Cosa succederà dopo il giuramento del 47° Presidente degli Stati Uniti?
In questo secondo episodio della nuova serie di articoli della rubrica, dal titolo, ‘I nuovi percorsi degli Usa, non ci soffermeremo sulle parole del quarantasettesimo Presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Sarebbe superfluo e ripetitivo oltreché pesante sotto tutti i punti di vista. soprattutto anche per un ulteriore motivo e non proprio di poco conto: tutti i mass media che si rispettano, da ieri e attraverso i loro titoli, articoli e varie trasmissioni televisive, senza dimenticare i canali all news ventiquattrore su ventiquattro stanno analizzando, in tutti i modi possibili ed inimmaginabili, le parole del Neopresidente che ieri ha giurato per il suo secondo mandato.
E dunque potremmo anche sviluppare, questo secondo episodio ravvicinato al primo, pubblicato, ieri non con le classiche mille parole che stanno contraddistinguendo le nostre pubblicazioni negli ultimi sette mesi a questa parte. Potremmo, ma chissà: mai dire mai
Eppure, c’è tantissimo da dire, tantissimo da analizzare, tantissimo da ricordare, da andare a spulciare in quel reportage in cui affrontammo, prima, storicamente le elezioni americane, per poi successivamente, commentare il verdetto dopo una lunghissima notte insonne. Almeno per chi vive al di qua dell’oceano. Avevamo detto cose abbastanza dirette, quasi senza mezzi termini. Perché, in fondo, è anche questo che fa un giornale.
In quell’occasione ci eravamo soffermati, quasi per filo e per segno, sui motivi che avevano portato alla seconda vittoria di Donald Trump, al suo secondo quadriennio alla Casa Bianca. Per molti viene visto il salvatore della patria, per altri il distruttore della medesima; infatti, non si deve cadere nell’errore di dimenticare quanto accadde il 6 gennaio di quattro anni, con quel vergognoso assalto a Capitol Hill. Quella vergognosa scena del palazzo che rappresentava e che rappresenta ancora tutt’oggi il cuore della democrazia.
Democrazia. Strana parola questa. Viene sempre tirata in ballo anche da coloro che la medesima non sanno neanche cosa voglia effettivamente significare. Eppure, per i molti detrattori degli Stati Uniti d’America la stessa nazione non viene vista come un paese democratico, ma bensì come una dittatura. Paradossalmente viene vista e disegnata come tale rispetto ad altre realtà internazionali che, nei fatti, sono delle vere e proprie dittature.
Gli Usa, fin dallo loro nascita, sono sempre stati un paese molto particolare, un paese dove l’espressione tutto è possibile non lo solo per forma o tanto per dire qualcosa. È una nazione composta, nella sua essenza, da contraddizioni, paranoie, comportamenti anti-americani e pro-americani. Ci sono stati uomini che hanno rappresentato il vertice delle istituzioni che hanno assunto questo o quell’altro atteggiamento ma sempre in nome del mantra coniato in tempi, ormai, non più sospetti: il sogno americano.
Un’espressione molte volte usata, anche in senso retorico, ma quasi mai dimenticato. Negli ultimi anni è stata usata e sbandierata molto poco, soprattutto a causa dell’11 settembre del 2001, data in cui tutto è cambiato. ma se i tempi sembrano così tanto bui. Questo sogno può tornare in auge con il presidente più diviso della storia della nazione? Semmai fosse così saremmo di fronte, in tutti i sensi, alla classica contraddizione americana.
Ma non è solo questo. C’è dell’altro, un particolare che analizzammo, anche a caldo, in quell’inizio di novembre una volta intuito chi sarebbe stato il quarantasettesimo Presidente degli Stati Uniti. In quell’occasione scrivemmo queste parole: Il punto però è un altro: nonostante tutti i problemi si sono fatti sentire con mano, nella vita di tutti i giorni, seppure potesse essere complicata, la stessa classe politica non ha mai tentato, almeno una volta, di aggiustare le cose: è andata dritta come un treno, senza mai rallentare o fermarsi per vedere come realmente si stava sviluppando questo progetto ambizioso e che avrebbe avuto bisogno di altro tipo di partenza.
Lo sappiamo, per dovere di cronaca, dobbiamo rimanere al risultato di questa notte che, al momento di scrivere questo ultimo articolo di Road To Usa 2024, mancherebbe ancora la cosiddetta ufficialità numerica: Kamala Harris 210 Grandi Elettori, mentre Donald Trump 247. Al Tycoon gli mancano altri pochi voti per giungere a 270 Grandi Elettori ma, elemento che dovrebbe far riflettere, il voto popolare, in cui molte volte non combacia con la procedura descritta in questi giorni; invece, si è rivelato essere a valanga in un primo momento, per poi assottigliarsi leggermente nelle ultime ore.
Gli appelli all’unità e al voto da parte dei leader del partito democratico americano, avallati anche dalle stelle sia del cinema che della musica, non hanno sortito l’effetto sperato. L’onda blu, quello del partito della Harris, non è riuscita ad arginare l’onda rossa, quella rappresentante il partito del neo commander in chief.
Tutti adesso si chiedono cosa succederà veramente con la seconda presidenza del Tycoon: quale sarà il destino dei due conflitti, in Ucraina e in Medioriente, scoppiati durante la presidenza del suo predecessore, Joe Biden. Si diceva, con l’avvento del secondo presidente cattolico della storia degli Stati Uniti, che il mondo sarebbe stato migliore. Purtroppo, non è andata così.
Molti errori, molti tentativi di unire un paese verso una rivoluzione che faceva perdere di vista alcune problematiche interne, come per esempio; l’inflazione, l’educazione nelle scuole, qualcosa che molto probabilmente non convinceva in pieno.
Qualcuno potrebbe dire che Trump ha vinto per proprio merito; in verità ha vinto per gli errori del partito democratico o comunque di una cecità che diventava sempre più evidente per quelli che hanno sempre avuto senso critico o obiettività nell’osservare i risultati di alcune scelte o di alcune prospettive.
Ripetiamo, come abbiamo già specificato in precedenza, sia le motivazioni e le intenzioni erano più che nobili, su questo non c’è alcun dubbio. Il punto però che più di un segnale di allarme, più di un segnale di insofferenza non è stato mai e poi mai preso in considerazione.
La radicalizzazione di determinate posizioni su temi cruciali ha finito per esasperare i toni che portato, come mera conseguenza, un non dialogo fra i due schieramenti creando una frattura all’interno del tessuto sociale non solo americano. Anche se questa notte lo stesso popolo statunitense ha parlato chiaro. Per molti addetti ai lavori questo voto ha portato a scegliere il cosiddetto ‘usato sicuro’ rispetto alla novità che era rappresentata dalla stessa Kamala Harris.
Un ‘usato sicuro’ altamente rischioso e che non deve, in alcun modo, far dimenticare quello che accadde il 6 gennaio del 2021. Trump è riuscito a cavalcare l’onda della frustrazione di una classe media che non è stata adeguatamente sorretta, tutelata e protetta dall’establishment che ha corso in direzione sempre diversa da quella che la gente comune voleva.
Il che non significa che, molto probabilmente, non vuole in alcun modo voler dire che l’agenda ultra-progressista non era ben vista, forse è stata portata avanti con troppa velocità senza attendere, pazientemente, i singoli risultati per ogni settore. E adesso cosa accadrà dopo il giuramento di ieri?