Primo appuntamento speciale con la rubrica in celebriamo uno dei più grandi capolavori di James Ellroy

Dicevamo ieri che lo stesso Ellroy aveva usato la storia come elemento portante per le sue trame, per le sue storie che hanno sempre ribaltato i punti fondamentali di ogni mito americano, di ogni epopea raccontata con enfasi e magari, perché no, romanzata; ma in positivo. In lui, almeno in questa trilogia, la positività non c’è, la speranza non può trovare spazio soprattutto per quello che accadde e per i riflessi che si sono avuti, poi, sempre nel corso del tempo. Quei tre misteri che ancora oggi non hanno colpevole, semmai il classico capro espiatorio sul quale deve ricadere tutta la responsabilità del misfatto e, invece, chi ha ordito, organizzato e portato a termine il compito è rimasto, in tutti questi decenni, libero ed indisturbato.


Ma al di là questo particolare non proprio di poco conto, la cui analisi meriterebbe ben altra sede, soprattutto occasione diversa, rispetto a questa meramente celebrativo di questo suo capolavoro letterario pubblicato proprio il 14 febbraio di trenta lunghi anni fa, nel giorno di San Valentino; dunque, per un puro caso stavamo chiudendo anzitempo questo speciale, un giorno prima rispetto al nostro schema canonico.


Eppure, questo speciale non può terminare senza l’analisi dell’ulteriore elemento sul quale fino adesso abbiamo completamente sorvolato: ossia sull’organizzazione della trama, della suddivisione di quelli che potrebbero essere tranquillamente considerati più che capitoli, dei sotto capitoli. Ma anche in questo caso andiamo come sempre con ordine.


‘American Tabloid’ è suddiviso in cinque parti ed ogni capitolo rappresentano non tanto la tipica fase di un racconto o la semplice partizione della storia in sé, ma piccole scene o piccoli pezzetti di un puzzle che man mano vengono letti, determinano il quadro più completo e avvincente.


È un romanzo avvincente soprattutto, per paradosso, proprio per quello stile telegrafico, sintetico, anche troppo, che in precedenza abbiamo addirittura criticato un po’ in negativo. James Ellroy comunque riesce a tenere incollati i lettori dalla prima fino all’ultima pagina, con una trama sviluppata e suddivisa, oltremodo, in cinque grandi parti: ‘Ricatti’ è il titolo della prima parte; a seguire: Collusione, Porci, Eroina e Contratto.


La prima parte si svolge tra il novembre e dicembre del 1958, la seconda tra il gennaio del 1959 ed il gennaio del 1961; la terza parte tra il febbraio e il novembre sempre del 1961; la quarta parte tra il dicembre del 1961 fino al settembre del 1963. La quinta ed ultima parte, invece, dal settembre al 22 novembre del 1963. Ci sarebbe, nonostante tutto, da fare una considerazione non proprio di poco conto, ovvero quella relativa ai personaggi. Sono molti e troppi e tutti ben ‘strutturati’ nelle loro caratteristiche che non sempre emergono. Sono personaggi misteriosi, si, ma più che altro oscuri che si muovono in un sotterraneo americano totalmente complicato da capire, conoscere e cercare di accettarlo che quella sia il vero ambiente che lo stesso autore ci vuol fare credere che sia così. Da Pete Boundurant a Kemper Boyd, fino a Ward Littell a non si sa effettivamente, con certezza, chi sia il buono o chi sia il cattivo; chi sia la vittima e chi sia il carnefice.


Il lettore stesso, forse, fa fatica anche a prendere le parti dell’uno o dell’altro o, quantomeno, di rispecchiarsi nelle azioni dell’uno o dell’altro. d’altronde questo tipo di romanzo per Ellroy, molto probabilmente, potrebbe anche rappresentare una sorta di romanzo di ulteriore maturità. Un’opera ancor più rilevante delle precedenti per le tematiche e il periodo storico trattato.


La famosa quadrilogia di Los Angeles, sicuramente, ha rappresentato per lo scrittore una vera e propria palestra. Difatti storie come: Dalia Nera, del 1987, Il grande nulla, del 1988, il ben più popolare L.A. Confidential, del 1990, e White Jazz, di due anni più tardi, lo forgiano come narratore di storie, si ‘black’, con trama complesse e mai ornate di speranza, ma sempre accomunate dall’elemento storico sullo sfondo.


D’altronde ‘American Tabloid’ è uscito tre anni più tardi alla fine della già menzionata quadrilogia; dunque, si suppone che per tutto il 1993 ed il 1994, Ellroy, si sia concentrato solo su questa storia, solo su questo immenso progetto che gli ha dato ancor più visibilità. Non è un caso che alcune delle sue opere più importanti, alcune anche citate, che hanno avuto delle importanti trasposizioni cinematografiche.
Quella ben più famosa, quella che ha raccolto maggiori favori da parte della critica fu proprio ‘L.A. Confidential’ con un cast davvero eccezionale, composto da nomi come: Russell Crowe, James Cromnwell, Kevin Spacey, Guy Pearce e Kim Basinger. Si parla di una possibile trasposizione addirittura televisiva proprio di ‘America Tabloid’, nonostante qualcosa si muovesse già dieci lunghi anni fa. Ma anche in questo caso riordiniamo le idee.


Nel primo caso si parla di un film che ancora deve vedere la luce e in cabina di regia c’era, addirittura, James Franco, fresco dal successo, in quel periodo di un’altra miniserie che trattava proprio lo stesso tempo ma in maniera più fantasiosa: 22.11.63, ispirata, a sua volta, dal leggendario romanzo di Stephen King.


Per quanto concerne la possibile serie televisiva su questo primo capitolo della trilogia di Ellroy durante il 2020, l’anno della pandemia, era rimbalzata la possibile voce che ha lavorare sul progetto sarebbero stati Irvine Welsh, autore di ‘Trainspotting’, e Bret Easton Ellis, l’autore di American Psycho. Ma fino adesso, sia per entrambe le possibili trasposizioni, sia televisiva che cinematografica, non se n’è saputo più nulla. Peccato, siamo tutti curiosi di sapere in che modo sarebbe stato ricostruito il romanzo attraverso le immagini.


Quali sarebbero state, in ogni caso, le singole sceneggiature? Sarebbero state fedeli all’opera originale o ci sarebbe stata qualche licenza poetica? Per il momento, ripetiamo, non è dato saperlo, ciò che importa, però, era celebrare i trenta anni di un romanzo che, nella sua essenza, ha fatto epoca a sua volta. Che, nella sua essenza, è stato capace, grazie all’intuizioni geniale dello stesso autore di non parlare in maniera edulcorata, entrando sempre di più nei meandri più nascosti della storia americana. Quella parte di storia che interessa tutti noi e che ancora non ci ha portato delle risposte plausibili.

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