Ad aprire la settimana ci pensa la terza parte del reportage dedicato a Pino Daniele

Se non ci avesse lasciato dieci anni fa, proprio in questo 2025, oltre a festeggiare i settanta anni di vita, avrebbe persino celebrato ben cinquanta anni di carriera e chissà che tipo di celebrazione sarebbe stata per lui? Purtroppo, a questa domanda non possiamo più dare una risposta.

Apriamo così, questo terzo appuntamento. Lo apriamo in un modo del tutto interrogativo ma che ci consente, anche e soprattutto, di inaugurare la nuova settimana, la terza del mese di marzo; la settimana in cui si celebreranno i 70 anni della sua nascita e quindi possiamo, finalmente, già raccontarvi la prima storia, scusate il primo aneddoto relativo ad una delle sue canzoni più significative ed emblematiche della sua carriera, cercando, anche di rivelare in che anno è stata scritta la leggendaria ‘Napul’è’.

Se ufficialmente la sua carriera ebbe inizio intorno ai venti anni, ovvero nel 1975, il brano indicato venne scritto nell’età dell’adolescenza: tra i sedici e i diciotto anni. Quindi si potrebbe ipotizzare tra il 1971 ed il 1973 e la leggenda vuole, riportata anche grazie al bellissimo libro che il giornalista Carmine Aymone gli ha dedicato nel 2020, Pino Daniele l’avrebbe scritta in due momenti particolari. Il primo, sicuramente quello più suggestivo, sul lungomare Caracciolo ed esattamente nella mezza curva da dove si può scorgere l’isolotto di Megaride.

Questo suo immenso capolavoro, però, non venne mai arrangiato da Pino in persona, semmai dal Maestro Antonio Sinagra. ‘Napul’è’, all’inizio, era solamente una delle prime canzoni che sarebbero state inserite nel primissimo album storico: Terra mia, che vide la luce ufficialmente nel 1977.

Registrato tra il luglio ed il settembre di quello stesso anno, la sua prima vera raccolta di canzoni inedite venne preceduta da un quarantacinque giri, comprensivo di due singoli che saranno inserite nel suo primo album storico, ovvero ‘Ca Calore e Fortunato’. Ma a questo punto qual era la tracklist del suo primo disco?

‘Na tazzulella ‘è cafè’, Napul’è, Ce sta chi ce penza, Suonno d’ajere, Maronna Mia, Saglie, Saglie, Terra mia, canzone che presta il titolo al suo long play, Che calore, Chi po dicere, Fortunato, Cammina, Cammina, O’ Padrone e Libertà. Il genere lo abbiamo già identificato, ovvero quel perfetto mix tra blue e canzone napoletana che sarà riscontrato anche nei successivi dischi. Il più bello? Non abbiamo preferenze.

Tutti i suoi lavori, tutte le sue canzoni, tutti i suoi dischi hanno sempre posseduto, naturalmente, qualcosa di estremamente magico. Un qualcosa che gli permise di abbattere i confini musicali e, soprattutto, di unire due storiche e grandissime tradizioni musicali. Dopo ‘Terra mia’? vennero pubblicati dischi come quello omonimo del 1979, ‘Pino Daniele’, in cui la tracklist è composta, tra l’altro, da brani diventati evergreen nel corso del tempo.

Brani come ‘Je so pazzo’, ‘Je sto vicina a te’, Chi tene ‘o mare’, Basta na jurnata e’ sole’, ‘Putesse essere allero’ e ‘Chillo è nu buon guaglione’. L’anno successivo, l’anno zero degli anni ’80, Pino Daniele sforna, usando una metafora culinaria, due dischi che diventano per antonomasia non solo emblematici della sua stessa produzione, ma vere pietre miliari della storia della musica sia napoletane ed italiana, ovvero ‘Nero a metà’ e ‘Vai mò’. Due long play, ossia in ordine cronologico e rispettivamente del 1980 e del 1981, che gli permisero di arrivare alla consacrazione definitiva con il mega concerto, proprio dell’ultimo anno indicato, che si svolse nell’iconica Piazza Plebiscito a Napoli.

Ma in quel decennio Pino Daniele realizzò, compreso i due menzionati, ben otto dischi e alcune di queste raccolte d’inediti, alcuni brani contenuti in questi long play, fecero anche da colonna sonora. Gli esempi più famosi, quelli più iconici, riguardano la leggendaria amicizia e collaborazione con l’altrettanto amico sfortunato, Massimo Troisi, scomparso ormai quasi trentuno anni fa.

I 33 giri di quell’epoca permisero di confermare sempre più la sua consacrazione furono: Bella ‘mbriana, del 1982; Musicante, del 1984; il già citato ‘Ferryboat’ del 1985; Bonne soireè del 1987; Schizzechea with love, del 1988 e Mascalzone latino dell’anno successivo, con il quale chiuse gli anni ’80. Tutti dischi in cui quella perfetta miscela tra il sound partenopeo e quello americano, ma più precisamente del Profondo Sud degli Stati Uniti d’America, permise di creare una sorta di genere musicale a sé.

Un qualcosa che, fino a quel momento, proprio a partire dell’ormai lontano 1977 non si era ancora mai ascoltato e non solo nella città all’ombra del Vesuvio, ma anche per tutta la penisola italiana. Un genere a sé non solo costituito dalle due tipologie già menzionate, ma bisogna considerare anche il funk, la fusion, World Music, pop rock, soul, pop, afrobeat, jazz e musica latina.

Chiaramente questa sorta di ulteriore elenco lo abbiamo organizzato in ordine di pubblicazione sempre dei suoi long play. Eppure, ci stiamo accorgendo di una cosa: che siamo andati troppo oltre, dunque fermiamoci nuovamente per andare con ordine e per un semplice motivo. Un motivo riconoscibile nella fase iniziale della sua carriera, della sua gavetta che lo portò ad esibirsi in quel contesto musicale conosciuto con un’espressione inequivocabile: Dunque, dopo quella disavventura sul palcoscenico cosa accadde? Il giovane Giuseppe Daniele non si arrese, di sicuro incassò la botta facendo tesoro del proprio fallimento, migliorandosi sempre di più con il passare degli anni.

Le cronache dell’epoca ci riportano ad altri suoi primi esordi, fortunati questa volta. Grazie ad un suo compagno di classe, di nome Gino Giglio, entra a far parte dei New Jet. Erano gli anni della contestazione giovanile, erano gli anni rappresentati dal ‘1968’ e Pino Daniele assorbirà molte delle istanze della contestazione sociale di quel periodo storico; istanze che lo ispireranno nella sua produzione musicale.

Tornando, però, ai New Jet, Giuseppe Daniele ci rimarrà per pochissimo tempo per poi far ingresso nel gruppo musicale dal nome abbastanza incomprensibile: Batracomiomachia. In questa composizione facevano parte: Paolo Raffone, Rosario Jermano, Rino Zurzolo, Enzo Avitabile ed Enzo Ciervo. Sempre le cronache dell’epoca ci riportano che la band svolgeva le proprie sessioni di prova in un luogo conosciuto come Vico Fontanelle.

Questa zona è ancora oggi uno spazio ubicato nel rione Sanità, quartiere in cui ebbe i natali il Principe della risata, il grandissimo Totò, tanto per intenderci…

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