Uno speciale che celebra la storia della tv e della musica americana

Nell’iniziare a raccontarvi questa storia, ieri nella prima parte, avevamo precisato che i protagonisti sono essenzialmente tre: il programma televisivo, l’Ed Sullivan Show; il conduttore del programma televisivo, Ed Sullivan in persona, e cinque giovanotti che si stavano affacciando, in quegli anni, sulla scena musicale non solo americana, ma addirittura mondiale. Sempre nella prima parte, ci siamo soffermati sulla storia del conduttore, nonché ideatore dello show televisivo e lo stesso show televisivo. In entrambi casi ci siamo soffermati anche e purtroppo sulla loro rispettiva fine. Ma, come vi abbiamo fatto intendere ieri, ci sono ancora tante cose da dire e da ricordare.

Anche tante cose da precisare, come per esempio il dettaglio apparentemente irrilevante relativo all’istituzionalizzazione del programma medesimo. Nel senso che, come già anticipato ieri, l’Ed Sullivan Show divenne non uno dei programmi di punta, ma il programma di punta per un semplice motivo: ospitando diverse personalità, diversi artisti, soprattutto quelli emergenti, diventava, agli occhi di tutti coloro che pensavano in grande e che volevano diventare delle stelle affermate nel firmamento di Hollywood, una tappa obbligata.

Talmente obbligata che chiunque si esibiva davanti alle telecamere e in diretta nazionale otteneva, senza essere troppo blasfemi nell’espressione, la benedizione del conduttore. Una sorta di esame o addirittura di investitura per riconosciuti a tutti gli effetti come la nuova celebrità.

Nel caso del Re del Rock, invece, abbiamo visto che la situazione si invertì per lo stesso conduttore, soprattutto per quella frase che scontentò parecchi fans di Elvis. Ma alla fine dovette ricredersi e per evitare un incidente diplomatico il ragazzo di Tupelo ma che si era stabilito a Memphis prese parte alla puntata del 23 settembre del 1957. Un anno più tardi, esattamente il 29 agosto del 1958 venne al mondo un bambino a Gary, nello stato dell’Indiana. Ma anche in questo caso andiamo con ordine.

Nonostante lo scivolone sulla comunità nera, Ed Sullivan, nella sua lunghissima carriera, non mancò mai ai suoi doveri di professionista facendo partecipare pezzi pregiati della black music di quegli anni. Talenti naturale che, quasi sicuramente, rimpiangiamo anche oggi. Nomi che abbiamo ricordato nella prima parte e che dunque sarebbe pleonastico ripeterli anche in questa seconda parte.

Eppure, non sappiamo quanto il giornalista e presentatore era veramente lungimirante. Nel senso non si sa quanto credesse nei giovani talenti che lanciava durante le sue puntate. Di certo un minimo era stato colpito sennò non ti saresti mai e poi mai esibito davanti alla nazione.

Diciamo questo perché nove anni più tardi dalla nascita di quello stesso bambino, afroamericano, e frontman di una band di ragazzini, che erano i suoi fratelli, trovò spazio in una delle sue puntate. Quella particolare formazione musicale proveniva dalla casa discografica, fondata da Barry Gordy, conosciuta con il nome di ‘Motown’. I cinque ragazzini, compresi in un’età che andavano tra gli undici e i diciotto anni, si stavano facendo le ossa esibendosi in ogni tipo di feste, celebrazioni, locali pubblicando più di qualche singolo interessante. Ecco, proprio su questo particolare soffermiamoci un momento prima di continuare a raccontarvi questa storia.

La canzone che presentarono in quella leggendaria puntata era compresa nella loro prima raccolta di brani inediti, pubblicata il 12 dicembre del 1969, intitolata in un modo del tutto particolare e che ancora non vogliamo svelarvi. Non a caso, il disco era composto di ben dodici canzoni di cui solamente due furono diffuse nelle singole radio come veri singoli, tra cui proprio quella intonata all’Ed Sullivan Show e, soprattutto, di vario genere. Ben quattro per l’esattezza: il bubblegum Pop, il soul, il Funk e il Rhythm and blues.

Per quanto riguarda la tracklist? Attenzione, perché i titoli non ve li riportiamo proprio in ordine: Zip a Dee Doo Dah; Nobody; Can You Remember; Standing in the Shadows of love; You’ve Changed; My Cherie Amour; Chained; I Know I’m Losing You; Stand; Born To Love You.

In effetti, due titoli in modo particolare non li abbiamo menzionati per un motivo ben preciso che scoprirete nel corso di questo speciale; al momento vi teniamo all’oscuro anche sul titolo del loro primo album, un disco inciso solamente da ragazzini. In fondo, Tito, Jermaine, Marlon, Jackie e Michael erano solamente degli adolescenti. A questo punto avete ben capito chi sono e il nome del complesso: I Jackson 5.

La loro storia l’abbiamo raccontata più volte in questi anni e sempre in occasione di un qualche anniversario legato a Michael Jackson. Questa volta, però, il Re del Pop deve dividere il merito con i suoi fratelli, perché quel giorno furono tutti e cinque ad incominciare a conquistare gli Stati Uniti d’America, prima, e il mondo, poi, con le loro canzoni.

Dicevamo che due canzoni non le abbiamo menzionate nella tracklist di prima e non solo perché trainavano l’intero disco intitolato: Diana Ross Presents the Jackson 5. No, non solo per questo, il motivo era anche un altro. per essere molto precisi il primo brano che vi faremo ascoltare, condiviso da Youtube, divenne, quasi nell’immediato un loro inconfondibile cavallo di battaglia.

Pubblicato come singolo il 7 ottobre di quel 1969, questo pezzo musicale era una perfetta miscela esplosiva di soul e pop. Trenta anni più tardi sarà persino premiato con un Grammy Hll Of Fame Award e nel 2003, addirittura, venne inserito nella 104esima posizione nella particolare classifica dei 500 migliori brani musicali secondo la rivista Rolling Stones. Dunque, fu questo il vero effetto di ‘I Want you back’, conquistando nel corso dei decenni anche altri premi. Tra cui quattro dischi di platino, in Danimarca, Regno Unito, Spagna e negli Stati Uniti d’America; tre dischi d’oro: in Germania, in Giappone e anche da noi, in Italia. Un successo planetario senza sé e senza ma.

E pensare che l’anno prima, gli stessi ragazzi, incisero addirittura un’altra canzone, dal titolo ‘Big Boy’, con un’altra casa discografica. Non andò bene, non solo per il pezzo musicale ma anche perché l’etichetta musicale era una realtà troppo piccola per poterli lanciare a grandi livelli. E per la seconda canzone? Ve la raccontiamo nella terza parte di questo speciale dedicato all’esordio storico dei Jackson 5.

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