La seconda parte del nostro lungo omaggio dedicato a Pino Daniele
Nel corso di questo lungo speciale, come vedremo, molti titoli delle canzoni dello stesso Pino Daniele sono intrise sono molto evocative per la stessa vita di Pino Daniele. Evocative anche per la stessa città di Napoli, la quale trasuda storia: ogni palazzo, ogni vicolo, specialmente quello più caratteristico ogni strada, ogni quartiere, ogni panorama. Si, anche questo dettaglio è ricco di storia e non può essere altrimenti.
Ma proseguiamo il nostro racconto: Giuseppe Daniele era figlio di un operaio portuale ed aveva anche altri cinque fratelli. Come in tutte le classiche storie e leggende legate ai primi anni di vita, di un qualsiasi altro grandissimo artista, anche la sua famiglia viveva in condizioni di povertà. Suo padre, dunque, era un lavoratore a medaglie.
Nel senso che attendeva che le navi attraccassero sul porto per scaricare la merce appena arrivata e ogni volta che sentiva il suono dell’arrivo di una qualsiasi nave lasciava ogni cosa che stesse facendo per procurarsi il denaro per mantenere la sua famiglia.
E proprio su quest’ultimo dettaglio, sul finire della prima parte, ci siamo soffermati. Un dettaglio che chiariva, molto bene, le condizioni economiche della sua famiglia. Un aneddoto ed un particolare è stato fonte d’ispirazione per i suoi lavori musicali.
In un primo momento, durante i primi appuntamenti della serie di articoli, la stessa musica di Pino aveva latitato e non poco. Fatto grave, gravissimo; un vero e proprio delitto che, a parte il primo appuntamento inaugurale, potrebbe essere legato ad una metafora calcistica: vi abbiamo raccontato una partita di calcio, senza però farvi vedere i gol o comunque i gol più belli del fuoriclasse.
Ecco, nel suo caso è naturale considerare le sue creazioni musicali opere d’arte, degne delle migliori giocate del calciatore più talentuoso di sempre; tale accostamento è anche normale e logico e non può essere altrimenti, visto anche la stessa provenienza del cantante.
Ecco perché, fin dal principio di questo reportage stiamo riuscendo a miscelare narrazione e musica, con la sua musica. Ed è anche vero che ci eravamo persino chiesti in che modo ripartire nel tornare a raccontarvelo, decidendo alla fine, nel considerare come punto di riferimento la sua data di nascita, dopo che i primi due appuntamenti erano legati, indissolubilmente, ai giorni della sua tragica scomparsa.
Dunque, come dicevamo, ieri ci siamo soffermati su quei piccoli dettagli che sono stati molto rilevanti non solo per la sua vita ma che hanno rappresentato, in più di un’occasione delle fonti inesauribili d’ispirazione; piccoli dettagli ai quali se ne aggiungeranno altri nel proseguo di questo lungo reportage. Ripartiamo, quindi, con una considerazione esternata durante una delle tante interviste rilasciate negli ultimi anni della sua vita.
“Sono sempre stato fortunato nella mia vita, ho fatto sempre ciò che desideravo”. Più o meno questo è stato il suo pensiero in una delle tante dichiarazioni rilasciate per celebrare la sua carriera straordinaria e, in effetti, non ha mai avuto tutti i torti. Anche nella realizzazione dei propri sogni ci vuole non solo tanta determinazione, partendo dal presupposto che bisogna crederci fino in fondo sempre, anche quando le cose appaiono del tutto irraggiungibili; ma anche perché intorno bisogna aver la medesima fortuna nell’essere circondati da persone che, nonostante tutto, non si rivelino essere ostacoli dei sogni medesimi da realizzare nel corso del tempo.
Da quello che ci venne raccontato nella giornata del 5 gennaio scorso, grazie ai giornalisti Michelangelo Iossa e Carmine Aymone, e da quello che poi è comunque sempre emerso nel corso degli anni, Pino Daniele non ha sempre vissuto con i propri genitori o comunque con la propria famiglia naturale. Ad un certo punto, nel tentativo di scappare dalla povertà e di crescere in un certo modo, Giuseppe andò a vivere con due zie acquisite, Lia e Bianca. Leggenda vuole che le medesime fossero molto, ma molto appassionate di musica. Ciò significa che il futuro bluesman napoletano sarebbe crebbe a pane ed Elvis Presley e non solo con il Re del Rock.
Stranamente, però, rispetto a tutti coloro che poi sono riusciti a diventare delle vere proprie stelle delle sette note, Pino Daniele, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, fu uno studente molto diligente; talmente diligente che terminò il suo percorso scolastico con il diploma.
In fondo, questo lo riporta anche in una delle sue leggendarie canzoni: Je so pazzo, brano dedicato a Masaniello, personaggio della rivoluzione napoletana. Tra i suoi primi compagni di scuola si dice che c’era anche un certo Enzo Gragnaniello; precisamente alle scuole elementari.
Ma come furono i primi passi nella musica? Non furono dei migliori. Ebbene sì, anche ad uno come lui gli poteva capitare di steccare la prima volta in pubblico. Quasi sicuramente erano i primi tempi in cui non solo stava apprendendo i rudimenti dello strumento musicale che lo avrebbe accompagnato per tutta la sua carriera, tra l’altro imparando da totale autodidatta, ma che lo portarono a steccare, all’età di soli dodici anni, al suo vero esordio in pubblico. La leggenda vuole che tale sfortunato episodio avvenne durante una festa tra ragazzini, non riuscendo fin da subito a mettersi in mostra con tutto il suo talento iniziale che sarebbe, poi, esploso ed ammirato in seguito.
Questo episodio, al di là di tutto, non lo intimorì. Anzi, al contrario: fu la vera molla che lo portò a studiare ed approfondire ancora di più la chitarra, a perfezionarsi e ad essere sempre in continuo aggiornamento per quanto riguarda le sonorità della musica che, nel tempo, è ovviamente mutata rispetto alle origini. Non a caso lo si può considerare pacificamente un cantautore, chitarrista e, addirittura, compositore. La sua discografia, come state già vedendo attraverso qualche video condiviso, spazia in più generi come il pop, la canzone napoletana, lo stesso pop con il rock, il già citato blues e persino la world music.
La sua preparazione lo portò ad essere padrone oltreché della voce, naturalmente, della chitarra, appunto, ma anche e in maniera ben specifica della chitarra acustica, della chitarra elettrica, della chitarra classica, della chitarra battente, del basso, del mandolino, del mandoloncello, dell’armonica e persino della tastiera.
In poche parole: una preparazione a trecentosessanta gradi che lo ha portato a pubblicare in quaranta lunghi anni di carriera ben quarantasette dischi, di cui ventiquattro in studio, cinque live e ben diciotto raccolte, i famosi Greatest hits…