Dieci anni fa si spegneva tragicamente il Genio Naturale di Robin Williams

Durante un’intervista di una ventina di anni fa, se non di qualche anno in più, Robin Williams si lasciò andare ad un’esternazione alquanto originale su sé stesso, ma con la quale si definì perfettamente: sono uno stupefacente già di mio. Un’espressione che, in via indiretta, si collega all’uso di droga, ma che, metaforicamente parlando e riferendosi chiaramente al suo immenso dono, non riusciva ancora, durante i primi anni di carriera, a fargli fare quel salto di qualità, in modo definitivo.

come detto specificato ieri il pubblico e gli addetti ai lavori si erano accorti del suo immenso talento. Il personaggio di Mork, in fondo, era solamente un antipasto di quello che poi mostrò realmente al mondo, tra improvvisazioni, batture esilarante e momenti riflessivi. Proprio su questo dovremmo soffermarci, ma non è ancora giunto il momento.

Il film più pazzo del mondo, Popeye, Il mondo secondo Garp, Come ti ammazzo un killer, Mosca a New York, Tempi migliori, Club Paradise e Seize the Day. Tutti questi titoli che abbiamo indicato sono film a cui lo stesso istrionico attore prese parte a partire dal 1977 fino al 1986. Sempre come indicato in precedenza, ovvero ieri, lo stesso Williams lavorò ad una trasposizione cinematografica che gli avrebbe potuto regalare la consacrazione ufficiale, ma così non avvenne.

Si trattava di Popeye – Braccio di Ferro, film diretto da Robert Altman e ispirato ai celebri fumetti e cartoni animati. L’anno era il 1980 e nonostante non avesse ottenuto successo allo stesso Robin aprì ancora di più le porte del grande schermo, staccandolo a poco a poco, da quella che era la sua vera esperienza televisiva: il Saturday Night Live.

Il Saturday Night Live era contenitore in cui venivano lanciati tutti i migliori giovani talenti del mondo dello spettacolo, se la maggior parte erano prettamente comici, alcuni di loro diedero vita anche a delle carriere musicali molto particolari e suggestive, come Dan Aikroyd e John Belushi con gli stravaganti personaggi dei due fratelli vestiti come due lavoratori delle pompe funebri; i fratelli in blues, i Blues Brothers. Uscirono comici anche come Chevy Chase, Eddie Murphy, tanto per citarne qualcuno.

Dunque, da quella fucina uscire non era ancora semplice. L’esperienza con Altman gli riuscì a garantire un po’ spazio nel cinema, ma nulla ancora di certo e poi c’era anche un altro particolare e non tanto di poco conto. Due anni dopo al film di Braccio di Ferro, Williams, nel 1982, terminò di girare il telefilm che, comunque, gli garantì un enorme successo mondiale, con una notorietà importante tra il pubblico americano e no. Tant’è che nel 1979, proprio per tale ruolo, ottenne un primo riconoscimento: il golden globe come miglior attore in una serie commedia o musicale.

Con quelli del Saturday Night Live si dice che fece gruppo, nonostante fosse sempre riservato, almeno da quello che poi è emerso nel corso degli anni. Si dice che da adolescente subì fu vittima di bullismo, si dice anche che la notte in cui morì John Belushi era presente insieme a Robert De Niro. Ma ovviamente sono solamente voci.

Ciò che ancora non fosse chiaro ai molti era se il suo talento, palesemente naturale, lo portava anche a considerare ruoli diversi da quelli tipicamente cosiddetti brillanti. Non mancherà di dissipare persino questo dubbio e lo fece sempre nel decennio 1980, dopo aver conquistato una prima nomination all’oscar nell’edizione delle statuette d’oro del 1988, per aver interpretato il reale speaker radiofonico della marina militare durante la guerra del Viet-Nam nel 1964.

Ovviamente stiamo parlando di ‘Good Morning, Viet-Nam’, film più volte trattato in passato dal nostro giornale e, senza troppi peli sulla lingua, ha persino ispirato una nostra rubrica grazie a questa scena. Avete capito che si tratta de ‘La Canzone del lunedì’. Dunque, Adrien Cronauer esisti’ realmente, come reale era anche la vicenda riportata e ricostruita nel film diretto da Barry Levinson.

La sua performance nel film fu talmente straordinaria che la consacrazione in ambito mondiale fu automatica, senza dimenticare, come abbiamo già menzionato, quella prima nomination all’oscar. Saranno diverse nella sua carriera, ma alla fine, anche un po’ immeritatamente, né vinse uno solo, nel senso che l’Academy lo avrebbe dovuto premiare più volte.

Ma per il momento non vi sveliamo ancora per quale film riuscì ad agguantare la statuetta d’oro. Con lui, nel film diretto da Barry Levinson, c’erano un giovanissimo Forrest Whitaker, Bruno Kirby, Robert Whul, J.T. Walsh e Noble Willingham. Non solo, ‘Good Morning, Vietnam’ venne addirittura supportato da un’importante colonna sonora con brani musicali davvero storici.

Dopo quell’incredibile successo, però, bisogna ulteriormente precisare che quella tra il 1987 ed il 1988 non sarà l’unica vera consacrazione definitiva. Ne riuscirà ad ottenere anche un’altra, ma anche in questo caso non la sveliamo subito in quale opera cinematografica avverrà.

Sempre verso la fine degli anni ’80 si dice che Robin Williams prese parte ad altre due opere cinematografiche e che, non si sa per quale motivo, non venne accreditato con il proprio nome: Le avventure del Barone di Munchausen, del 1988; Portrait of a White Marriage, del 1989. Rispettivamente diretti da Terry Gilliam ed Harry Shearer.

Fino adesso ci stiamo soffermando, come logico che sia, sul lato prettamente recitativo della sua carriera. Eppure, il talento cristallino di Chicago cercò di andare oltre come firmare qualche regia per un programma televisivo o anche episodio della serie televisiva di cui era il protagonista, Mork & Mindy, mentre il programma televisivo era Comic Relief; come produrre anche qualche film in cui prendeva parte e anche doppiatore. Tutte esperienze che in questo lunghissimo reportage non saranno in alcun modo dimenticate.

Perché il suo talento, quel dono naturale che possedeva gli permise comunque di non rimanere sempre relegato nella recitazione e, soprattutto, che non relegò la stessa attività recitativa ai soli ruoli comici o comunque definiti di genere brillante.

Spaziò molto, anche in maniera sorprendente. Soprattutto in ruoli che, apparentemente non gli si addicevano. Ruoli che mutavano, maturavano e completavano il personaggio stesso che lui aveva proposto fin dall’inizio. Ruoli, interpretazioni e quindi performance che hanno scritto la storia del cinema tra gli anni ’80 e ’90.

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