Un libro di Stephen King, ma un film di Stanley Kubrick
Come sappiamo, Shining lo scorso aprile ha celebrato il suo il suo 40esimo anniversario. In Italia, tuttavia, tale anniversario si sposta al 22 dicembre, data in cui la pellicola è ufficialmente uscita nei nostri cinema. Quale migliore periodo per celebrare l’anniversario dell’horror “kubrickiano” per eccellenza tra il freddo e la neve, in richiamo al notissimo finale?
Era il 22 dicembre 1980 quando Shining faceva la sua comparsa nelle sale italiane, a ridosso, quasi volendo seguire una certa macabra ironia, delle feste Natalizie. Diretto da Stanley Kubrick e co-scritto con Diane Johnson, la pellicola è tratta dall’omonimo e celebre romanzo creato dalla penna di Stephen King nel 1977.
Il film narra la drammatica vicenda della famiglia Torrance. Jack (Jack Nicholson), il capofamiglia, è uno scrittore squattrinato, chiamato a gestire, come custode, l’Overlook Hotel, sulle alte montagne, per il periodo invernale, quando il locale è chiuso ai visitatori. Viene resa ben presto nota la storia dell’hotel, teatro di un macabro omicidio per mano del precedente custode. Nonostante ciò, Jack decide di accettare il lavoro, in quanto per l’uomo l’occasione è ottima per poter portare a termine il suo romanzo.
Decide, pertanto, di partire e portare con sé la moglie Wendy (Shelley Duvall) e il piccolo figlio Danny (Danny Lloyd). Per Wendy questa sarebbe,invece, l’occasione per avere un nuovo inizio, dato che la famiglia era stata precedentemente scossa da un episodio di violenza perpetrato dallo stesso Jack.
Quello che avrebbe dovuto essere un periodo tranquillo e rilassante, si trasforma in un incubo, nel quale il piccolo Danny capisce di essere in possesso dello shining (tradotto in luccicanza), una sorta di capacità extrasensoriale che gli fanno avere visioni sul passato e sul futuro e non solo.
In occasione del 40esimo anniversario, inoltriamoci nella riscoperta di uno degli horror che ha fatto la storia del cinema, tra analisi e curiosità.
Kubrick è sempre stato una personalità molto particolare, animato dalla volontà di voler connotare ogni opera della sua personalità e anima. Stessa cosa è accaduta con Shining dove la presenza di Kubrick è fortemente presente, tanto da renderlo un film “kubrickiano”, diventa “suo” e non di “altri”, allontanandosi dall’universo di King.
Lo scrittore provò sin da subito a scrivere la sceneggiatura tratta dal proprio libro, tuttavia Kubrick (secondo quanto racconta David Hughes, biografo di King) rifiutò categoricamente la possibilità, spinto in parte dai pregiudizi e in parte da manie di controllo.
Il parere del regista era che King fosse uno scrittore mediocre, abile solo nel produrre opere interamente per le masse, senza un reale contenuto artistico. Kubrick preferiva avere potere assoluto riguardo le interpretazioni delle opere, considerandole come proprie. Come risultato, l’horror kubrickiano è sicuramente diverso dall’omonimo libro e, per tal motivo, King fu fortemente critico. Secondo lo scrittore, Kubrick aveva snaturato totalmente la storia originale e i personaggi, in particolare nel caso di Jack Torrance, dove il personaggio sembra semplicemente un uomo da sempre stato folle.
Riporterà questa stessa opinione anche nel 2019, quando in occasione dell’uscita in sala di Doctor Sleep (diretto da Mike Flanaghan), King affermerà che il sequel è stato in grado di restituire grande riscatto al libro primo. Nonostante le differenze con il libro, è innegabile che Shining sia un pilastro del cinema horror, riuscendo a mantenere la sua alta qualità anche dopo 40 anni.
Un’opera inquietante e allo stesso tempo di grande attrazione per chi è affascinato dalla rappresentazione del Male. Un Kubrick al suo stato più puro, caratterizzato dalle sue tipiche simmetrie e la ricerca precisa di ogni dettaglio al suo posto, fotogramma dopo fotogramma, il legame tra i movimenti di macchina e le geometrie delle inquadrature. Insomma, un’opera dalla forte e riconoscibile impronta estetica.
Shining è la rappresentazione di quel male che ti colpisce la dove sono presenti le tue fragilità, durante i momenti di sconforto. Non è mai totalmente sconfitto, ma vive in un’ottica nella quale esso fa parte di un ciclo continuo, che si ripete, ruotando assieme al bene. Nell’Overlook le due nature ad un certo punto convivono insieme, rendendo più sottile in confine. Jack in un certo senso, diventa malvagio, trascinato da
queste forze e si fonde con esse.
