Primo appuntamento speciale con la rubrica in celebriamo uno dei più grandi capolavori di James Ellroy
Dunque, secondo James Ellroy gli Stati Uniti d’America non persero mai la verginità il giorno in cui il Presidente degli Stati Uniti venne assassinato a Dallas. Questa convinzione la porta anche oltre, fino al 4 aprile e il 5 giugno del 1968; non solo, come detto nella prima parte non si accontenta neanche. Arriva fino alla ‘tragedia politica’ di Nixon per poi chiudere il discorso. Non a caso, dopo ‘American Tabloid’ saranno pubblicati anche altri due romanzi, a completamento della trilogia: Sei Pezzi da mille e Il sangue è randagio.
Anche questi altri due romanzi sono ideati, impostati, sviluppati, scritti alla stessa stregua del volume pubblicato trenta lunghi anni fa. Ma come diciamo sempre: andiamo con ordine, rimanendo su una delle tante parole che compongono i tre titoli fino adesso menzionati: Tabloid. Ovvero quel vocabolo che rappresenta, in maniera indiscutibile, lo stile narrativo scelto dallo stesso autore.
Uno stile asciutto e telegrafico. Con descrizioni brevi ma efficaci. Non c’è spazio per la riflessione, di Ellroy stesso e dei personaggi durante lo sviluppo della trama. i pensieri non vengono mai descritti, mai anteposti al racconto. Sono impliciti e come il resto anche del discorso narrativo, il quale, si sviluppo non nei classici canoni tradizionali, furbamente accantonati da Ellroy; semmai trova linfa in un’idea del tutto eterogenea nella prosa.
Se le descrizioni sono brevi, se i pensieri, durante lo sviluppo della narrazione non sono mai e poi mai snocciolati dallo stesso scrittore, ma vengono affidati direttamente ai dialoghi, anche molto spinti e diretti, ciò significa che James Ellroy ha improntato tutto sul tecnicissimo linguaggio giornalistico della cronaca, quella nera, quella di tutti i giorni.
Con tale operazione gli è riuscito senza barare, senza avere il bisogno di pompare, proprio con le parole, la sua idea. nel complesso ha spogliato il tipico linguaggio americano dalle pomposità, dal patriottismo più vero, semplice e sentito; lo ha spogliato anche dalla retorica che lo circonda per ‘mostrare’ al lettore, semplicemente, la nuda e cruda verità o quantomeno, seppur in chiave romanzata, quello che effettivamente c’era dietro a quei tre tragici eventi.
Di certo, non si può dire o confermare che quella raccontata o riportata da James Ellroy sia, nei fatti, la storia così com’è andata, nel dietro le quinte s’intende. Eppure, ha mostrato una soglia di attenzione non indifferente nel saper giostrare e ricostruire, in maniera del tutto certosina, le singole e grandi ipotesi che sono sempre state connesse ai due fratelli, John e Bob, e al premio nobel per la pace del 1964, il pastore protestante di Atlanta.
In questo affresco storico, anzi sarebbe meglio dire: in questo spaccato di vita sotterranea americana, Ellroy farebbe emergere dettagli inquietanti, smitizzando gli eroi e vittime di quel periodo, ponendoli alla stessa stregua dei mercenari e maestri del ricatto.
Dunque, nessuno si differenziava dall’altro. il mito o sogno americano per lo stesso Ellroy è solo fonte di mero opportunismo e nulla più. nella sua ricostruzione storica, ripetiamo romanzata, abbiamo detto che nessun elemento era stato lasciato al caso. Sia a partire da ‘American Tabloid’ e sia in ‘Sei Pezzi da mille’ e ‘Il sangue è randagio’ non viene dimenticata proprio nessuna pista che hanno tenuto banco in questi lunghi decenni.
Dal Ku Klux Klan alla mafia, dalla pista cubana a quella delle multinazionali, dalla guerra del Vietnam agli attriti interni con il partito democratico. Questo ovviamente sono ipotesi relativi al tragico attentato di Dallas, eppure sono ipotesi che sono poi state estese anche per suo fratello Bob e per Martin Luther King. Nonostante tutto in questo primo romanzo della trilogia nessuno si salva. La sensazione è ben chiara e non lascia scampo: non esistono né vittime e ne carnefici.
Tutti i personaggi, sia fittizi che reali, sono posti sullo stesso piano; tutti formano un’unica fogna che non viene mai mostrata all’esterno o meglio al di sopra di quella superficie tanto edulcorata che è sempre stata mostrata nel corso di quei decenni, nel corso di quegli anni, proprio per salvaguardare l’immagine stessa della nazione a stelle e strisce.
James Ellroy in questo romanzo ci vuole sostanzialmente dire una cosa e non fa nulla per ‘esprimerla’ con un certo tatto: il mito americano o quantomeno quei miti americani che tanto idolatriamo ancora oggi sono essenzialmente fasulli, non veri. tutto era basato su un’immagine che non esisteva. Tutto condito di un bel po’ di retorica.
Di certo se da un lato non le manda a dire, diciamo così, dall’altro lato, James Ellroy, è riuscito a raccontare il modo totalmente differente e comunque originale un pezzo di storia che di solito viene sempre positivizzato, proprio a causa delle tragedie ad esso collegato. Un modo che a tratti potrebbe anche stonare o sembrare anche troppo difficile da leggere.
Anche in questo caso ci fermiamo un attimo e andiamo con ordine, perché di fatto con quest’ultima espressione non ci siamo per nulla contraddetti e vi spieghiamo subito il perché. Se a partire anche nella prima parte di questo speciale abbiamo definito la scrittura, la prosa di Ellroy come semplice e senza giri di parole, nel senso che anche le descrizioni appaiono semplici, anche troppo; quindi, non pompose.
Dall’altro lato il linguaggio scelto dall’autore appare alle volte incomprensibile, con una stesura, seppur finale, troppo telegrafica, rischiando di stancare troppo chi legge il romanzo. Attenzione, con ciò non vogliamo assolutamente affermare che ‘American Tabloid’ sia un’opera non valida, anzi. Il punto, soprattutto per un’analisi meramente oggettiva e non soggettiva, è che quel tipo di struttura narrativa potrebbe involontariamente risultare un po’ pesante. Ciò non toglie e non toglierà mai ciò che è di James Ellroy, ossia uno scrittore capace di andare oltre al proprio genere, al proprio stile, che tutti quanti ricorderanno in ‘Prega Detective’, romanzo di esordio e pubblicato nel lontano 1981.
Ciò nonostante, James Ellroy, nel corso della sua lunghissima carriera ha sempre, poi, privilegiato il noir, certamente, portandolo sempre più nella vita di tutti giorni, per non dire nei meandri sempre più oscuri dell’America. usando la storia stessa come base portante per le sue storie e per le sue trame.