Tra le strade di New York e i misteri di Dallas, l’autore di “La Notte di Mustang” e “Dealey Plaza” ci guida in un viaggio emozionante alla ricerca di verità e riscatto

Vincenzo Pepe non si è mai immaginato di lanciarsi nella scrittura come una sfida, eppure oggi, con due romanzi da poco pubblicati, si trova a fare i conti con il successo di La Notte di Mustang e Dealey Plaza. La sua penna ha tracciato, senza esitazioni, storie di solitudine, riscatto e ricerca di verità, portando il lettore a confrontarsi con un mondo che, seppur lontano nel tempo e nello spazio, sembra parlare di noi, dei nostri desideri e delle nostre delusioni. Pepe inizia a scrivere nel 2016, in modo del tutto casuale, mentre prendeva il caffè al bar. “Non pensavo minimamente che fosse una sfida,” racconta, “ho iniziato a scrivere senza rendermi conto che stavo creando un romanzo. Era un’idea che avevo in testa, un incrocio di storie che si sono unite in una sola. Pensavo di prendere solo appunti sul cellulare, ma, da luglio ad agosto dello stesso anno, mi sono ritrovato con un romanzo intero.” La trama che ne è nata, La Notte di Mustang, è un viaggio di una sola notte attraverso le strade di New York, con un protagonista, Jimmy Tarantino (noto come Mustang, a causa della sua Ford del ’67), che si ritrova a confrontarsi con i conti lasciati in sospeso dal passato. La sua ricerca non è una vendetta, ma una “rivincita” interiore. Pepe ci spiega: “Non è vendetta, è un modo per far valere le proprie ragioni. Un ritorno al passato per chiudere i conti una volta per tutte e poter così andare avanti.”

La Ford Mustang per Jimmy è un simbolo di un passato oscuro, misterioso, che non deve per forza essere negativo, ma che, come racconta l’autore, rappresenta il legame con la sua identità. “Non è solo un’auto, è qualcosa che lo aiuta a riconoscersi e a farsi riconoscere dagli altri,” sottolinea Pepe. La città di New York, nella quale il protagonista è nato e cresciuto, è un altro elemento centrale. “Non è solo un luogo fisico, è un luogo dove tutti vorremmo stare, anche nei quartieri più difficili. È la capitale del mondo. C’è un rapporto di odio e amore con quella città.” Pepe confessa che il suo personaggio, Jimmy, pur essendo lontano dalla sua biografia, condivide alcuni tratti con lui. “Sì, potrei dire che ci sono stati alcuni momenti simili, ma solo a livello molto lontano,” spiega. “Jimmy è impulsivo, leale, troppo leale e molto idealista, ma è anche una persona solitaria. Torna senza dire nulla a nessuno, non perché ce l’ha con qualcuno, ma per riflettere su se stesso e capire la direzione che vuole dare alla sua vita.”

Ma non solo La Notte di Mustang è il frutto di un’emozione improvvisa. Pepe ha scritto anche Dealey Plaza, un romanzo che ci trasporta a Dallas, nel 1963, alla vigilia dell’assassinio di John F. Kennedy. La spinta per questo romanzo arriva dal suo amore per il cinema americano e la storia degli Stati Uniti. “Mi ha sempre affascinato la morte di Kennedy e l’evento che ha segnato un’intera nazione,” dice Pepe. “Non ero ancora nato in quel periodo, ma il film di Oliver Stone, JFK – Un caso ancora aperto, mi ha fatto scoprire quella che per gli americani è una ferita ancora aperta.” Il protagonista di Dealey Plaza è un giovane cronista che, per caso, si ritrova al centro della storia, proprio mentre la tragedia si compie. Un personaggio di fantasia, ma che affonda le radici nell’esperienza dell’autore. “Quando ho creato questo giovane giornalista, stavo facendo la pratica di avvocato, ma avevo sempre sognato di diventare poliziotto o giudice. Ho voluto creare una figura che si trovasse improvvisamente coinvolta in un evento storico, ma senza essere preparata.” La ricerca della verità sull’assassinio di Kennedy ha accompagnato Pepe per anni, diventando quasi una passione. “Mi sono documentato per 20 anni, senza nemmeno rendermene conto. A 13 anni circa ho visto il film di Oliver Stone e da lì non ho smesso di studiare. Volevo capire, ma anche raccontare quell’atmosfera, quel momento che è stato vissuto da chi c’era, come se fossi stato anch’io presente.”

Pepe non si nasconde dietro il personaggio di un esperto storico, ma piuttosto si fa interprete di un’epoca che non ha vissuto direttamente. La difficoltà maggiore, racconta, è stata proprio scrivere il momento dell’assassinio di Kennedy. “È stato difficile, ovviamente non l’ho vissuto, ma ho visto le immagini ripetutamente, mi sono chiesto come avrei reagito se fossi stato lì,” ammette. Dealey Plaza è infatti scritto in prima persona, per avvicinare il lettore all’esperienza diretta e travolgente di quel giorno.

Quando gli chiediamo se ci sia qualcosa di autobiografico nelle sue opere, Pepe sorride e risponde: “C’è una certa impressione, ma niente di diretto. È più un gioco di riflessi, una visione attraverso il filtro delle mie esperienze e delle emozioni che ho vissuto.” Ora, con due libri che continuano a far parlare di sé, Pepe non ha intenzione di fermarsi. “Sì, c’è qualcosa su cui sto lavorando, ma per ora preferisco non dire nulla. Ci sono tante idee, ma voglio aspettare il momento giusto,” confessa con un sorriso. Il futuro per Vincenzo Pepe è in continua evoluzione, come le sue storie, che riescono a catturare l’attenzione del lettore con la loro intensità emotiva e storica. La sua scrittura, sempre sincera e coinvolgente, ci invita a riflettere, a guardare indietro, ma anche a osservare attentamente il presente. “Il mio consiglio? Osservate,” ci dice, “è importante guardare il mondo con occhi diversi, perché solo così possiamo capire veramente cosa sta accadendo attorno a noi.” Vincenzo Pepe ha già scritto pagine che rimarranno nella memoria dei lettori, e chissà quali altre storie ci riserverà in futuro. Ma una cosa è certa: con lui, ogni viaggio è una scoperta, ogni notte, una nuova sfida.

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