Il leggendario film che consacrò definitivamente la carriera di Eddie Murphy compie 40 ed ebbe uno sviluppo del tutto particolare
Dunque, fu tutta colpa della visione cinematografica si Sylvester Stallone se lo stesso film ‘Cobra’, a distanza di quasi quaranta anni, è riuscito solamente a fregiarsi del titolo, si fa per dire, di cult movie, e fermarsi solo a quella che, ormai di fatto, sarà solo l’unica volta che abbiamo visto, sia all’opera che in azione, Marion Cobretti, in arte ‘Cobra’, per l’appunto. Un film troppo violento, un’opera cinematografica con scene troppo cruente per sconfinare nel genere della commedia più pura e semplice. Di certo, come spesso ci capita spesso in queste occasioni, se non fosse mai giunto Eddie Murphy nel destino dei due produttori cosa ne sarebbe stato del film?
Si sarebbe ancora intitolato ‘Beverly Drive’ oppure sarebbe diventato lo stesso come lo abbiamo visto e come orma lo vediamo da quattro lunghi decenni? Solitamente questi quesiti li poniamo sempre verso la fine di un articolo, speciale o reportage. Solitamente. Eppure, riproporli in questo punto di questo reportage possiede, nella sua essenza, un suo perché.
D’altronde è anche il tema che lo richiede, con quel doppio parallelismo del tutto strano e particolare. considerando, anche il fatto, che lo stesso Eddie Murphy, inizialmente, non doveva neanche prendere parte a tale commedia poliziesca ma ad un’altra molto, ma molto particolare, surreale e, semmai sarebbe anche giusto definirla sovrannaturale: Ghostbusters. Ma in questo caso, si tratta di un’altra grande storia di cinema che, proprio in questo lungo mese che ci porta il Natale ed il Capodanno, la ricorderemo.
Quindi, Eddie Murphy, con all’attivo già due successi cinematografici: il già citato ’48 ore’ e ‘Una Poltrona per 2’, si apprestava a dividere il set non proprio con i suoi più cari amici e colleghi: Dan Aykroyd e John Belushi ma gli altrettanti iconici, seppur solo per questo franchise, Judge Reinhold e il già citato ‘John Taggart’ che, proprio grazie a questa prima avventura cinematografica, divennero amici inseparabili.
Nel cast di quell’iconico primo capitolo trovò spazio anche Ronny Cox, colui che sarà apprezzato anche come nemesi umana del cyborg agente di polizia, interpretato da Peter Weller, ‘Robocop’ nel 1987. In quello stesso anno venne realizzato anche il superlativo sequel di Beverly Hills Cop con, guardate un po’ il caso, una persona che aveva fatto parte della vita di colui che voleva rivoluzionare l’intero copione e storia: Sylvester Stallone, Brigitte Nielsen.
Ma questo sarebbe un altro speciale, quindi non divaghiamo e torniamo a quel 1984, a quel 1° dicembre del 1984 in cui il film non solo uscì nelle sale ma incominciò anche conquistare il pubblico. Si potrebbe affermare, senza troppa presunzione, che quasi sicuramente quaranta anni fa nacque una sorta di nuovo genere cinematografico, semmai una nuova miscela di generi in cui si miscelavano alla perfezione la commedia, e con lo stesso Murphy non poteva essere diversamente, il poliziesco e l’action, dando vita un poliziesco davvero atipico e fuori da ogni tipo di scherma visto fino a quel momento. Rappresentava, nella sua essenza, la vera novità e una novità che sarà tipica solo ed esclusivamente di quegli anni, di quel decennio.
Axel Foley, rispetto a tutti gli eroi apparsi fino a quel momento era, rispetto ai suoi colleghi di film e telefilm, era ancora più spregiudicato. Non lo era solamente nei momenti d’azione, ma lo era anche in quelli di assoluta ilarità, seppur conditi da una buona dose di parolacce usate, quasi stranamente, anche con una buona dose di parsimonia.
Lo script, alla fine, venne riscritto, quindi. Se comunque vennero cancellate, in tutto e per tutto, le idee di Stallone, i due sceneggiatori non poterono nulla sull’esilaranti trovate dello stesso Eddie Murphy. Ma come sempre andiamo con ordine. Si, perché anche sullo sviluppo dello stesso script ci si potrebbe soffermare per un bel po’ scoprendo che, inizialmente, nonostante l’idea fu dei due produttori il soggetto di Beverly Hills Cop fu dei due autori: Danilo Bach e Daniel Petrie Jr, ma per quanto riguarda la sceneggiatura venne accreditato solamente il secondo autore menzionato.
La trama, come già anticipato in precedenza, riguarda l’indagine di un agente di polizia di Deroit, il quale agisce completamente fuori dagli schemi prestabiliti, si ritrova a Beverly Hills, appunto, per indagare sull’omicidio di un suo vecchio amico d’infanzia. In quella che sarà, in tutto e per tutto, una vera e propria indagine personale, in barba alla volontà ed ordini dei suoi superiori, ritroverà una sua vecchia amica e verrà aiutato da alcuni colleghi della polizia della città degli angeli.
Inutile dirlo, se stiamo a ricordare questo film quaranta anni dopo un motivo c’è e, chiaramente, dobbiamo, più che elencarli ed analizzarli, semmai ricordarli. Il primo su tutti è l’assenza di momenti morti o comunque di quei tipici momenti o scene che tendono ad allungare il brodo.
Nell’opera cinematografica prodotta da Simpson e Bruckheimer tutto fila liscio, tutto si svolge in un’esplosione di action, battute a raffica, quindi con dialoghi veloci e musica, tanta di quella musica che ce ne ricordiamo ancora oggi. In effetti non abbiamo mai e poi mai trovato la giusta occasione per aprire la settimana con l’iconica base musicale composta da Harold Faltemeyer.
Avete ascoltato, vero? Ecco, questo è anche un altro dei vari motivi per cui l’intera saga di Axel Foley ha riscosso così tanto successo da diventare uno dei personaggi leggendari del decennio 1980. Eppure l’intera soundtrack non è solamente composta da questa musica, anche da brani, da canzoni che in quello stesso periodo non solo entrarono nelle classifiche di tutto il mondo di conseguenza accompagnarono, rendendole immortali, alcune scene di quel primo capitolo.
Una su tutte, con la quale vogliamo chiudere questa terza parte del reportage quella di Patti Labelle con un brano a dir poco allegro, un singolo di cui effettivamente avremmo potuto approfittare per aprire una delle tante settimane del giornale, con quel primo giorno tanto indigesto a tutti noi; senza offesa per lo stesso lunedì s’intende.
La canzone a cui stiamo facendo riferimento è intitolata ‘Stir it up’. La scena? Beh, cari lettori: non ha di certo bisogno né di presentazione e né di spiegazioni. Basta andarla a rivedere qui sotto.