Wendy e Danny ne sono vittime, ma le loro anime sono davvero estranee
all’hotel? Forse non del tutto. Indimenticabile in quest’ottica, la prova attoriale di Jack Nicholson che ci regala uno dei folli più “amati” dell’horror. Il Jack Torrance di Kubrick è uno psicopatico che ci fa paura per l’imprevedibilità e allo stesso ci affascina, grazie ai suoi monologhi intensi.
Ci siamo avvicinati a Jack così come abbiamo imparato ad apprezzare anche Norman Bates, che tanto ha di diverso da Jack, ma, allo stesso, possiede sfumature comuni, entrambi in perenne lotta tra ciò che è bene e ciò che è male. Jack non è solo vittima delle azioni dei fantasmi, ma è egli stesso una sorta di fantasma.
Lo è talmente tanto da farsi assorbire da uno di loro, riducendo all’inesistenza tutto ciò che di buono poteva avere e coltivando solo il maligno che già si celava nel suo animo. Più il guardiano entra a contatto con i suoi incubi, più si plasma a loro immagine.
Questo forse è uno dei motivi che ha reso così amato e ancora attuale Shining, perché tutti in un modo o nell’altro temiamo il contatto con i nostri propri fantasmi e incubi. Vedere qualcuno che li incontra scontrandosi con
essi, diventa per noi temibile, ma, allo stesso tempo, affascinante e motivo di curiosità e questo è inoltre, anche il principio fondante per il funzionamento di ogni horror che si rispetti: l’attrazione per ciò che è
proibito e pericoloso. In questo Kubrick riesce a pieni voti.
Ognuno dei protagonisti si interfaccia con i fantasmi in modo diverso. Con Jack ci immergiamo sempre più nella forza attrattiva del male. Con Wandy sentiamo tutta la disperazione e l’angoscia. La donna è succube dei fantasmi e ciò le crea una paura che esplode alla fine. Mentre con Danny percepiamo la paura infantile.
Nella celebre scena del triciclo, il bambino ha un contatto diretto con i fantasmi delle due inquietanti gemelle. Il ruolo in Shining consacrò la carriera di Nicholson, già fortemente nota, aprendolo verso ruoli sempre più complessi come il clown psicopatico del Batman di Tim Barton del 1989. Sul set Nicholson dimostrò di essere anche un abilissimo improvvisatore.
La sequenza in cui Jack rimprovera Wendy per averlo interrotto mentre scrive, fu interamente inventata dall’attore. Così come la famosa battuta “Heeere’s Johnny!”, in riferimento agli slogan dei Late Show. Così come per Nicholson, è importante sottolineare come anche la prova di doppiaggio di Giancarlo Giannini continua a essere, ancora oggi, molto forte e d’impatto.
L’attore e doppiatore esalta ulteriormente le doti di Nicholson e i suoi monologhi, corredandoli da una voce profonda e inquietante Pesante invece, la storia di Shelley Duvall per la quale l’esperienza sul set di Shining fu un orribile, avendo sofferto di una forma di esaurimento nervoso durante e dopo la produzione del film.
L’attrice ha raccontato diverse volte, di aver ricevuto offese da Kubrick e di essere stata costretta a ripetere più volte vari ciak, prolungando lo stato d’animo disperato del suo personaggio, che si estendeva anche sulla persona, già purtroppo molto fraglie e sofferente. Un’esperienza “quasi insostenibile”.
Non tutti sanno inoltre che, per festeggiare 40esimo anniversario della pellicola, è stata riproposta nelle sale la stessa Extended Version uscita nel 2019. Shining è stato sottoposto a un lavoro di restauro e a uno di
reintegrazione delle scene tagliate, per un totale di 24 minuti. Il risultato sono dei dialoghi più lunghi, scene più horror, considerate troppo pesanti all’epoca, e scene che aggiungono ulteriori pezzi alla storia, ma che
si male amalgamo al resto del film.
Si potrebbe scrivere un libro intero sullo Shining di Kubrick e ancora non basterebbe. Il suo studio attento delle inquadrature e la filosofia dei temi, la grande interpretazione di Nicholson, sono solo alcuni degli elementi che contribuiscono a renderlo ancora uno degli horror più amati nella storia del cinema.
Ogni cinefilo e amante del genere lo ha visto e assaporato in ogni dettaglio. Il modo migliore per celebrare questa grande opera (grande nel bene e nel male e nel rispetto anche del capolavoro di King) è mettersi
comodi e riguardare Shining il 22 dicembre, per il momento presente sulla piattaforma di Infinity.