In occasione del sessantesimo anniversario dell’assassinio del leader nero, un interessante reportage sulla sua figura
Le immagini con le quali abbiamo aperto la seconda parte di questo lungo speciale dedicato a Malcom X sono eloquenti e non ammettono altre parole di spiegazione. Anzi, forse una piccola puntualizzazione ci sarebbe e purtroppo non potrebbe essere altrimenti. Da quando gli Stati Uniti sono nati ufficialmente il 4 luglio del 1776, con la Dichiarazione di Indipendenza, hanno sempre avuto quello che l’ex – Presidente Joe Biden definì, durante il suo discorso inaugurale, il cosiddetto ‘peccato originale’; frase da noi più volte ripetuta in questi lunghi cinque anni. Ogni qual volta che sembrava che il razzismo fosse stato sconfitto o quantomeno ridimensionato, ecco che poi è ritornato più forte di prima.
È capitato dopo le lotte che presero il via, in maniera più decisiva, più concreta, a partire dal 1955; dopo gli anni ’80 per poi tornare prepotentemente agli inizi del decennio successivo. Infatti, le immagini che abbiamo condiviso da YouTube erano quelle di apertura dell’opera cinematografica biografica, diretta da Spike Lee, già citato durante la prima parte di questo speciale, in cui s’intravedono alcune immagini di repertorio mentre la bandiera americana viene bruciata fino a formare proprio la lettera che lo stesso leader nero si attribuì. Ma anche su questo dettaglio ci ritorneremo con più calma.
Le immagini a cui stiamo facendo riferimento sono quelle relative ad una ripresa amatoriale del pestaggio, avvenuto proprio nell’anno dell’uscita del film, del cittadino afroamericano Rodney King, da parte di quattro poliziotti bianchi. Quel caso di cronaca infiammò così tanto la città di Los Angeles che, una volta assolti i quattro agenti della polizia, scoppiò una violenta rivolta che durò per ben quattro lunghi giorni. in quel clima la figura stessa di Malcom X tornò in auge a discapito di quella di Martin Luther King.
Come detto entrambi erano l’antitesi l’uno dell’altro, anche se ad un certo punto ci fu un momento in cui i due pare avvicinarsi sulla stessa linea d’onda. Non fu l’apostolo della non violenza che si avvicinò alle idee e ai modi dello stesso ‘X’, ma tutto al contrario. ciò avvenne, solamente, nell’ultimo periodo della sua vita. Ma come sempre andiamo con ordine, perché siamo troppo anche questa volta. D’altronde è anche normale, soprattutto quando una figura storica è collegata ad un’altra figura storica appartenente alla stessa epoca e che, oltretutto, ha combattuto comunque contro il pregiudizio razziale considerando, però, i bianchi non amici ma solo come un nemico da affrontare e da cui dividersi senza appello e, perché no, anche da annientare.
Ma ieri dove eravamo rimasti? Che era finito in carcere, dopo aver commesso vari reati. Per un periodo lavorò anche per un boss afroamericano della città di Detroit, il quale operava nel settore delle scommesse clandestine. Una volta che si ritrovò in prigione, Malcom fece un incontro che gli cambiò la vita; un incontro che gli farà prendere una strada diversa da qualsiasi altra avrebbe voluto prendere. Non sappiamo se volesse uscire dalla delinquenza o quantomeno se almeno ci volesse provare. Ma quello che farà dopo quell’incontro lo consegnò alla storia. Ma andiamo con ordine, come sempre.
Eppure, in questo caso dobbiamo fare un’altra volta marcia indietro, precisando che per l’ennesima volta stiamo andando troppo in avanti, più avanti dello stesso film diretto da Spike Lee del 1992. Ciò che il regista afroamericano nel kolossal dedicato a Malcom non fa vedere è che lo stesso protagonista, sia nella finzione e sia nella realtà, viene arrestato per ben due volte. La prima è che quella che non viene menzionata nel film e che, nella prima parte di ieri, abbiamo saltato anche noi.
Infatti, dopo la delusione nell’ambito scolastico e una volta appreso, erroneamente, che non sarebbe mai potuto diventare avvocato, Malcom, iniziò, come detto a commettere dei reati che lo portarono in un centro di detenzione da cui, qualche tempo dopo, uscì trasferendosi da sua sorella Ella Little Collins.
Come capitava a quei tempi, erano gli anni successivi alla Grande Depressione, Malcom, per sopravvivere iniziò a fare i lavori più disparati, tra cui quello classico, quello mitizzato nei vecchi film e telefilm americani di qualche decennio fa: ovvero il lustrascarpe. Nella sua autobiografia, lo stesso Malcom afferma di aver lustrato le scarpe, addirittura, a Duke Ellington, il pianista e direttore d’orchestra e non solo a lui. Tale mansione la svolgeva all’interno di un night club della città di Boston.
Lavorò anche come cameriere all’interno di un treno e una volta trasferitosi nella Grande Mela, precisamente nel quartiere di Harlem, Malcom tornò a quelle abitudini che lo avrebbero portato nuovamente in carcere. Se la prima volta si trattavano, forse, di reati veniali, quando venne arrestato, Malcom, venne incriminato e condannato per reati come droga, il già citato gioco di azzardo, sfruttamento della prostituzione, estorsione e addirittura rapina. Durante quegli anni venne addirittura esaminato per la leva militare, ma i medici lo trovarono psichicamente non adatto.
Nella sua autobiografia, i futuro leader nero non evitò di ammettere, senza mezze misure che in quell’occasione si finse malato di mente proprio per evitare di venir arruolato nell’esercito americano. Alla fine dal carcere uscì, ma per buona condotta dopo dieci anni e, in maniera più precisa questa volta, per reati di violazione di domicilio, possesso illegale di armi da fuoco e furto. Ma siamo più precisi: quando venne arrestato era il 12 gennaio del 1946, un anno dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Due anni più tardi ricevette, dunque nel 1948, una lettera scritta da suo fratello Reginald in cui lo invitava ad entrare a far parte della Noi, un acronimo con il quale si indicava la Nation of Islam.
Dunque, quello che mostra Spike Lee nella doccia non è proprio la realtà dei fatti? Non furono i famigliari a spingerlo verso quella che si definiva, in maniera più precisa, una setta islamica militante. Non fu, quindi, un perfetto estraneo a dissuaderlo dal proseguire quella strada che aveva intrapreso? Molto probabilmente si tratta di una licenza poetica dello stesso regista nel completare quell’operazione di esaltazione dello stesso Malcom X; in risposta, piccata, alla costruzione medesima del mito americano.