Il leggendario film che consacrò definitivamente la carriera di Eddie Murphy compie 40 ed ebbe uno sviluppo del tutto particolare
Dove eravamo rimasti nella terza parte di questo lungo speciale interamente dedicato al primo e storico Beverly Hills Cop? Esattamente su due elementi non del tutto approfonditi, ancora. Elementi su cui sarebbe molto saggio soffermarsi e che rappresentano la vera essenza del successo del film, senza i quali, molto probabilmente, non staremmo qui a parlarne e a ricordarlo dopo ben quaranta anni esatti; elementi come: l’improvvisazione dello stesso Eddie Muprhy e le musiche, con le quale avevamo terminato la terza parte pubblicata ieri. In entrambi i casi, comunque, si tratta anche di ‘mosse’ fortunate e vincenti rispetto a quelle che, come abbiamo visto, potevano trasformare il film in qualcosa di diverso.
Se in precedenza avevamo precisato che lo sceneggiatore, Daniel Petrie Jr, dovette arrendersi nel veder mutare la maggior parte dei dialoghi o comunque di veder stravolgere la battute che dovevano essere lo stesso ironiche e comiche a tal punto da far ridere il pubblico, nel corso di questi quattro decenni sono emersi diversi aneddoti che raccontavano in che modo lo stesso Murphy seguisse, più che il copione, il suo istinto da intrattenitore a da quello che oggi lo si definisce ‘Stand Up Comedy’. A renderci conto di ciò è stato proprio il compianto John Ashton, ma prima vediamoci questa scena:
avete notato bene? i due attori in questo momento del film, con lo stesso Eddie Murphy al centro, non erano impegnati in nessun particolare sforzo facciale per mostrare l’imbarazzo dei loro personaggi per quello che stava raccontano Axel Foley alo loro superiore, il tenente Bogumill. Ashton e Rosemund, durante quelle smorfie, stavano cercando, in tutti i modi, di trattenere le risate per quell’improvvisazione dello stesso attore afroamericano.
Improvvisazione, dunque. Un elemento costante nella recitazione dello stesso Murphy, un elemento, oltre che in questo film, oltre che in tutta la saga e in tutti gli altri film a cui prenderà parte, che sarà essenziale in tutta la sua carriera non sempre ricca di successi, dovuti soprattutto a scelte di progetti non proprio consoni a lui.
O quantomeno con dei copioni che si, sfruttavano il suo modo di essere, il suo personaggio che ormai, come si diceva un tempo, aveva bucato lo schermo ma che, allo stesso tempo, non gli rendeva giustizia nell’evoluzione di ciò che poteva ancora mostrare e non rimanere incastrato nel classico cliché recitativo. Un tipico esempio di ciò che stiamo affermando è ‘My Name is Dolemite’ dell’anno 2020.
È vero, sembra che stiamo divagando, ma questa volta non è proprio così. questa volta stiamo cercando di rendere giustizia ad un talento naturale che, forse, non si è proprio bruciato ma che nemmeno ha raccolto quanto meritava; non ha dimostrato quanto effettivamente poteva dimostrare e quanto poteva donare allo stesso mondo del cinema. In quel primo film della saga, di quaranta anni fa s’intende, c’era tutto il suo talento: la capacità di tenere la scena, la capacità di portare avanti la scena senza rubarla da colleghi e senza farsela rubare da altri. Si pensi, per esempio, per quanto riguarda al primo dettaglio, ovvero quello in cui non aveva bisogno di rubare la scena per emergere.
Si pensi al suo primo film da protagonista, ’48 ore’ con Nick Nolte, si pensi a ‘Una Poltrona per due’, con Dan Aykroid. Si pensi a quello che è stato in questo film e cosa ha iniziato a rappresentare per molti. Non era più un attore afroamericano, era diventato un attore e basta; un nuovo personaggio da seguire e da imitare indipendentemente dall’etnia di appartenenza. Forse, di questo, lo stesso Murphy non se ne è mai accorto o forse nessuno glielo ha mai fatto notare. Dettaglio, in fondo, non proprio di poco conto.
Un dettaglio che lo portò ad essere considerato il nuovo ‘Re Mida’ della commedia americana, miscelata ad altri generi. D’Altronde registi come Walter Hill, John Landis, Martin Brest e Tony Scott furono più furbi rispetto ad altri loro colleghi: gli lasciarono ‘carta bianca’ valorizzandolo rispetto ad altri che, per alcuni versi, volevano solamente vedere ‘il classico’ personaggio senza dargli, semmai fosse stato possibile, una mera evoluzione. Dunque, dopo quarant’anni cos’altro si potrebbe dire nei riguardi di un’opera cinematografica e di un attore che hanno fatto epoca, quella del decennio 1980?
Non solo in teoria, ma anche in pratica dovremmo fermarci qui; senza cercare di dire altro. invece no, c’è sempre qualcos’altro da dire, da ricordare, da precisare e da analizzare. Come, per esempio, il successo che ebbe al botteghino e anche qui la curiosità è sempre dietro l’angolo. Se nella prima parte vi abbiamo portato fino alle origini della storia, della trama e di come sia legata indissolubilmente legata a ‘Cobra’, in quest’ultima parte di questo reportage la particolarità sussiste alla cifra legata agli incassi e non tanto dal punto di vista propriamente dei numeri in sé. No, c’è dell’altro.
In precedenza, avevamo sottolineato che Eddie Murphy, dopo ‘Una poltrona per due’ avrebbe dovuto far parte del cast di un film che, proprio in quello stesso anno, avrebbe conquistato tutto il mondo, ma non proprio i box office mondiali, stranamente. Un film ideato dal collega ed amico, a partire dai tempi del Saturday Night Live’, Dan Aykroid e che doveva far parte anche l’indimenticato John Belushi, che fino a qualche giorno fa abbiamo riproposto uno speciale interamente dedicato a lui.
Poi la storia, come sappiamo, è andata diversamente e accanto allo stesso Aykroid si sono uniti altri amici: Harold Ramis, Bill Murray ed Ernie Hudson. Quel film, quella commedia miscelata alle atmosfere horror per un fantasy più originale della storia del cinema e che finì terzo nella classifica dei migliori incassi di quel 1984, era ‘Ghostbusters’. A quel punto, vi chiederete voi cari lettori, chi raggiunse la prima posizione? Un film che abbiamo celebrato questa estate: Indiana Jones e il Tempio Maledetto.
In definitiva che cosa è rimasto veramente di Beverly Hills Cop? Lo stesso Eddie Muprhy? Le sue irresistibili battute accompagnate dalla sua inconfondibile risata? Oppure la musica? O, ancora, la miscela esplosiva di genere cinematografici? Forse sarebbe meglio dire che ha oltrepassato i confini del tempo, quattro lunghi decenni, proprio per l’unione di tutti questi elementi.