Terzo appuntamento con ‘I ragazzi del 1930’, la prima parte del nuovo reportage
A partire dal 1983, almeno nella nostra penisola, tutti quanti avevano in testa il refrain di una canzone diventato, fin da subito, leggendario. Un ritornello che, ancora oggi, ci sovviene alla memoria quando notiamo qualcuno con un percorso di vita non proprio lineare o quantomeno abbastanza fuori dalle regole. Chi intonava l’intero testo in cui questo stesso ritornello ne è compreso, diventando a tutti gli effetti un vero e proprio evergreen, era italianissimo ma il protagonista di quelle dieci parole del verso che fra non molto andremo a scoprire, compreso il nome, era americano.
Non stiamo usando il tempo passato solo perché stiamo facendo riferimento ad un decennio lontano dal nostro. No, il motivo è un altro. Un motivo non proprio da poco: ovvero che il personaggio principale, diciamo così, non era più tra noi già da un bel po’. In quel lontano 1983 era già scomparso da un triennio. Se n’era già andato dopo aver tenuto il piede sull’acceleratore per molto tempo, da quando era nato proprio un giorno del terzo mese di un anno ancora più lontano dell’80 stesso.
Come ben sapete, cari lettori, dall’inizio di questo 2025 abbiamo inaugurato la particolare serie di speciali dal titolo: I ragazzi del 1930. Avevamo aperto con Sorrell Booke, celebrato per ben due volte Gene Hackman, prima nel giorno del suo compleanno e poi purtroppo a partire dal giorno in cui venne ritrovato privo di vita nella sua villa nello Stato del New Mexico, precisandovi che, di ragazzi del 1930, ce n’erano altri e che la serie di appuntamenti speciali, diciamo così, non sarebbe terminata già a gennaio.
Dunque, chi conosce molto bene il cinema, chi ne è appassionato sa molto bene quale altra leggenda sia venuta al mondo nel mese di marzo e, soprattutto, che il verso o il refrain in questione a chi fosse effettivamente rivolto. Ma adesso, per essere precisi, fermiamoci e andiamo con ordine e se volete, perché no, la potete anche canticchiare leggendo.
Voglio una vita spericolata, voglio una vita come quella di Steve McQueen. Sì proprio così. Con questo nuovo speciale o meglio con questo nuovo reportage omaggiamo la leggenda e il mito di colui che all’anagrafe era stato registrato con il nome, per esteso, di Terence Stephen McQueen.
Su di lui più che uno speciale o un reportage sarebbe meglio sviluppare un saggio non solo sulla sua figura o quantomeno sul suo cinema, perché la sua vita privata rimane nella dimensione della privacy. E adesso lo sappiamo che qualcuno di voi, dopo quanto ricordato, avreste qualche appunto in merito da rivolgerci, del tipo: quindi non ci raccontate neanche della su vita spericolata?
Tranquilli, che ve la raccontiamo. In fondo abbiamo voluto aprire di proposito in questo modo, specificando che quanto abbiamo detto, sul fatto che comunque un reportage non basta, tale concetto può essere pacificamente esteso anche per Gene Hackman e per gli altri che si susseguiranno in questo 2025. Dunque, nell’iniziare a parlare di lui e su di lui quale sarebbe il momento più opportuno? Usando la classica metafora cinematografica e il linguaggio tecnico per lo sviluppo di una qualsiasi sceneggiatura sarebbe meglio un’ambientazione esterna o interna?
Se per Gene Hackman abbiamo potuto usufruire della calda ed assolata San Bernardino, nello stato della California, per Terence Stephen McQueen possiamo accontentarci, per modo di dire, del clima più mite dello stato dell’Indiana ed esattamente nella città di Beech Grove, appartenente alla Contea di Marion, vicino ad Indianapolis.
Come abbiamo specificato, fin dall’inizio, l’attore, la leggenda hollywoodiana in questione, grazie al nostro Vasco Rossi che lo ha immortalato in quel verso del suo iconico brano ‘Vita Spericolata’, è stato sempre protagonista di un’esistenza sempre al di fuori degli schemi e, diciamoci la verità, non sempre per volontà sua. Va bene mitizzare un’icona, ma alcune situazioni in cui si venne a trovare, per certi versi, erano completamente fuori dal suo controllo e vi faremo capire il perché.
Con un tipico atteggiamento che teneva veramente fede all’aggettivo intonato da parte del nostro cantante emiliano e che, in tutto e per tutto, non lo possedeva solamente per copione. Un comportamento da antieroe e spericolato, ma solo all’apparenza, come spesso succede, sicuro di sé. Eppure, nonostante tutto Terence Stephen McQueen la vita, per certi versi, la vita se l’era goduta appieno e, sicuramente, anche troppo.
La sua è stata un’esistenza in salita, il cui dna venne sancito da suo padre il quale, proprio per una caratteristica che si tramanda di padre in figlio, era pilota d’aerei. Più avanti negli anni McQueen diventerà, addirittura, un grandissimo appassionato di auto da corsa tanto da realizzare un lungometraggio. Ma di questo ve ne parliamo più avanti nel corso di questo reportage.
Dunque, suo padre, che di nome faceva William McQueen, detto Bill, era, come detto, un pilota di aerei ma, particolarità non si sa quanto unica a quel tempo, prestato addirittura al mondo del circo. Sua madre, invece, si chiamava Julia Ann Crawford. In base alle cronache dell’epoca i due si conobbero nove mesi prima della sua nascita. Il periodo in questione dovrebbe risalire, esattamente, il 24 giugno del 1929, quasi alla vigilia della Grande Depressione.
I due, sia Bill che Julia, una volta che si conobbero trascorsero una notte insieme e fu proprio lì che concepirono la futura stella del cinema. Il punto, però, è che nessuno dei due era pronto per fare il genitore. Ci provarono ugualmente, cercando di creare una parvenza di normalità che, a conti fatti, non durò molto e ad un certo punto lui sparì dalla circolazione. Esattamente sei mesi prima che lo stesso Terrence Stephen venne al mondo. una grande beffa per colui che portava anche il nome del padre che se l’era data a gambe, lasciando la moglie al suo destino.
Naturale pensare e credere che tale evento, fin dall’inizio, provocò più di qualche scombussolamento durante i primi anni di vita del piccolo Terence Stephen e lo sappiamo cosa state per dire, a questo punto, cari lettori: stiamo usando continuamente i suoi due nomi di battesimo quando ci riferiamo a lui. Quello più breve, che diventerà nei fatti il suo nome d’arte o pseudonimo, come meglio preferite, sarà reso ufficiale solamente qualche decennio dopo, ma ovviamente state tranquilli che a quel momento preciso della sua vita ci arriveremo. Ma per adesso, continuiamo ad andare con ordine…