Pubblicata nel 1967 per la prima volta, ritornò in auge grazie all’iconica versione dei Blues Brothers
Prima delle novità che stanno per giungere in quel di FreeTopix Magazine, pubblichiamo questa mattina una sorta di anteprima di uno speciale, tra il musicale ed il cinematografico. Oggi, stranamente, questo articolo non avrà nessun collegamento con quello del giorno successivo, semmai solo indirettamente; nel leggere, tra oggi e nei giorni successivi, cari lettori, scoprirete il perché. un articolo, quello di oggi, che è, nei fatti, un po’ ‘La canzone del lunedì’, un po’ ‘Retrospettiva in musica’ e un po’ ‘Storia di cinema’. Un po’ blues e un po’ rock. Un po’ musica, appunto, e un po’ cinema.
Questa mattina ci addentriamo, e di molto, anche nella storia medesima delle sette note e semmai del blues, nella storia di uno dei brani più famosi del repertorio del genere musicale appena citato. Pubblicato nel 1967 e riportato in auge undici anni più tardi da una cover contenuta in un dei film più bizzarri della storia del cinema. Storia, appunto. Un termine ricorrente quest’oggi. Un termine che ritornerà molte volte in questo articolo da leggere con le doppie versioni condivise direttamente da YouTube.
Al principio furono Isaac Hayes e David Porter per il famoso duo Sam&Dave, poi una serie infinita di cover e versioni personalizzate che non hanno fatto altro che alimentare il successo di ‘Soul Man’. Un brano di genere soul che riscosse notevole successo verso la fine degli anni Sessanta. Quegli anni Sessanta in cui i tumulti in alcune città americane erano all’ordine del giorno a causa delle continue vessazioni che i neri erano costretti a subire sulla loro pelle atti di mero razzismo.
Isaac Hayes, che nella sua vita fu musicista, attore, doppiatore e quindi anche cantante, per la realizzazione di questa canzone venne ispirato dagli scontri della African-American Civil Rights Movement del 1960 e di quelle che avvennero sette anni più tardi, quindi proprio nell’anno della pubblicazione del brano, a Detroit.
In modo particolare lo colpì una scritta apposta sulla parete di un edificio rimasto in piedi rispetto agli altri che erano stati incendiati. Una piccola e sola parola: Soul. Isaac, nel vederla, si trovò per caso per quelle strade. Gli bastò, semplicemente, vedere un reportage televisivo che non solo raccontava quanto fosse accaduto, ma anche le immagini di cosa realmente era accaduto in quei luoghi della città.
Questi due fatti lo ispirarono a tal punto che quando incontrò un suo collega, David Porter, Isaac svelò le sue intenzioni nello scrivere un testo che parlava di una persona che lottava per superare le sue attuali condizioni di vita. Ciò che trascinerà il brano sarà proprio il ritornello, intonato come un vero e proprio vanto: I’m soul man. Una frase che rappresentava uno stato d’animo di una persona che lotta per superare le sue condizioni attuali di vita.
Come ricordato in precedenza, a cantare questo piccolo capolavoro del genere musicale non è direttamente Isaac Hayes e neanche il collega e amico coinvolto nel progetto, il compositore David Porter, ma il duo musicale che più andava in voga in quegli anni: Sam e Dave.
A distribuire la canzone ci pensò la Stax, una filiale della ben più famosa Atlantic Records, per la quale sia Hayes e Porter lavorarono duramente. Il brano rappresentò, come detto prima, un incredibile successo commerciale, diventando il pezzo musicale più venduto della stessa etichetta musicale.
In poco tempo si piazzò al primissimo posto della Billboard hot black singles chart e al secondo posto della più tradizionale Billboard hot 100. Non solo, l’anno successivo fece vincere ai due cantanti il Grammy Award per la miglior esecuzione R&B fatta un duo o un gruppo musicale.
Della canzone vennero incise due versioni. Entrambe si distinguono per i primi trenta secondi iniziali. Nella prima l’apertura è affidata ad un complesso e particolare assolo di batteria; mentre la seconda da un’introduzione musicale più pacata. Quale delle due ascoltiamo? O meglio: quale sarebbe la versione ufficiale? Proprio la seconda. Ci sarebbe un ulteriore dettaglio.
Durante l’esecuzione del brano uno dei due cantanti pronuncia questa frase: ‘Play it, Steve’. Tale esclamazione è riferita al chitarrista dei Booker T. & The M.G.’s Steve Copper. Chitarrista della versione originale e, oltremodo, chitarrista anche e soprattutto di una delle cover più famose che sono state prodotte in seguito: quella dei Blues Brothers.