Il film biografico uscì il 20 dicembre del 1989, diretto da Oliver Stone e interpretato da un superlativo Tom Cruise

Ieri, dunque, ci eravamo fermati sulle otto candidature nella notte degli Oscar del 1990, ottenendo solamente due statuine. Ma andiamole, allora, a scoprire tutte le nominations che questo capolavoro del genere sia biografico che di guerra riuscì a conquistare: Miglior regia, miglior montaggio, miglior film, miglior attore protagonista, miglior sceneggiatura non originale, migliore fotografia, miglior sonoro e miglior colonna sonora. Come detto, alla fine gli oscar che si aggiudicò furono soltanto due e andiamo a scoprirli nel corso di questa seconda parte di questo speciale.

Il film, scritto dallo stesso regista e dallo stesso Ron Kovic, infatti, conquistò uno dei due oscar proprio per la miglior sceneggiatura non originale. ‘Nato il 4 luglio’, come già ricordato anche nella prima parte, racconta e ricorda tutte le speranze dei giovani americani o, meglio, di un’intera generazione di americani andate in fumo in quegli anni. Narra di come proprio in quei mitici ed irripetibili anni ’60 la stessa America, per diversi motivi, perse la propria verginità, per dirla alla James Ellroy nel leggendario romanzo ‘American Tabloid’, pubblicato nel 1995. La storia, magistralmente accompagnata dalle musiche struggenti e altamente patriottiche di John Williams, per il quale stranamente non prenderà la statuetta d’oro, inizia da quando lo stesso Ron Kovic è solo un ragazzino, passando in rassegna le prime vittorie e sconfitte della sua vita, mostrando fin da subito l’idea di alto patriottismo presente nel suo animo, terminando quando quest’ultimo, ormai sulla sedia a rotelle, riesce a far ascoltare la propria voce nella convention democratica del 1976, quando ormai la stessa guerra in Viet-Nam si era conclusa con una sonora sconfitta già un anno prima.

Un’altra statuetta che non andrà a segno è anche quella relativa alla nomination a Tom Cruise. Accanto allo stesso attore di Syracuse, all’epoca quasi trentenne un cast di attori, sia primari che secondari, di grande spessore: come, per esempio, una giovanissima e promettente Kyra Sedwick, volto molto noto negli ultimi anni per la serie televisiva ‘The Closer’. Ancora, lo sfortunato Tom Sizemore, Willem Dafoe, Frank Whaley e Raymond J. Barry.  Quest’ultimo nel rolo del padre.

Nella realtà Eli Thomas Kovic fu anch’egli veterano dell’esercito, prestando servizio nei giorni successivi al drammatico attacco di Pearl Harbor avvenuto il 7 dicembre del 1941. Come già accennato in precedenza, la performance di Tom Cruise fu davvero stratosferica; peccato che ebbe solamente la candidatura come miglior attore protagonista agli Oscar del 1990 e non la statuetta, quell’anno venne battuto da Daniel Day-Lewis. Statuetta che l’agguantò Oliver Stone, per la miglior regia, e senza dimenticare anche il miglior montaggio. Questi, nella sostanza, gli unici due oscar che il film riuscì ad ottenere.

In tutto ciò sussiste anche un dettaglio strano, particolare, in cui nessuno, fino adesso, ha notato e che riguarda lo stesso attore protagonista, Tom Cruise, in merito alla sua performance recitativa. Nessun toglie la bravura mostrata in altri film o anche in scene abbastanza impegnative. Eppure, la sensazione che abbiamo noi, cari lettori, è che in quel 20 dicembre di ben 35 anni fa, considerando la data ufficiale dell’uscita del film, è che l’attore di Top Gun, forse, non sia stato molto valorizzato dall’Academy stessa. Ovviamente, la nostra solo un’impressione.

Un’impressione che spera di non innescare polemica alcuna, semmai di sottolineare di come lo stesso Tom Cruise, in quell’occasione, semmai avesse conquistato l’oscar non lo avrebbe demeritato in nessun caso. Nonostante tutto ‘Nato il 4 luglio’ è un film che parla di una ferita ancora aperta, ma una ferita non solamente soggettiva; sarebbe troppo riduttivo considerarlo così. ma una ferita oggettiva. La figura stessa di Ron Kovic, valorizzata ed esaltata con un alto senso di patriottismo anche da parte di Oliver Stone, pone l’accento soprattutto sull’introspezione di una nazione intera attraverso gli occhi di un ragazzo che, in tutto e per tutto, si è sentito tradito dalle stesse istituzioni americane. Un trauma, quello di Kovic, che lo mette di fronte ad una scelta come cittadino del suo stesso paese.

In effetti, in alcune frasi di Ron Kovic pronuncia durante il film, espressioni del tipo: ‘O l’ami o te ne vai’, riferita al proprio Paese, e, ancora, ‘Siamo i bravi ragazzi americani tornati a casa’ c’è tutto il patriottismo e l’idealismo più nobile che qualsiasi cittadino possa avere per la propria nazione. Un film che è al tempo stesso è drammatico ma colmo di speranza. Una speranza non tanto retorica, non tanto di facciata, ma quella speranza che emerge proprio dalle parole che ispirarono il reale Ron Kovic.

Quelle parole, come già sottolineato nella prima parte, dall’allora Presidente Jfk. Una frase che scosse una generazione intera e che, purtroppo, pagò anche un caro prezzo per la direzione che la stessa nazione imboccò proprio all’inizio di quel decennio. D’altronde la guerra in Viet-Nam, da parte degli stessi Stati Uniti d’America, non venne persa proprio in territorio nemico.

Sembra strano ciò che stiamo per dire e soprattutto ciò che stiamo per andare ad analizzare. Al di là della trama, della ricostruzione storica, del non aver romanzato alcunché della stessa vita del protagonista, Ron Kovic quando tornò in patria, su una sedia a rotelle, notò, fin da subito un clima ostile rivolto verso coloro che erano andati a combattere in Asia.

Non importava se tornassero in una bara o ‘ammaccati’ o, peggio ancora, con ferite psicologiche difficili da sanare: i reduci del Viet-Nam furono sempre malvisti per diverso tempo. E ci fu bisogno di altrettanto tempo per rivalutare la loro figura in patria. Basti pensare ai numerosi telefilm prodotti negli anni ’80, i cui protagonisti principale erano, nella maggior parte dei casi, ex militare in servizio in quella zona del mondo.

La figura del reduce di guerra e quindi quello del Vietnam è sempre stata vista come assassina, nefasta, da scacciare in tutto e per tutto. Dunque, quel conflitto venne perso in casa propria e non a chilometri di distanza, a causa di persone che non credettero più a quella guerra, ritenuta un tempo giusta. Nel giro di poco tempo incominciò ad essere ripudiata da molti.

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