I suoi grandi successi cinematografici: a partire da ‘I Manigifici 7’
Ma se con ‘Blob’ fu, allo stesso tempo, sia una grande successo e sia un grande insuccesso, nel 1960, ad un anno dal termine della serie televisiva a cui stava lavorando, prende parte ad uno dei film western più famosi non solo della storia del genere, ma anche della storia del cinema. Un western che arriverà quattro anni prima dei capolavori di Sergio Leone e ci fermiamo qui, almeno per questo dettaglio non proprio insignificante.
In questo film, Steve McQueen non solo reciterà con i pezzi pregiati della Hollywood dell’epoca; nomi altisonanti come Robert Vaghn, Eli Walach, Charles Bronson e Yul Brynner. Il regista John Sturges gli affiderà un ruolo, sì secondario, ma molto vicino al protagonista interpretato proprio da Brynner. Si vocifera che fra i due non scorreva proprio buon sangue, ma di questo ve ne parleremo più avanti. Ovviamente il film è conosciuto come ‘I Magnifici 7’. Un film epocale ed un film cult soprattutto non solo del genere, ripetiamo, ma anche dell’intera filmografia della storia del cinema.
Questa volta, però, se Blob rappresentò una vera e propria beffa, dal punto di vista economico, il successo insperato e sorprendente dello stesso film lo iniziò a lanciare nel cinema che conta. Tant’è che è proprio per questo motivo che nel western di Sturges, McQueen, riesce a ritagliarsi meglio la propria immagine nella mente del pubblico, rubando la scena, chissà quanto involontariamente, ai colleghi. Dopo il 1960 e prima del 1963, Steve, prese parte a pellicole come: ‘Per favore non toccate le palline’, ‘L’inferno è per gli eroi’ e ‘Amante di Guerra’.
Il tema della guerra, quella del secondo conflitto mondiale, tanto per intenderci, è ancora vivo e forte in quegli anni. In fondo, l’incubo era terminato da soli quindici lunghi anni e tutto il mondo aveva ripreso a marciare verso il benessere, ma l’onda del ricordo di quello che accadde tra il 1939/45, se non anche agli anni precedenti che portarono a quella follia mondiale, era difficile da placare; ancora oggi, diciamo la verità.
Nonostante tutto, gli episodi di eroismo di quel periodo non mancarono di certo, tra aneddoti che pian piano venivano raccontati da coloro che si erano salvati o che erano stati anche testimoni di quanto successo. Così John Sturges, per il suo nuovo kolossal lo richiamò con sé donandogli la possibilità, involontaria, di entrare di diritto nell’immaginario collettivo. Sul set de ‘La Grande Fuga’, Steve McQueen ritrova il collega Charles Bronson e il cast è anche impreziosito da James Garner, il futuro protagonista della serie tv ‘Agenzia Rockford’.
Ovviamente, per questo film, non ‘è bisogno di specificare la trama, il titolo parla già da solo. Ma quella leggendaria fuga in moto, nella realtà, non è mai avvenuta. Quella scena fu proprio la geniale idea dello stesso McQueen che, in ambito cinematografico, si stava sempre di ritagliando un’immagine sempre più iconica, oltre da ribelle.
Tra il 1963 ed il 1968 passano cinque anni e prima di un altro lungometraggio che lascerà il segno scopriamo gli altri titoli a cui prese parte in quegli anni. ‘Soldato sotto la pioggia’, Strano Incontro, L’ultimo tentativo, Cincinnati Kid, Nevada Smith, Quelli della San Pablo e Il Caso Thomas Crown e adesso fermiamoci un momento.
Si, perché questo spazio interamente dedicato non solo ad un altro suo film ma anche, allo stesso tempo, ad un’altra memorabile scena che lo ha, ancor di più. consegnato alla storia della cinematografia mondiale. Partiamo, però prima, dal genere: poliziesco, thriller. Ambientazione? La città di San Francisco, nello Stato della California.
Con lui, sullo stesso set, Robert Vaughn, già collega ne ‘I Magnifici 7’, Jcqueline Bisset e Robert Duvall. Non solo, il suo personaggio gira a bordo di una Mustang verde scuro Gran Turismo. Semplicemente ‘Bullit’ del 1968. In questa pellicola, che lo vide diretto da Peter Yates, Steve McQueen delizia i suoi fans, e non solo, sulle quattro ruote; confermando di essere un grandissimo pilota e non solo su due ruote. La scena dell’inseguimento, dove i suoi avversari sono a bordo della futura auto di Bo e Luke, la Dodge Charger, è antesignana di tutte le altre scene d’inseguimento che si sono, poi, viste nel corso dei decenni successivi.
Infatti, la riuscita della scena, per non dire anche la fortuna stessa di quelle riprese ed inquadrature sia spettacolari e panoramiche, lo si deve anche al fatto che lo stesso attore, all’epoca quasi quarantenne, non si fece sostituire da nessuno stuntman di professione. Un po’ come Tom Cruise nella saga di Mission Impossibile.
Di questo film, oltre venti anni fa, era circolata la voce sulla realizzazione di un possibile remake con un giovane, allora, Brad Pitt, proprio nel ruolo che fu dello stesso McQueen. Peccato, perché stata persa una grande occasione. Ma dopo il 1968? Steve McQueen quali altre perle ci regalò al cinema? Da tempo non solo voleva cimentarsi nella regia, ma anche realizzare un film che gli stava veramente tanto a cuore, anche se poi non fu personalmente lui a dirigerlo.
Dopo pellicole come ‘Boon il saccheggiatore’ e Il rally dei campioni, che lo riportarono sul grande schermo tra il 1969 ed il 1971, saltando di fatto il 1970, McQueen decise di realizzare ‘Le 24 ore di Le Mans’. Un film che doveva essere una sorta di spaccato di vita dei piloti durante la corsa e che, tra le altre cose, doveva essere ed avere anche un tipico tono documentaristico. Purtroppo, al botteghino, per l’ex – ragazzo di Beech Groove, rappresentò un vero e proprio fiasco totale. Eppure, nonostante tutto riuscì a risalire la china con altri tre film che lo riportarono sulla cresta dell’onda.
Film anticipati da ‘L’ultimo buscadero’ e film come ‘Getaway’, Papillon e ‘L’inferno di cristallo’. Altra precisazione proprio su quest’ultimo titolo. Se con Bullit si era inaugurata l’era degli inseguimenti mozzafiato con tanto di sparatoria incorporata, con ‘L’inferno di Cristallo’ rappresentò il primo vero film catastrofista della storia e con un super cast.
Con lui c’era anche Paul Newman, il suo acerrimo rivale. Almeno così si diceva, invece i due andarono d’amore e d’accordo, partecipando, almeno per coloro che appartenevano alla vecchia Hollywood, l’ultimo vero grande successo di quella generazione di fenomeni che venne ben sostituita nel decennio successivo. Ma torniamo al rapporto che aveva con altri suoi colleghi…