Da Madi all’involuzione ‘cinetica’ ed alla prospettiva ‘cinestetica’
In realtà il ‘Madismo’ dopo Arden Quin ha osservato il processo ‘cinetico’, non assorbendone criticamente le istanze, evidentemente, ma sensibilizzandosene al fascino ammaliante di natura illusiva e cogliendone sul piano organizzativo delle forme fruitivamente esperibili – soprattutto l’esemplarismo luministico e il suggerimento d’utilizzo di nuovi materiali e di inusitate opportunità realizzative fornite dal progresso tecnologico per la produzione di un universo d’immagini di suggestivo glamour estetico.
Solo in alcuni casi, grazie all’intervento propositivo e convincente di alcune personalità specifiche, ‘Madi’ ha saputo riattrezzare, in prospettiva di avanzamento incrementativo delle logiche ardenquiniane, un abbrivio di ricerca capace di ribaltare l’illusionismo della temperie ‘cinetica’ – che, intanto seguiva il suo autonomo corso creativo, proponendo la prospettiva di un meditato intervento scientemente ‘programmato’ – in una proposi- zione ‘cinestetica’ in cui il soggetto fruitore potesse avere un ruolo protagonistico e non di mera soggiacenza passiva.
Certamente, occorre ribadire che le dinamiche ‘cinetiche’ non sono parte di quelle ‘madiste’, ma è un dato di fatto che la comune appartenenza alla famiglia ‘astrattista’ delle une e delle altre non rende possibile immaginare una ‘tenuta stagna’ tra settori contigui dell’attività creativa. E ciò vale a definire anche un’altra ‘influenza’, che a noi non sembra irrilevante lungo l’evoluzione di ‘Madi’ – quella, in ispecie del ‘Costruttivismo’, di cui non ci sembra immaginabile poter non tener conto.
Alla luce delle considerazioni suggerite sulla possibilità di istituire sul piano critico una relazione ‘cinetico-madista’, tema su cui abbiamo ap- pena lasciato planare la nostra attenzione, ci sembra opportuno insistere sulla necessità di osservare la temperie astrattista in una prospettiva più dilatata e non segmentata nelle singole delibazioni specifiche e settoriali.
Su un orizzonte più ampio, può essere così affrontato il tema su cui riflettiamo, delle interferenze, che è possibile riscontrare tra varie opzioni d’indirizzo astrattista, anche perché, soprattutto negli anni di esordio del 2000, l’irrompere maturo di un’istanza ‘cinestetica’, in consapevole ribaltamento della prospettiva di illusionismo ‘ottico’, propria delle dinamiche ‘cinetiche’, mostra di saper dirigere il proprio interesse ad un approfondimento della ricerca, individuando un respiro ‘concettuale’ che consente di riformulare l’istanza ‘astrattista’ secondo una inusitata profilatura di chiamata in causa di protagonismo attivo del soggetto fruitore.
Il tema della consistenza di una visione ‘cinestetica’ impone, in par- ticolare, che lo spettatore abbia un ruolo attivo nel processo fruitivo, determinando una variazione percettiva secondo la differenziazione del suo individuale punto di vista (cinestetismo statico) o secondo un intervento modificatore dell’assetto stesso cosale dell’opera (cinestetismo dinamico).
Nell’uno, come nell’altro caso, uno spettatore tutt’altro che inerte e passivo procede a fornire di senso l’opera d’arte completando in tal modo il lavoro dell’artista, così che l’opera finisce con l’assumere una pluralità significativa – evidentemente profondamente relativistica – perfettamente in linea, peraltro, col dettato argomentativo del cosiddetto ‘Coefficiente estetico’ che costituisce la misura che individua e perimetra la dimensione ‘concettuale’ duchampiana, per effetto della quale l’intervento fruitivo viene considerato consustanziale con quello dell’artista.
Come può ben comprendersi, è evidente che questo dispiegamento ‘cinestetico’, che promuove il ruolo protagonistico del fruitore, avviene in perfetta antitesi rispetto alla temperie ‘cinetica’ che mette in atto, invece, un processo di sua compressione, dal momento che imbriglia la figura dello spettatore all’interno di un sistema che ordina la materia artistica secondo un progetto di disorientamento e di spiazzamento fruitivo basato sull’inganno sensoriale e sulla conseguente distorsione percettiva.
In questo quadro complessivo – giova, quindi, ribadire – si collocano le esperienze innovative di carattere ‘cinestetico’ che, con ulteriore impegno propositivo, mirano a correggere l’impasse ‘cinetica’, garantendo al fruitore una possibilità di reale protagonismo grazie anche al contributo attivo che forniscono le dinamiche ‘concettuali’ del ‘Coefficiente artistico’ duchampiano.
In questo stesso quadro si collocano, peraltro, anche le esperienze in- novative di una inedita prospettiva ‘astratto-geometrica’ che si affaccia all’orizzonte con la proposta di semplificare ulteriormente – rispetto alla stessa rastremazione di ‘De Stijl’ – l’armamentario ‘astrattista’, riducendone la scelta planare e dei colori primari alla asciutta essenzialità del- la linea, come avviene con la proposta creativa di cui si fa promotrice ‘Astractura’.
Sulla base di ciò sarebbe stato possibile dirigere l’azione creativa alla esplorazione di nuove istanze progettuali capaci di innervare la condizione temporale all’interno stesso dell’ordine spaziale, fino a dimostrare la riconducibilità dello spazio al tempo, grazie ad un utilizzo più intenso e convinto dell’opzione ‘cinestetica’.
Nasce con tali intendimenti identitari, con l’aprirsi del secondo decennio del secolo del Duemila, e sulla scorta di una lunga delibazione speculativa, il movimento di ‘Astractura’, che teorizza la riconducibilità della dimensione spaziale a quella temporale, pianifica la contestualizzazione ‘cinestetica’ e configura l’essenzialità della ‘linea’ come fattore radicale di qualsiasi possibilità di opportunità creativa.