel 7 marzo di 60 lunghi anni fa, conosciuto con l’espressione ‘Bloody Sunday’
Per motivi di sicurezza, si disse o anche perché, lo stesso pastore, secondo la ricostruzione del famoso ed omonimo film diretto da Ava DuVernay, del 2014, aveva problemi con sua moglie, Coretta. Ricostruzione, questa, fedele a ciò che accadde realmente quella mattina di ben sessanta anni fa.
Il martedì successivo i manifestanti ci riprovarono. Partirono nuovamente da Selma per entrare a Montgomery. In quel secondo tentativo Martin Luther King era presente e quando giunsero a destinazione gli uomini dello sceriffo non fecero opposizione, non attaccarono in nessun caso. Eppure, il Dottor King decise di non passare. Il motivo?
Da tempo il Premio Nobel per la pace stava cercando di convincere Johnson a mettersi in prima linea e ad occuparsi della questione garantendo l’applicazione della legge sui diritti civili; quella stessa legge voluta dal defunto Presidente Kennedy, ma ovviamente non bastava. Il problema non era tanto il riconoscimento del principio di uguaglianza dal punto di vista formale, che ormai era garantito soprattutto attraverso i vari emendamenti della costituzione, il problema era l’applicazione dal punto di vista sostanziale che non era stato ancora riconosciuto.
Tale riconoscimento avvenne dopo la seconda marcia e, allo stesso dopo, che un uomo di chiesa bianco venne assassinato dai membri del Ku Klux Klan. La terza marcia si svolse a partire dal 16 marzo ma fino al 24 marzo fu una vera e propria processione fino al tribunale federale dello stato dell’Alabama.
Di fatto, questa conquista rappresentò per lo stesso Martin Luther King e per il movimento che rappresentava, una delle vittorie più significative della lotta in favore dei diritti civili. A distanza, però, di sessanta anni esatti molto ancora si deve fare, molto ancora è da conquistare o da riconquistare e non solo nei confini americani; ma di certo non con i modi di oggi, ma con il dialogo e perché no, anche con la compassione e di sicuro non basteranno solo le ormai famose 54 miglia percorsi in quei giorni del marzo del 1965.
Eppure, dopo questa considerazione finale il racconto non è per nulla terminato, vi diamo appuntamento a domenica per raccontarvi cosa realmente successe quel famoso martedì di sessanta anni fa…
CONTINUA…